Che il voto in democrazia sia tutt’altro che libero, è fatto noto. Che il voto di scambio sia sempre esistito, è risaputo (specialmente al sud). Ma che si abbia anche il coraggio di mettere la cosa nero su bianco è notizia di questi giorni. Notizia che non tanto ci sconvolge, quanto ci disgusta. Se non altro per l’immensa ignoranza dimostrata da lorsignori, i politicanti, tanto distanti dalla società da non (voler) percepire neanche l’esasperata intolleranza nei loro confronti, così da essere almeno più discreti. No, si sentono intoccabili, inattaccabili. Meglio così forse, quando cercano di giustificarsi fanno ancora più pena…
ROMA – Un contratto di vendita, con tanto di firme. Un accordo, nero su bianco, per vendere un pacchetto di voti, sotto elezioni, in cambio di un posto da dirigente alla Provincia di Udine. L’acquirente è l’attuale presidente, Marzio Strassoldo, alla guida di una giunta di centrodestra, riconfermato proprio dopo le amministrative del 2006.
Il venditore è un politico locale con un gruzzolo di preferenze, Italo Tavoschi, ex vicesindaco di Udine, centrista eletto con una lista civica. Nel documento stilato c’è pure il prezzo. Senza troppi giri di parole: 210 mila euro, in tre anni. Ora, Tavoschi, che si dichiara disoccupato, ha presentato ricorso all’ufficio del lavoro. Sì, proprio all’ufficio del lavoro. Lamenta il mancato rispetto di quel contratto.
Lui, scrive nel ricorso, l’accordo l’ha onorato e il presidente i suoi 420 voti “dopo un’intesa campagna elettorale”, li ha ottenuti. Il centrodestra ha vinto le elezioni, ma, il posto da dirigente, dopo un anno, ancora non l’ha avuto. Un accordo comunque, che entrambe le parti, interpellate, definiscono lecito, seppure poi, dissentono sulla sua risoluzione. La vicenda è stata rivelata ieri dal “Messaggero Veneto“.
Per il presidente Strassoldo “è uno di quei tanti accordi politici che si sottoscrivono in campagna elettorale. Solo che invece di chiedere un posto in giunta, per il quale Tavoschi, come singolo candidato, non aveva titolo, ha preteso un incarico dirigenziale”. E, aggiunge, “in effetti l’accordo teneva conto del fatto che c’erano prospettive che si liberassero alcuni posti da dirigente. Ma subito, quelle opportunità sono state vanificate dalle norme della Finanziaria che ponevamo precisi paletti…”.