Il mondo che sarà

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    Riportiamo di seguito il contributo di un nostro lettore sulla discussione dell’Etica in guerra. Con l’occasione ricordiamo a tutti l’evento organizzato da Raido per Sabato 29,dal titolo “Il passaggio del testimone”.

    Ciò che segue prende spunto da quanto visto in una recente trasmissione televisiva, dal senso di angoscia e dal sentimento di vendetta che quanto mostrato suscitava nell’ascoltatore/osservatore.

    L’argomento trattato: le stragi di civili, operate per mano di alcuni reparti di SS tedesche con l’ausilio di singoli italiani, loro idealmente vicini, o di reparti dell’esercito della RSI, nei territori del centro-nord, nel periodo successivo al tradimento badogliano, durante la ritirata delle truppe tedesche dal territorio italiano.
    Argomento, questo, assai caro all’attuale classe politica, demagoga, vigliacca e menzognera, che su questo ha costruito la propria legittimità e fatto la propria fortuna. La quale, quando la innata e perenne incapacità, la pone a bassi livelli di consenso, prontamente ripropone “l’orrore” per consolidare, attraverso il terrore suscitato, la propria legittimità.
    Ma qui non si vuole trattare di questo in particolare e tanto meno disquisire sulle motivazioni storiche o strategiche di quei tragici eventi, si intende qui sollevare il problema relativamente alla sostanza e non alle circostanze.
    Esiste, e resiste, ancora chi, nonostante la perseverante opera di criminalizzazione, non si arrende nella difesa dei valori fondanti di quella entusiasmante stagione della storia che ebbe per protagonisti i Fascismi europei. In tanti fra questi, in un modo o nell’altro, quando si tratta delle “stragi di civili” si sentono direttamente coinvolti pur non essendolo, per motivi diversi e, non in ultimo, per il fatto di non essere ancora nati quando quei fatti si consumavano.
    Coinvolti perchè a quel mondo, cui anche i protagonisti di quelle vicende appartenevano, ci si sente idealmente legati e vicini.
    Ma, a che cosa, nella sostanza, ci si vuole ricollegare quando si fa riferimento a quel momento storico? “Quel mondo”, nazionalsocialista o fascista, cui i protagonisti di quelle vicende appartenevano, produceva stragi? Quindi, anche chi si sente idealmente legato a quel mondo condivide o “deve” condividere quelle stragi? E ancora, il fatto che anche i “vincitori”, bolscevichi marxisti o liberal-massonici, abbiano commesso e consentito eccidi non meno crudeli, né per numero di vittime né per efferatezza, fornisce una giustificazione per effettuare atti di ritorsione altrettanto violenti?
    Un clima di violenza genera violenza e in quella fase storica, in cui presenze dèmoniache sembrano aver dominato la scena mondiale, la guerra, quella guerra in modo particolare, scatenò gli istinti più bassi.
    Coloro che a costo della vita non rinnegarono la propria appartenenza, coloro che coscientemente si schierarono dall’una o dall’altra parte della barricata convinti di stare dalla parte giusta e con onestà condussero la propria battaglia, per quanto “nobili” potessero essere le loro motivazioni, non furono esenti da eccessi. Non oso immaginare di che cosa si macchiarono, e di che cosa insozzarono le divise che indossavano, coloro che approfittarono del caos per affermare le proprie bassezze.
    Quel momento storico fu quindi drammaticamente segnato dallo scatenamento di forze incontrollabili ma rappresenta solo l’epilogo di un periodo che, negli anni precedenti gli eventi bellici, fu carico di entusiasmi e vitalità.
    La novità nazionalsocialista e fascista portò in Europa e nel mondo il manifestarsi di una vitalità che infiammò gli animi alimentando la speranza di una costruzione sociale più giusta e prospera la quale evidenziò come la causa prima delle sofferenze patite dal popolo fosse data dall’oligarchia democratica, nemica dell’uomo e fautrice di pseudo libertà.
    Questa, sentendosi fortemente minacciata e preoccupata dal formarsi di una nuova economia, non trovando modo per corrompere i nuovi governi europei, si coalizzò a livello mondiale per contrastare le nuove forme di governo che ormai andavano diffondendosi.
    Alla luce di quanto avvenuto in questa fase, comprovato da inconfutabili documenti storici, i fascismi europei, nati quale sistema alternativo ai parlamentarini corrotti e litigiosi del primo novecento, si proposero e si affermarono con una creatività e con una prospettiva di speranza da tempo scomparsi. Stimolarono le forze vitali più belle, che si andarono a manifestare in un periodo di grande crescita morale, sociale ed economica. Un clima non conciliabile con una dirigenza gretta e violenta come spesso la si vuole rappresentare.
