Ci risiamo. La storia si ripete.
La libertà lavorativa di Erich Priebke è durata meno di 24 ore. Nel pomeriggio di lunedì 18 giugno (nemmeno 8 ore dopo l’inizio della giornata lavorativa dell’ex capitano SS!), è arrivata infatti la scelta da parte del giudice militare di revocare il provvedimento con cui solo qualche giorno fa era stata disposta, secondo legge, la possibilità per Priebke di recarsi al lavoro.
Una manciata di manifestanti hanno fatto annullare il permesso che aveva ottenuto, come la legislazione prevede normalmente, di poter lavorare dopo un certo numero di anni e in determinate condizioni. La scusa è pressochè una barzelletta, come sembra essere stato tutto il processo. Condannato a seguito di proteste fuori l’aula di tribunale – inizialmente era stato assolto – Priebke è ancora oggi preda dell’odio e della ingiustizia italiana.
Siamo all’assurdo dell’assurdo. La magistratura succube di proteste, la giustizia calpestata, senza che nessuno dica niente. Guai a loro, sia mai. Siamo alla morte completa della giustizia. E’ l’ennessimo tassello in favore di questa tesi. Non è un mistero. Anche gli stupidi lo capirebbero.
Parole d’odio gli sono state lanciate addosso. Parole di morte hanno fatto cambiare una sentenza. La risposta dell’uomo Priebke è nel suo sguardo fiero e nella sua fede. Di lui che ha la “colpa” di aver seguito gli ordini in tempo di guerra – e altrimenti non poteva fare, chi ha vissuto sotto le armi lo sa bene. Di lui che sa che il colpevole primo ed unico delle fosse ardeatine è chi, pur sapendo della rappresaglia che ne sarebbe seguita, ha piazzato la bomba in Via Rasella. E che ora si fregia di medaglia al valore.
Non abbiamo parole per esprimere il nostro sdegno e il nostro rammarico per una storia che ancora una volta si ripete, e per una magistratura che è totalmente in mano ad un gruppo di manifestanti.
La legge è uguale per tutti? La giustizia italiana è davvero questa? Si può avere fiducia delle autorità di giustizia?
Aprite gli occhi, per favore…
Dopo la strage di Bologna, conclusasi con delle condanne basate su testimonianze che molti (il figlio di Sparti in primis) considerano delle calunnie; dopo Ustica, conclusasi con un assoluzione degli imputati; dopo il caso che abbiamo appena descritto, che credibilità può avere la giustizia italiana?
Qualcuno per fortuna, ancora una volta canta. Oggi come ieri, Libertà per il Capitano!