Si è svolto sabato 29 settembre a Roma, promosso dall’associazione culturale Raido, il convegno dal titolo “Il passaggio del testimone – Dalla Rsi ai militanti del Terzo Millennio”. Presentati da un membro della comunità di Raido, sono intervenuti: Rutilio Sermonti, combattente della Seconda Guerra mondiale, storico e scrittore, Marco Pirina, fondatore del centro studi e ricerche “Silentes Loquimur”, Marina Marzi dell’”Associazione 900” di Trieste, Carlo Panzarasa, combattente Rsi, storico, scrittore e istitutore dell’omonima fondazione e Mario Merlino, poeta e autore teatrale. Hanno presenziato e animato l’evento anche molti reduci nonché delegazioni dei vari corpi dell’esercito repubblicano, dalle fiamme bianche, alle Ausiliarie del SAF, alla associazione Campo della Memoria della X MAS.
Il moderatore, dopo i saluti ed aver sottolineato l’importanza della ricorrenza del 29 settembre, giorno nel quale la Guardia di Ferro romena usava prestare giuramento sul nome dell’arcangelo Michele e genetliaco di Luigi Ciavardini, vittima di una giustizia “alla birmana”, ha dato la parola a Rutilio Sermonti. Uomo d’azione e di lettere, con la sua voce stentorea ed “esplosiva” come lo scoppio di una Srcm, ha dapprima sottolineato la formidabile carica motivazionale che spinge tanti giovani a tutt’oggi, ad “abbracciare” gli ideali del Ventennio. Ancora risuonano le sue parole: “Sessant’anni di antifascismo non sono riusciti a cancellarne venti di fascismo”; ”Essere camicie nere quando tutti le indossavano era facile; esserlo oggi è sintomo di grande coraggio e di temperamento anticonformista”, Subito dopo ha posto l’accento sull’impellente esigenza di “calare” questi ideali nella vita quotidiana. La purezza adamantina, dura e inossidabile va bene, ma bisogna rifuggire dalla facile tentazione di chiudersi in uno sterile narcisismo contemplativo fine a se stesso, in un autocompiacimento snobistico, in una estetica autoreferenziale, improduttiva quanto autolesionistica. L’idea ha bisogno di essere tramandata alle generazioni del Terzo Millennio, e tutto ciò necessita di gente che sappia offrire esempi calzanti di comportamento e di coerenza ideale, vivendo a contatto con coloro che, insofferenti del fondo in cui è precipitata la nostra Patria, possano guardare a noi come a preziosi punti di riferimento. La volontà deve essere la cifra distintiva dell’uomo del nostro schieramento. Volontà che va forgiata con tenacia e perseveranza. Come esempio ha portato se stesso, giovane ufficiale agli esordi sul fronte albanese, che al primo impatto con la guerra dovette ingaggiare una dura lotta per imporsi l’autocontrollo contro l’impulso della paura che attanaglia sempre il “pivello” alle prime armi. Dopo un anno di fronte, ormai corazzato e con addosso la scorza del veterano rotto a tutti i cimenti, il giovane Rutilio era riuscito così bene nel temprare la virtù del coraggio che la paura non solo non l’avvertiva più, ma veniva addirittura ripreso dai superiori perché considerato un temerario, suscitando l’ammirazione dei commilitoni del Terzo Reich. Sermonti, dopo avere colpito con possenti bordate dialettiche l’idea di democrazia, stigmatizzando l’esistenza dietro le quinte parlamentari, di una nascosta ed intelligente elite – pur se non nominato, Pareto era il convitato di pietra nella lucida analisi dell’oratore – ha anche ammonito la dispersa galassia della destra radicale a ritrovare compattezza e unità di vedute. L’attuale panorama di frammentazione e l’alto tasso di litigiosità non sono di aiuto a nessuno: “che volete che conti, nel panorama politico, uno 0,1% o l’1%? Anche nel nostro ambiente il vizietto partitocratico ha contagiato e infettato anime e corpi col virus della sterile polemica”, contribuendo anzi alla perdita di credibilità di un ambiente che, monolitico, avrebbe molte più possibilità di successo. In rappresentanza dell’Istituto Storico della Rsi, la camerata Elisa ha svolto un breve presentazione ed ha invitato i presenti a sostenere l’attività e visitare gli archivi dell’istituto a Terranuova Bracciolini (Ar). Il relatore successivo, Marco Pirina, ha dapprima narrato con parole struggenti le sue amare vicissitudini di bimbo reso precocemente orfano dalla mano vigliacca e assassina di un partigiano. Successivamente ha illustrato all’uditorio le ultime missioni felicemente portate a conclusione, tra mille difficoltà, dal centro ricerche da lui fondato, “Silentes Loquimur”. Si è trattato dell’individuazione, nelle campagne di Poviglio (Reggio Emilia), dei poveri resti di uomini e donne uccisi a tradimento, a guerra ormai finita, nel famigerato “triangolo della morte” dai banditi rossi successivamente insigniti del rango di “resistenti”. Quindi ha rivendicato il contributo al recupero delle salme di un manipolo di guardacoste del Nord catturati e infoibati vivi – sui loro corpi fracassati non sono stati rilevati fori di proiettili – dagli “eroici” partigiani della brigata “Cichero” in una forra vicino