Dopo che venerdi scorso Dounia Ettaib, leader delle donne marocchine milanesi, ha subito un’ “aggressione” (verbale e non comprovata se non dalla testimonianza della stessa Ettaib), lo Stato ha immediatamente risposto concedendole la scorta e perché no, anche la cittadinanza italiana…l’ennesima eroina dell’ “integrazione possibile”, e se non “possibile” allora forzata e imposta con forza dalla società e dai media!
MILANO — Sotto scorta. Tutela, tecnicamente: non una squadra in macchina, cioè, e tuttavia un uomo armato che la seguirà e proteggerà ovunque, in strada, al lavoro, al supermercato. Sarà questa ora la vita di Dounia Ettaib, la vicepresidente delle donne marocchine in Italia assalita venerdì a Milano per essersi schierata con la sua associazione (Acmid) in difesa di Hina, o almeno della sua memoria: «Smettila o sarà peggio per te», le avevano intimato i due aggressori. «Certo che mi hanno spaventato — ha detto Dounia ieri — e ovviamente la paura ce l’ho ancora. Ma questo non fermerà il nostro impegno: né il mio, né quello dell’Acmid ». Hina: la giovane pachistana colpevole per i suoi costumi occidentali di «non essere una brava musulmana» e per questo ammazzata da padre zio e cognati. E Dounia: che al processo contro quelli, appena iniziato a Brescia, si era presentata insieme con altre duecento donne dell’associazione per chiedere di ammettere l’Acmid tra le parti civili. Il no del giudice era stata la doccia fredda di quel giorno. L’indomani a Milano, vicino alla mosch ea di viale Jenner, l’aggressione da parte di «due connazionali »: così nella sua denuncia li avrebbe descritti di lì a poco Dounia. Che ieri ha peraltro incassato la solidarietà del vicepresidente della Commissione europea Franco Frattini: «È una di noi». Nel frattempo, già sabato, il prefetto Gian Valerio Lombardi aveva deciso di assegnarle il servizio di tutela. Quanto a lei — col suo lavoro da psicologa per la Pro vincia di Milano, il suo bel figlio di tre anni e mezzo e il suo marito che la rendono «comunque felice» — ieri faceva sapere di non voler altro che la ripresa della sua vita di sempre: cosa che «nonostante la paura, perché quella ce l’ho» sarebbe anche già avvenuta se non fosse stato per la febbre da cui è stata bloccata in casa. «Non sono stata io — dice — a chiedere la scorta. Ma è vero che sono ancora molto provata». INDENTIKIT AGGRESSORI – In questura è riuscita a tracciare una «sorta di identikit» degli aggressori: «Non li avevo mai visti prima, ma li ho descritti alla polizia». La spinta, i due che la bloccano contro un muro, gli insulti a lei e Hina, le mani addosso, quel «devi smetterla» ripetuto una, due, tre volte. «Non so dire se l’episodio sia stato premeditato o casuale», riflette quasi tra sé. Forse solo un «gesto d’ignoranza», prova a convincersi. «Ma una cosa è certa: porterò avanti il mio lavoro — insiste — e la mia quotidianità non deve cambiare. Paura o no si andrà avanti. Anche se, ovviamente, con la mia associazione dovremo fare delle valutazioni, perché se dopo ogni iniziativa ti colpiscono…». Fortunatamente ci sono anche gli «altri», come dice lei: i tanti cioè, italiani e non, atei o religiosi, ebrei e musulmani, che in questi due giorni l’hanno chiamata e che lei ringrazia, «sono commossa, non mi aspettavo tanto sostegno». A Dounia sarà data a breve anche la cittadinanza italiana: Daniela Santanché, deputata di An, ne ha avuto l’assicurazione da Gianni De Gennaro, neo-capo di Gabinetto del ministro Amato. Il nulla osta dovrebbe essere rilasciato oggi stesso. «Sarà compito delle autorità italiane — dice Frattini — fare luce sull’episodio e individuare gli aggressori». Anche se il vicepresidente della Commissione ne approfitta per ribadire quanto siano a suo avviso «spuntate» le «armi giuridiche di cui disponiamo» in questi casi: quando cioè, servirebbero strumenti per espellere dall’Europa gli autori di «violenza e minaccia anche contro singole persone». Corrieredellasera.it