New York – La sua nuova linea di occhiali da sole “Italia Independent” tutta esaurita da Barneys in poche ore. Una megafesta in suo onore – col premio Nobel Elie Wiesel e la figlia di Al Gore, Karenna – organizzata a New York da Anna Wintour, che gli ha dedicato ben 20 pagine sull’ultimo numero di Vogue, da lei diretto.
E le TV di mezzo mondo che fanno a gara per intervistarlo.
– In altre parole: Lapo Elkann superstar a New York.
“Questa dopotutto è la città dove sono nato, dove ho lavorato come assistente di Henry Kissinger e dove ho ritrovato me stesso, dopo la crisi.
In America mi rigenero e vivo come voglio vivere, lontano dall’invidia che consuma ogni aspetto della vita e del lavoro in Italia”.
– Che rapporto ha con suo padre?
“Ottimo. E’ stato un padre molto presente, che mi ha sempre dato e aiutato, senza giudicare. Gli voglio un bene dell’anima. Come d’altronde a mio fratello, mia sorella e mia nonna. Persone straordinarie cui mi sento vicinissimo”.
– E sua madre Margherita Agnelli?
“Non la vedo e non la sento mai. La mia fortuna nella vita è di aver sempre cercato di costruire Lapo, chiedendo consigli alle persone che rispettavo e stimavo. Purtroppo lei non fa parte del gruppo. Nella mia vita non c’è posto e spazio per lei. Forse non sono parole eleganti ma è la realtà”. – In un’intervista però sua madre ha incolpato la Fiat, che le avrebbe “sottratto i figli”, fagocitati dalla macchina aziendale, privandola della possibilità di essere madre.
“Basta col vittimismo. Se uno ne ha voglia, può creare dei rapporti belli, sani e costruttivi. Basta volerlo. Per questo oggi mi sento di dire che il rapporto con persone come lei non lo voglio. Le cattiverie non le voglio nel mio giardino, la zizzania non la voglio in casa mia. L’invidia la lascio fuori dalla porta. Chi prova a portare energia negativa o a fare del male alle persone che amo per C’è chi sostiene che la depressione sia nel Dna degli Agnelli. ”Non ci credo. La verità è che siamo gente estremamente fortunata e privilegiata perché possiamo fare ciò che vogliamo, mentre il 99% della gente del pianeta non può. Penso che dovremmo ringraziare Dio, altroché depressione”.
– Lei crede in Dio?
“Credo nell’aldilà e in qualcosa di più grande di me. La Chiesa cattolica ha dato tanto all’Italia ma adesso rallenta la competitività, interferendo nella politica. Le coppie dovrebbero essere libere di scegliere come meglio credono. La libertà è essenziale e se qualcuno vuole stare con un uomo piuttosto che una donna sono affari suoi, non della Chiesa”.
– Dopo le sue disavventure torinesi qualcuno ha affermato che lei è gay.
“Lascio che dicano. Nel bene e nel male mi sono divertito un sacco. Più donne avevo – tante, anche se tutte relazioni leggere – e più suscitavo invidia. Ho dato fastidio a chi poi ha voluto alimentare certe storie. Persone che oggi occupano importanti poltrone”.
– Il suo tipo di donna preferita?
“Mi piacciono molto le israeliane. Tra le italiane preferisco quelle del Sud, perché la loro miscela è più stimolante”.
– Pensa mai a Martina Stella?
“Con lei sono stato felice e mi ha lasciato bellissimi ricordi. Oggi c’è un’altra donna, un’italiana che mi piace molto e con cui potrei costruire una famiglia e un futuro. Non voglio dire altro”.
– Cosa pensa del femminismo?
“Penso che in Italia siamo anni indietro e sarebbe ora di svegliarci e di dare le stesse opportunità alle donne. L’uguaglianza si vede dai fatti, non dalle parole”.
-Perché la Fiat non dà il buon esempio?
“Non voglio difendere la Fiat ma nel settore metalmeccanico c’è una forte carenza femminile. E’ un peccato perché le donne sono molto più attente al dettaglio. Nel mio business ne ho tante”.
“Non ci sono le premesse per rientrare perché nella vita voglio essere coerente, onesto e sincero. Per raggiungere certe poltrone dovrei attenermi a giochi che non mi piacciono e giocare con persone che non amo”.
– Le manca suo nonno?
“Per me non è mai morto. Indosso i suoi abiti per un motivo affettivo, per sentirlo vicino. Il suo funerale è stato uno dei giorni più difficili della mia vita. In quel periodo la Fiat andava malissimo e tutti ci sparavano addosso perché è facile attaccare chi già zoppica”. – Ha mai avuto problemi di identità?
“No. Mi sento più italiano che francese e più ebreo che cattolico. Ho un rapporto strettissimo col mondo ebraico di cui amo la forza, l’unione e il gioco di squadra che manca ai cattolici e agli italiani. Sono orgoglioso che mio nonno paterno era presidente della comunità ebraica di Francia e mi portava spesso in sinagoga”.
– Cosa rifarebbe, nello stesso identico modo, se potesse tornare indietro?
“Sono contento d’aver lavorato per due mesi in fabbrica, a 18 anni, come Lapo Rossi, in incognita a Pontedera. Perché ho capito che nessuno può pretendere di spiegare cosa vuol dire portare avanti una famiglia con quel magro stipendio, dovendo ogni giorno fare lo stesso movimento in linea di montaggio per tutta la vita. E rifarei il servizio militare. Che mi ha fatto conoscere il Paese a 360 gradi, dal cameriere al muratore, dal laziale allo juventino, scoprendo un sacco di amici”.
– Ama più la destra o la sinistra?
“In Italia nessuna delle due. Qui scelgo Barack Obama, il più nuovo e più interessante di tutti. E subito dopo Hillary Clinton, che secondo me ha un cervello superiore a quello del marito”.
– In un’intervista al New York Times lei ha accusato Luciano Moggi di essere stato il regista della sua overdose.
“A dire il vero facevo altri nomi. Penso che Moggi sia solo un capro espiatorio. In Italia si usa pugnalare una sola persona per lasciare intatto il marciume generalizzato. Vedi Vallettopoli e scandalo del doping”.
– Cosa ricorda di quella sera?
“Non voglio parlare del passato. Mi hanno offerto di scrivere un memoir ma non lo farò mai perché non ho l’egocentrismo di voler rompere le scatole a tutti. C’è gente che scrive meglio di me, come mio padre”.
Alessandra Farkas