Dell’attuale conflitto in Palestina, nessuno ricorda:
– Che Hamas ha stravinto le elezioni democratiche a Gaza; le lezioni democratiche erano viste in passato come una condizione vincolante dalla comunità internazionale per concedere credibilità e dignità di interlocutori ai palestinesi (senza la democrazia niente aiuti umanitari pontificavano gli ipocriti ONU-EU-USA)
– Che gli USA-ISRAELE hanno prima auspicato tale vittoria per poter sabotare la pace dicendo che al governo palestinese erano saliti gli estremisti
– Che l’assedio alimentare è stato imposto a Gaza per punire i palestinesi democratici che hanno votato la formazione non gradita
– Che la guerra civile in Palestina è stat fomentata da USA-ISRAELE-UE i quali applicano senza dubbio efficacemente l’antico motto "Divide et Impera"
– Che Fatah, dopo decenni di predominio, male ha accettato la volontà popolare (preferendo chiedere aiuto ai propri carnefici i quali sono ben contenti di fornire le armi con cui i palestinesi si massacreranno tra di loro)
– Che la prossima guerra civile in corso di minuziosa preparazione è il Libano (dove Hezbollah ha avuto una barca di voti democraticamente espressi, ma poco graditi agli esportatori di democrazia)
– Che nella questione palestinese ci sono innumerevoli violazioni del diritto internazionale che configurano i reati di crimini contro l’umanità da parte di Israele (crimini per i quali nessun procuratore del tribunale internazionale muoverà mai un dito)
Di seguito postiamo un articolo di Maurizio Blondet sull’argomento.
Tratto dal sito effedieffe.com
Sempre misericordiosi
Maurizio Blondet
19/06/2007
L’orda israeliana si appresta ad irrompere su Gaza
PALESTINA – Sulla guerra civile, sulla lotta fratricida a Gaza abbiamo sentito il parere di Allam, Nirenstein, Pezzana: «Non ci sono palestinesi buoni e palestinesi cattivi, sono tutti terroristi», ha detto il gay.
Sono tutte belve, non si può trattare con belve impazzite.
Per fortuna un altro ebreo, Uri Avnery, ha detto una cosa diversa dalla propaganda pagata:
«Ecco quel che accade quando un milione e mezzo di esseri umani sono imprigionati in un territorio microscopico, tagliati via dai loro compatrioti e dal mondo esterno, affamati da un blocco economico e impossibilitati a nutrire le loro famiglie.
Israele, USA ed Unione Europea hanno eseguito un esperimento sociologico, con la gente della striscia di Gaza come cavie.
Questa settimana abbiamo visto l’esito dell’esperimento.
Si dimostra che esseri umani si comportano esattamente come gli altri animali quando li si ammassa in una spazio ristretto in condizioni miserabili: diventano aggressivi, uccidono.
Quelli di Gerusalemme, Washington, Berlino, Oslo ed altre capitali possono fregarsi le mani: le cavie hanno reagito come previsto. Parecchie sono anche morte nell’interesse della scienza.
[…] Il momento scelto da Hamas per prendere di forza la striscia non è accidentale.
Hamas aveva molte buone ragioni di evitarlo.
E’ incapace di nutrire la sua popolazione.
Non ha interesse alcuno a provocare il regime egiziano occupato a reprimere i Fratelli Musulmani, l’organizzazione-madre di Hamas.
Non ha alcun interesse a dare ad Israele il pretesto per serrare ancor più il blocco.
Ma Hamas ha deciso che non c’era alternativa altra che distruggere le formazioni armate di Fatah… Gli USA hanno ordinato a Israele di rifornire queste organizzazioni di armi in quantità, per metterle in grado di debellare Hamas.
I capi militari israeliani non erano convinti di questa idea, temendo che le armi finissero in mano ad Hamas (ciò che oggi è successo).
Ma hanno obbedito […].
L’obbiettivo di Washington è chiaro.
Ha scelto un dirigente locale per ogni Paese musulmano, che governerà sotto protettorato americano e sotto gli ordini americani; l’ha fatto in Iraq, il Libano, in Afghanistan ed anche in Palestina».
«Hamas sostiene che l’uomo scelto per questo lavoro a Gaza è Mohamed Dahlan.
I media USA e israeliani cantano da anni le sue lodi.
Lo descrivono come un dirigente determinato, ‘moderato’ (ossia obbediente agli ordini americani) e ‘pragmatico’ (ossia obbediente agli ordini israeliani).
Più lo incensavano, più lo danneggiavano agli occhi dei palestinesi.
Specie quando Dahlan è partito per il Cairo, quasi aspettasse, lui e i suoi, di avere l’armamento promesso.
[…] Le forze di Fatah e di Dahlan si sono sciolte come neve al sole.
Hamas ha facilmente ripreso il potere a Gaza.
[E] aWashington e a Gerusalemme, i politici deplorano la ‘debolezza di Mahmoud Abbas’.
Si accorgono che il solo capace di impedire l’anarchia a Gaza era Arafat.
Anche i suoi avversari, come Hamas, lo rispettavano.
Era capace di negoziare, firmare un accordo e indurre il suo popolo ad accettarlo.
Ma Arafat è stato inchiodato da Israele come un mostro, l’hanno imprigionato alla Mukataa, e alla fine, assassinato.