    Certo, i grandi uomini pur essendo grandi sempre uomini restano e, pertanto, passibili, come tutti gli uomini, a errori e, guardando oggi quei tempi, pur essendo noi piccolissimi uomini rispetto a quelli, possiamo dire di quanti errori è costellato quel percorso, ma lo diciamo oggi, seduti davanti al nostro computer, in un momento di riflessione, dopo aver letto, visto e sentito centinaia di commenti e pareri di esperti di ogni tipo.
    Lo diciamo oggi, ma allora fu il tempo delle decisioni che, purtroppo, non sempre furono quelle giuste, ma, certamente, sofferte, mai rinnegate e soprattutto pagate sulla propria pelle.
    Nulla di quell’esperienza avrebbe portato a pensare che, nella tragedia dell’epilogo, lo scatenarsi di forze incontrollate avrebbe macchiato in maniera indelebile l’opera di un tentativo eroico di ricostruzione della dignità e delle radici dell’Europa. Purtroppo così è stato.
    Ora, per difendere l’onore di milioni di uomini, grandi, umili, eroi e sconosciuti, non è necessario difendere l’indifendibile, occorre, invece, affermare quali furono i veri contenuti di quella esaltante esperienza, non della guerra, ma del tentativo di ricostruzione di una Europa devastata, prima che dalla guerra, dall’aggressione operata da speculatori senza scrupoli che all’ombra delle bandiere democratico-liberal-marxiste avevano corrotto le coscienze e schiavizzavano interi popoli, allora come oggi.
    Non c’è niente nelle stragi di civili che è ricollegabile né ai valori, né all’etica che contribuirono allo sviluppo e al diffondersi di un’idea del mondo in cui l’Uomo tornava ad essere artefice del proprio destino. Se in seguito a quei fatti orribili, ci sono stati dei colpevoli accertati, questi, andavano puniti in quanto tali e secondo norme di diritto certe, non perché indossavano la divisa tedesca o repubblichina.
    Accostiamo due eventi e valutiamoli.
    1) 1945, gli americani lanciano due bombe atomiche contro due città giapponesi facendo immediatamente centinaia di migliaia di morti fra i civili e innescando un processo che, a seguito delle radiazioni, ne condurrà alla morte o ne costringerà a portarne le conseguenze sino alla morte ancora una moltitudine di migliaia. Tale attacco, precursore della ideologia che ispirerà la guerra preventiva, si rende “necessario” per “costringere” (ricattare) il comando militare giapponese alla resa ed evitare così altre vittime sul versante militare americano.
    2) L’esercito italo/tedesco in Italia per fronteggiare le azioni di guerriglia delle bande irregolari, cioè non di un esercito riconosciuto, interviene pesantemente per fare terra bruciata attorno a queste bande, nel tentativo di bloccarne la possibilità di movimento distruggendo tutto ciò che potesse servire quale supporto logistico e, in qualche caso, uccidendo, in maniera indiscriminata, quelle comunità delle quali si era avuta certezza di collaborazione.
    A rigor di logica chi giustifica la prima strage dovrebbe giustificare anche la seconda e viceversa, chi condanna la prima dovrebbe condannare anche la seconda.
    Da che parte stanno i “mostri”?
    I mostri, i peggiori mostri sono coloro che oggi speculano sul dolore e godono nel fare inorridire.
    Fra coloro che dai tribunali politici sono stati condannati, pochi sono ormai i sopravvissuti mentre già molti hanno avuto anche il giudizio Divino, tutti hanno subito la gogna e qualcuno il patibolo, tutti hanno sopportato e sopportano con dignità l’enorme peso delle loro responsabilità.
    Nessuna remora dunque, il concetto di strage è un concetto distante anni luce da tutto ciò che i principi fondanti dell’ideale fascista potevano e possono ancora concretizzare nella quotidianità, non fa parte né della teoria, né della prassi, né del suo lessico gli è semplicemente estraneo.
    Si respinga con indignazione ogni attacco generalizzato che, attraverso fatti forzatamente propinati e opportunamente “confezionati”, alimentano l’ignoranza rispetto alla storia recente. Mentre occorre smascherare e isolare chi contribuisce ad alimentare pericolosi assiomi, facili parallelismi e pittoreschi luoghi comuni perché non meno infimo di chi apertamente e volgarmente infanga.
    Ciò che nell’esperienza di questo recente passato racchiude il senso stesso dell’esperienza è da individuare nei Princìpi e non nelle forme.
    Le “forme” legate a quel tempo hanno finito di essere, altrettanto non è per i Princìpi che sovrastano il tempo e verso cui ben poco incide l’azione abietta di questi ignobili sciacalli. Si rassegnino dunque i volgari detrattori della verità:”Quel mondo” non è il mondo che fu ma il mondo che sarà.

    Armabat