In Cina, la patria della moderna repressione e delle invenzioni (o scopiazzate) tecnologiche più strane, il governo ha inventato una nuova forma di controllo telematico. Poliziotti del web, figure che appaiono sullo schermo disturbando l’utente e intimidendolo con messaggi. I Cinesi non te ne accorgi, ma sono ovunque!Poliziotti animati. Da domani i cybernauti di Pechino avranno un nemico in più: un poliziotto virtuale che comparirà sullo schermo e per almeno 30 minuti saltellerà a destra e a manca disturbando l’utente e inviandogli messaggi intimidatori. E’ la nuova forma di controllo telematico ideata dalla polizia della capitale cinese. Sulla scorta di un’iniziativa già intrapresa nella città di Shenzen, i poliziotti animati cominceranno a pattugliare i siti registrati in alcuni server pechinesi e – per ora – in 13 portali cinesi, inclusi i più grandi blog del Paese, Sohu.com e Sina.com. Entro la fine dell’anno i poliziotti virtuali copriranno tutti i server, apparendo a piedi, in bici o in macchina, sullo schermo dell’utente che sta visitando un sito proibito dall’ufficio del censore. Il ministro della sicurezza pubblica cinese ha dichiarato che continuerà “a promuovere immagini di poliziotti virtuali che siano user-friendly (intuitive, letteralmente ‘amichevoli per l’utente’, ndr) e sulla stessa lunghezza d’onda dei fruitori di Internet”.
Corresponsabilità. In realtà, la trovata, tutt’altro che ‘amichevole’, non è che una ingegnosa maschera che nasconde il volto sempre più aggressivo e repressivo della censura cinese. Yahoo, come altri portali della Rete, ha accettato di censurare la versione cinese del proprio sito per non incorrere nelle ire del governo di Pechino. Se si digitano sul motore di ricerca parole come ‘libertà’, ‘democrazia’, ‘indipendenza di Taiwan”, ‘Tibet’, i risultati saranno nulli o accuratamente filtrati. Anche Google – che paradossalmente negli Usa difende strenuamente i diritti di riservatezza e libertà degli internauti – ha ceduto alle pressioni del regime, ed è, per questo, stata accusata di corresponsabilità nella politica censoria del Celeste Impero.
In prigione 52 dissidenti. Secondo un rapporto dell’osservatorio OpenNet (costituito dalle università di Harvard, Toronto, Oxford, Cambridge e dal Berkman Center for Internet), in 25 Paesi del mondo si applica una censura sistematica della Rete. I motivi della censura sono i più disparati: politici, sociali, storici, culturali. Oltre che morali. Vi sono alcuni governi che vietano l’accesso solo a determinate pagine, considerate moralmente inappropriate per i suoi cittadini, o altri che eliminano qualsiasi riferimento politico che non sia conforme agli interessi dello Stato, o ancora, autorità che setacciano la Rete per non consentire l’accesso a tutto ciò può essere messo in relazione con gruppi terroristici, indipendentisti o ribelli. I Paesi più restrittivi nel campo della censura sociale sono Cina, Pakistan e Corea del Sud. I più severi, nell’applicazione di filtri che limitino l’accesso a contenuti politici, sono i governi di Cina e Iran, seguiti da Myanmar (ex Birmania), Siria, Tunisia e Vietnam. Nelle galere di questi Paesi, Reporters sans Frontieres stima essere detenuti 52 cyberdissidenti.
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