I palestinesi hanno votato Abbas come successore, sperando che USA e israeliani avrebbero concesso ad Abbas ciò che hanno sempre rifiutato ad Arafat.
Se i dirigenti di Washington e Gerusalemme avessero voluto davvero la pace, si sarebbero affrettati a firmare un accordo di pace con Abbas. […].
Invece hanno rigettato ogni sua richiesta.
Non gli hanno permesso di ottenere nemmeno il più lieve e misero dei risultati.
Ariel Sharon gli ha staccato tutte le penne, e poi l’ha canzonato chiamandolo ‘un pollo spennato’.
Dopo aver pazientemente atteso che Bush si muovesse, i palestinesi hanno votato Hamas, nella disperata speranza di ottenere di forza ciò che Abbas era stato incapace di ottenere con la diplomazia».
«I dirigenti israeliani, militari e politici, erano entusiasti.
Volevano indebolire Abbas, perché aveva la fiducia di Bush e la sua posizione rendeva più difficile giustificare il rifiuto di intavolare vere trattative.
Per indebolire Fatah, hanno sbattuto in galera Marwan Barghouti, la sola personalità capace di mantenere unito Fatah.
La vittoria di Hamas rispondeva completamente ai loro obbiettivi: con Hamas non si può trattare. Hamas è il mostro contemporaneo, è ‘terrorista’, e coi terroristi non si discute. […].
Ma la trasformazione delle striscia di Gaza in ‘Hamastan’ ha creato una situazione per cui i dirigenti israeliani non erano preparati.
Che fare, adesso?
Isolare completamente Gaza e lasciar morire di fame la sua popolazione?
Stabilire contatti con Hamas?
Rioccupare Gaza, oggi divenuto un grande fossato anti-tank?…
I nostri dirigenti hanno passato anni a demolire Fatah per evitare un accordo che avrebbe condotto a cessioni di terre e smantellamento di insediamenti.
Oggi, mentre il loro scopo sembra raggiunto, non hanno alcuna idea di che fare con la vittoria di Hamas.
[Ma] non possono far finta di essere stupiti. […]
Che fare?
Continuare a boicottare Abbas o fornirgli le armi perché combatta Hamas per conto nostro?
Continuare a negargli il minimo risultato o concedergli qualche briciola?
E non è in ogni caso troppo tardi?».
Avnery prosegue a dire le verità scomode che Allam, Pezzana e Nirenstein a pagamento cancellano nelle loro menzogne di propaganda.
Ma anche lui pecca d’ottimismo.
Sostiene che gli israeliani, ora, non sanno cosa fare.
Invece sì che lo sanno.
«Attuare il blocco totale della striscia di Gaza, tagliare alla popolazione l’acqua e l’elettricità, decidere una limitata invasione di cinque-sei chilometri»: così ha detto Benjamin Netanyahu, presidente del Likud e già premier di Khazaria.
Non lo preoccupa minimamente il fatto che colpire in questo modo un milione e mezzo di civili è un crimine di guerra sancito dalla Convenzione di Ginevra (Protocollo aggiuntivo, articolo 75) che lo definisce «punizione collettiva».
Né ai sionisti crea un minimo scrupolo di coscienza ciò che detta l’articolo 14 della Convenzione: «Affamare i civili come metodo di combattimento è vietato. Di conseguenza, è proibito distruggere, sottrarre o rendere inutilizzabili per questo scopo oggetti indispensabili alla sopravvivenza della popolazione, come generi alimentari, aree agricole, raccolti, strutture per l’acqua potabile o da irrigazione…».
Nessuna preoccupazione: si può, se si è khazari, macchiarsi di sterminio e crimini contro l’umanità, davanti agli occhi dell’Occidente.
Non sarà certo l’Europa ad eccepire: l’Europa veglia che non torni il nazismo.
Se riappare Hitler, insorgeremo tutti contro di lui.
Ma deve avere proprio i baffetti e gli stivali.
Se ha la faccia di Ben Netanyahu, della Nirenstein o di Pezzana, è tutta un’altra storia.
E difatti il nuovo ministro della guerra khazaro, Ehud Barak (un nuovo revenant) sta pianificando – scrive il Times – la re-invasione di Gaza: 20 mila gloriosi guerrieri giudaici distruggeranno le capacità militari di Hamas «nel giro di giorni».
Due divisioni corazzate e di fanteria, sostenuto da F-16 e droni da assassinio.
Barak calcola che dovrebbero bastare, di fronte a forze di Hamas stimate in 12 mila uomini, anche se riforniti dalle armi (americo-israeliane) che hanno preso a Fatah.
«Non è questione di ‘se’, ma di quando» cominciare l’attacco, dice una fonte vicina a Barak, ossia Barak stesso.
Il milione e mezzo di donne e bambini, di vecchi e malati, di affamati e disoccupati, saranno le cavie del nuovo esperimento, la nuova fase della misericordia talmudica.
Maurizio Blondet
Note
1) Uri Avnery, «Crocodile tears», Globalresearch, 17 giugno 2007.
2) Brian Atinski, «Netanyahu calls to cut water, electricity to the Gaza Strip», Alternative Information Center, 20 maggio 2007.
3) Uzi Manhaimi, «Israel plans attack on Gaza», Sunday Times, 17 giugno 2007.
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