Campastrino (La Spezia). Carlo Panzarasa ha, a sua volta, narrato l’avventurosa scoperta e il recupero in Slovenia dei brandelli di un manipolo di soldati della RSI fatti prigionieri e massacrati dai titini in seguito alla battaglia di Tarnova. Dilaniati dal filo spinato e decapitati, quel che ne è rimasto degli sfortunati difensori dei confini orientali d’Italia è stato fortunosamente riesumato, raccolto in un sacco e fatto passare, eludendo i controlli, attraverso i blindati confini della Slovenia da Panzarasa stesso, il quale, sempre personalmente, ha provveduto poi a inumare le reliquie in Patria, a Redipuglia. Un’impresa tanto pericolosa quanto audace, che fa di Carlo Panzarasa un eroico, disinteressato difensore dell’italianità oltraggiata dalla barbarie slavocomunista. Marina Marzi dell’”Associazione 900” di Trieste, ha segnalato ai presenti la prossima apertura, resa possibile grazie al contributo di Panzarasa, di un archivio storico privato e di una biblioteca pubblica sulla Rsi e sui fatti di Trieste del 1953, auspicando l’opportunità di creare una rete fra le varie istituzioni culturali esistenti in Italia per approfondire e diffondere la conoscenza della vera storia Italiana del Novecento. Una storia che nessun libro di scuola riporta, in quanto, in ossequio all’ideologia risultata vincitrice dell’ultimo conflitto, i fatti alle nuove generazioni “devono” essere narrati secondo i canoni della vulgata resistenziale filotitina e filoslava. Canoni assolutamente e politicamente corretti: niente foibe, niente esodo giuliano-dalmata, niente pulizia etnica, niente stragi. L’ultimo esempio di servilismo filoslavo dell’amministrazione Illy è stata l’imposizione del bilinguismo italiano-sloveno nella Provincia di Trieste. “Voi romani” – ha affermato in sostanza la Marzi – “date per acquisite italianità e identità, considerate pressoché sinonimie d’appartenenza, e nessuno, al governo o all’opposizione, può a Roma seriamente dubitare o inficiare l’intangibilità dell’idioma di Dante o la connotazione etnica del ceppo italico sia nella toponomastica sia nell’arena pubblica e politica. A Trieste tutto questo non è ancora dato per scontato”. Nel capoluogo giuliano c’è stato chi, complice il sindaco del caffè, ha pensato bene di appiccicare, accanto alle targhe che in italiano recano l’intestazione di vie, piazze e monumenti, anche pleonastiche patacche in versione slovena. Così, malgrado i grandi problemi cittadini, regolarmente lasciati irrisolti da una giunta inetta, c’è chi considera di gran lunga più importante stabilire che Trieste si chiami soprattutto “Trst”. E, per qualche voto in più, i lecchini filoslavi assisi sugli scranni di Palazzo della Provincia, rischiano di compromettere definitivamente il già sfilacciato tessuto etnico e sociale della città di San Giusto. E poi dicono che il caffè rende più lucide le idee. Mario Merlino, uomo di cultura icona da sempre dell’immaginario sapienziale della cultura non conforme e radicale, ha testimoniato con la sua militanza di “sessantottino della parte sbagliata” la necessità di passare appunto il testimone della tradizione alle nuove generazioni. Il trio Paola, Yuri e Giorgio ha magistralmente declamato brani tratti da memorie di uomini e ausiliarie della Rsi. Attraverso i dialoghi sapientemente interpretati dai tre, è stato possibile tornare con la mente e con il cuore a respirare l’atmosfera disperata ed esaltante della esperienza della Rsi. Le parole dei personaggi narrati promanavano amarezza, stupore, presagio della fine imminente, sorpresa e sconcerto dinanzi a tanto odio e tanta violenza, ma anche la ferma consapevolezza e una ascetica accettazione di un destino di gloria. Una gloria che si sarebbe presto tinta del colore del sangue e del martirio. Una testimonianza dura da accettare, tuttavia necessaria per riscattare l’onore della Patria tradita e per consegnare alle generazioni a venire un’immagine dell’Italia monda dalle lordure badogliane. Da segnalare gli intermezzi musicali che hanno ornato l’evento con atmosfere suggestive ed emozionanti. Mario e Marco degli Hobbit, Francesco Mancinelli, Massimiliano e Fabian degli Imperium, hanno commosso l’uditorio al suono delle ballate che hanno scandito gli anni di eroica militanza e di lotta per le piazze di tutta Italia nel ricordo del sacrificio compiuto dai combattenti dell’onore. Tutte canzoni molto entusiasmanti con, a chiusura della serata il brano più sentito, “Non ho tradito” scritto dal Cap. Bonola, Reg. “Folgore” della R.S.I., presso il campo di concentramento di Coltano nell’estate 1945 e musicato dai NND. Una serata che ha riconfermato il profondo legame tra le diverse generazioni e che ha testimoniato la necessità del ricordo, della memoria, affinché sia chiaro che senza il nostro passato non potremo avere un futuro! L’associazione Raido dà appuntamento ai camerati, sabato 20 ottobre 2007 per una conferenza jungeriana dal titolo “Tempeste d’acciaio” alla quale interverrà Maurizio Rossi.