Gli storici del nostro tempo affermano che Roma abbia conquistato il mondo per concorsi di fortune, e per un buon addestramento militare, senza riconoscergli il collegamento e la custodia di “forze invisibili”. L’uomo romano non era solo un soldato, ogni sua Azione era rivolta ad un principio di natura divina. Il Romano, innanzitutto, allacciò un contatto con il sacro, ristabilendo così l’ordine e l’autorità, volgendo primariamente l’attenzione alla formazione interiore. Roma diventò grande grazie a tale collegamento che destò nel suo Stato e nell’auctoritas che ne gestiva le leggi, un organismo integrale e perfetto.
Ogni azione, gesto o avvenimento non era che una lucida affermazione di fedeltà nei confronti dei principi sacri. Come ogni essere umano vive per effetto delle pulsazioni del suo cuore, ogni stato è vivo grazie alle leggi amministrate dal suo capo, colui che è tramite tra cielo e terra. Nello Stato romano era ben chiara la funzione di colui che aveva la qualità di Capo. Egli è il simbolo ed il tutore della legge, già Aristotele ebbe a dire “coloro che, per essere essi stessi la legge, non hanno legge”. L’esempio dello Stato romano non deve essere letto, raccontato o scritto come qualcosa di morto o di inricostruibile, le sue Leggi dettate dal divino, sono sacre, immutabili ed universali: l’uomo può farle proprie in ogni tempo. Occorre, quindi, reagire interiormente perché solo in questo modo si può alimentare il fuoco sacro a cui Roma fece riferimento e in cui noi ancora oggi vogliamo riconoscerci.