Giustizia è fatta!

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    togheMentre per stupratori, assassini e banchieri-politici corrotti, la giustizia segue i soliti annosi percorsi burocratici che caratterizzano ogni singola vicenda giudiziaria dell’Italia in “toga rossa” e che finiscono sempre più spesso in assoluzioni e ‘non luoghi a procedere’ che sembrano purtroppo non stupire ed indignare più un’opinione pubblica che ha da tempo venduto la sua “voce” al migliore offerente di turno, per i reati di appropriazione indebita invece, soprattutto se inerenti a materiale e gadget erotici, i signori magistrati sembrano essere più che intransigenti e rapidi.

    Questi quindi i validissimi motivi che hanno spinto la corte di Pordenone a condannare a 4 mesi di reclusione una donna che, dopo la fine del proprio rapporto sentimentale, non aveva restituito al proprio ex, i gadget “del desiderio”…Giustizia è finalmente fatta, cittadini tornate a dormire sonni tranquilli, a pensare ed a giudicare per noi ci pensano “loro”…

    titolo: Giustizia è fatta

    PORDENONE – Una donna di 41 anni è stata condannata a quattro mesi di reclusione (pena sospesa) per una singolare accusa di appropriazione indebita: non aveva restituito all’ex i gadget erotici ripetutamente richiesti e che erano serviti alla coppia per rendere più piacevoli i loro incontri.

    I due si erano lasciati in modo burrascoso e quindi ogni pretesto è stato buono per rendersi reciprocamente la vita dura, anche quello di richiedere manette ed altri oggetti di sesso estremo che erano stati acquistati in un porno-shop. L’uomo nel vedere ripetutamente respinte le proprie pretese si era quindi rivolto ai carabinieri presentando denuncia. Ha così ottenuto i propri sexy-gadget, ma ha fatto anche scattare il procedimento penale nei confronti della sua ex.

    Il processo ha avuto ovviamente un sapore boccaccesco: da una parte lei, una commerciante che abita a Pordenone, figlia di una coppia di professionisti; dall’altra lui, 42 anni, rampollo di una dinastia di ristoratori. I due occupavano l’appartamento di lei, ma la sera dormivano a casa dei genitori. Poi l’amore si è spezzato con la richiesta da parte dell’uomo di riavere i suoi oggetti del divertimento «un autentico campionario di gadget pornografici – ha detto un carabiniere al processo – che avrebbero riempito alcuni scaffali di un porno-shop». L’avvocato difensore della donna, per evitare che i retroscena a luci rosse potessero diventare di dominio pubblico, ha scelto la strada che gli è apparsa più consona: patteggiare la pena a quattro mesi.

    fonte: corrieredellasera.it