Vi avevano promesso felicità, benessere, ricchezza. D’altronde questo è il miglior mondo possibile, il nostro è un sistema talmente perfetto, degno di essere esportato, con ogni mezzo, nei paesi che ancora arrancavano, che non avevano la fortuna di vivere sulla propria pelle il modello occidentale. Eppure dati alla mano, vivendolo ogni giorno, sembra che non sia proprio così. C’è chi invece non può nemmeno permettersi di provare per pochi istanti l’ebbrezza della felicità moderna. In Italia ci sono circa sette milioni di persone povere. Mentre i nostri politici, su una poltrona che gli passa più di diecimila euro al mese, pontificano sul nulla, c’è chi deve sudare per guadagnare il necessario per mangiare. Mentre pochi manager, raccomandati dalla politica, guadagnano cifre sproporzionate per incarichi dirigenziali, i giovani hanno come prospettiva una vita da precari. La società del benessere, sembra proprio essere una utile fandonia.
L’Istat lancia l’allarme povertà in Italia. Nel 2005 le famiglie povere, in termini relativi, sono state oltre 2,5 milioni (l’11,1% delle famiglie residenti), per un totale di poco più di 7 milioni e mezzo di persone (il 13,1%). Quasi una famiglia su sei (il 14,7%) ha dichiarato di arrivare alla fine del mese con molta difficoltà, mentre quasi una su 3 (il 28,9%) non è riuscita a far fronte a una spesa imprevista. I problemi maggiori al Sud. E’ la situazione della popolazione italiana descritta nel Rapporto
annuale 2006 dell’Istituto di Statistica. Rapporto dal quale emerge che l’Italia è agli ultimi posti in Europa per le risorse destinate a occupazione e famiglie. Dal confronto con gli altri Paesi dell’Ue 15 emerge, infatti, che l’Italia destina solo il 4,4% della ricchezza nazionale alle politiche per le famiglie (contro il 7,8%), il 2% a quelle per l’occupazione (contro il 6,6%) e lo 0,2% a quelle per gli interventi di contrasto all’esclusione sociale (contro 1,5% dell’Ue 15). L’incidenza della povertà è aumentata per le coppie con figli (dal 14,8 al 17,7%), per le famiglie monogenitore (dal 13,5 al 15,6%) e le
famiglie di altra tipologia (dal 15,3 al 18,3%). Questo perchè l’Italia impiega la quota maggiore della ricchezza per i
trasferimenti monetari e le prestazioni in natura a favore degli anziani: il 51,3% contro il 41,2 dell’Ue 15. Del resto l’Italia è ormai il Paese più vecchio d’Europa: "Al primo gennaio 2006 si contano 141 persone di 65 anni e oltre per 100 giovani con meno di 15 anni", dice il rapporto, aggiungendo che nel mondo ci supera soltanto il Giappone.
Fonte: www.tgcom.it
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