Due anni fa la FDA (food and drug administration) degli Stati Uniti approvava il primo farmaco “etnico”. Si chiama BilDil, ed è stato ideato per curare l’insufficienza cardiaca congestizia – una malattia che causa il progressivo indebolimento del muscolo cardiaco fino al punto di non pompare il sangue efficacemente – ma soltanto in pazienti afroamericani. In realtà il farmaco in questione era già stato brevettato, per la prima volta nel 1987, e sarebbe scaduo nel 2007.
In previsione della scadenza del brevetto nel 1999 Cohn – il ricercatore responsabile – aveva pubblicato un articolo riguardo la sua ipotesi sulle differenze etniche. Questo secondo brevetto era quasi identico al primo, con l’eccezione che specificava l’uso della combinazione per l’insufficienza cardiaca nei pazienti di colore. Rilasciato nel 2000, il nuovo brevetto durerà fino al 2020. E così il BilDil era stato reineventato come farmaco etnico. ( Estrapolato da Scientific American Ottobre 2007).
Risultato di questo stratagemma è stato il recupero economico del gruppo finanziario proprietario del brevetto e l’immissione nel mercato di un farmaco che costa 6 volte tanto un farmaco generico. L’esempio del BilDil inaugurerà una nuova epoca per la farmacogenomica o sarà smascherato come bufala?purtroppo la parola spetta al mercato e, si sa, da quelle parti le vita dell’uomo massa è solo un consumatore x… intanto i giornali di mezzo mondo speculando sulle possibili conseguenze discriminatorie di un tale tipo di ricerca… insomma tra i benpensanti dei salotti e gli imprenditori in doppio petto la salute dei consumatori diviene un argomento superfulo…