Ha scatenato un’ondata di indignazione in Gran Bretagna l’ultima affermazione di James Watson, uno dei pionieri nella decifrazione del genoma umano riguardo l’intelligenza degli africani, che egli sostiene essere inferiore a quella degli occidentali (bianchi).
Lungi dal voler elogiare Watson, non nuovo a trovate aberranti e di forte impatto mediatico, alcune sue parole, “Il nostro desiderio di attribuire uguali capacità razionali come una sorta di patrimonio universale dell’umanità non è sufficiente per renderlo reale”, esprimono bene lo stato comatoso di una società e di una cultura figlia di quei principi “illuminati” dell’89 dimostrando, anche scientificamente, quale vera aberrazione è il concetto di eguaglianza, e tutto ciò che da esso è derivato…per una volta, dobbiamo ringraziare la pseudo scienza moderna!
Il voler considerare un ugual potere della ragione come eredità comune dell’umanità non basta per fare in modo che sia così”. La provocazione — scrive il quotidiano ‘The Independent’, che dedica ampio spazio a tutta la polemica- ricorda quella suscitata nel 1990 dal libro ‘The Bell Curve’, del politologo statunitense Charles Murrey, secondo il quale le differenze del coefficiente intellettivo sono genetiche. Watson è in Gran Bretagna per la pubblicazione del suo ultimo libro, ‘Avoid Boring People: Lessons from a life in science” e la sua prima uscita sara’ una conferenza al Museo della Scienza, a Londra (dove nei giorni scorsi si è discusso della storia del cosiddetto “razzismo scientifico”).
AGI