Prendete un regime non democratico, inondatelo di armi e otterrete un paese amico che collabora per la stabilità regionale. É questo il teorema con cui il segretario di Stato Usa, Condoleezza Rice e il ministro della Difesa Robert Gates iniziano la loro missione congiunta in Medio Oriente. La loro visita è stata preceduta dall’annuncio di massicce forniture di armi destinate agli “amici” degli Stati Uniti, per contrastare l’egemonia iraniana nella regione. Nei giorni scorsi Washington ha infatti annunciato che fornirà armi per 20 miliardi di dollari all’Arabia Saudita, 30 a Israele e 13 all’Egitto.
Alta tecnologia. Il pacchetto di aiuti militari deve ancora essere approvato dal Congresso, che lo voterà a settembre, da ma più parti, anche negli Stati Uniti, si sollevano dubbi sul fatto che inondare il medio oriente di armi possa davvero essere un freno all’espansione dell’influenza iraniana sulla regione e, in particolare, alle ambizioni nucleari di Teheran. Secondo quanto annunciato le armi che verranno fornite agli alleati mediorientali comprendono anche pezzi di alta tecnologia, come missili a guida satellitare e navi da guerra. Forniture che il diplomatico Usa Nicholas Burns ha definito con un sofismo “difensive”. Nel corso delle conferenze stampa in cui hanno annunciato le forniture belliche, la Rice e Burns si sono sentiti chiedere più volte cosa vogliano gli Stati Uniti in cambio, ma la risposta ufficiale è sempre stata: “vogliamo aiutare le forze moderate, creare stabilità nella regione e rassicurare gli alleati sul sostegno statunitense”. “Qualche mese fa, durante una visita a Washington, mi era stato detto che il problema principale per la sicurezza degli americani nella regione era la mancanza di democrazia -ha commentato Karsten Voigt, diplomatico tedesco responsabile dei rapporti con gli Usa- ora invece si danno armi a paesi come l’Arabia Saudita che tutto sono salvo tranne che democratici”.
Missili statunitensiEquilibrismi. Recentemente gli Stati Uniti si sono lamentati con il governo saudita per la sua opposizione all’esecutivo iracheno, guidato dallo sciita Al Maliki. Washington sospetta che i Sauditi stiano fornendo armi ai miliziani sunniti in Iraq, ma nel contempo loda l’impegno di Riyadh nel fermare i jihadisti sauditi diretti a Baghdad. Anche le forniture di armi per 13 miliardi di dollari dirette all’Egitto sembrano finalizzate a superare la diffidenza del Cairo verso il governo sciita iracheno. Mentre Israele, che non vede affatto di buon occhio la fornitura di armi a Egitto e Arabia Saudita, ha avuto una cospicua promessa di aiuti militari, 30 miliardi in dieci anni. Una quantità sufficiente per permettere al premier Olmert di affermare che “Gli Stati Uniti si impegnano a mantenere il divario militare fra Israele e i suoi vicini. Capisco la necessità degli Usa di sostenere gli stati arabi moderati -ha concluso il premier israeliano -. C’è molto bisogno di un fronte unito contro la minaccia iraniana”.
Instabilità. “Penso che l’instabilità della regione debba essere addebitata all’Iran” ha candidamente spiegato la Rice ai giornalisti. Da tempo gli Stati Uniti temono che l’Iran possa creare un asse sciita da Teheran a Beirut. Secondo Washington, il regime degli Ayatollah cerca di produrre armi nucleari e destabilizzare la regione aiutando le milizie sciite in Iraq, Hezbollah in Libano e il regime di Assad in Siria. La Siria è un paese a magioranza sunnita governato dalla minoranza alawita, una branca dello sciismo. Damasco viene accusata di proteggere i capi della resistenza palestinese e consentire il transito di miliziani verso l’Iraq e di armi verso il Libano. Il portavoce del ministero della Difesa iraniano hasostenuto che “è una specialità della politica Usa quella di seminare paura nella regione e rovinare le buone relazioni esistenti tra i paesi del medioriente”. ”Vogliono provocare una corsa agli armamenti per far guadagnare le loro fabbriche belliche” gli ha fatto eco il ministro della Difesa iraniano, Mohammad Najjar, che ha concluso dicendo: “L’Iran non si preoccupa per una nazione amica che consolida le sue capacità difensive”. Che l’Iran non sia una minaccia alla stabilità della regione è anche l’opinione del governo dell’Oman, che rientra nella lista dei paesi che potrebbero ricevere armi da Washington. Pare infatti che la trattativa sulle forniture militari sia aperta con tutti i paesi del Gulf Cooperation Council (Arabia Saudita, Kuwait, Qatar, Oman, Bahrain e Emirati Arabi Uniti). “Il nostro scopo -ha dichiarato la Rice- è riaffermare che il Golfo Persico e il Medio Oriente sono aree di interesse permanente e vitale per gli Stati Uniti”.
Fonte: peacereporter.net