Anilina

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    E’ la sostanza che e’ stata usata per colorare di rosso la Fontana di Trevi.

    Testo tratto da wikipedia, le foto dal web.

    L’anilina (nota anche come fenilammina o amminobenzene) è un composto aromatico avente formula bruta C6H7N. È un’ammina primaria la cui struttura è quella di un benzene in cui un atomo di idrogeno è stato sostituito da un gruppo NH2.

    A temperatura ambiente si presenta come un liquido incolore quando è molto pura. Data la facilità con cui si ossida all’aria, l’anilina tende col tempo a scurirsi fino ad annerire.

    Sintesi

    L’anilina può essere prodotta dal benzene in due passaggi. Dapprima il benzene viene nitrato, cioè fatto reagire con una miscela di acido nitrico e acido solforico concentrati per dare il nitrobenzene tramite una reazione di sostituzione elettrofila. Quindi il nitrobenzene viene ridotto ad anilina per reazione con diversi reagenti riducenti; tra essi l’idrogeno (in presenza di un catalizzatore) o un metallo (ferro, zinco o stagno) in presenza di acidi.

    Molti derivati dell’anilina possono essere sintetizzati in modo simile.

    Con l’acroleina, l’anilina reagisce secondo la sintesi di Skraup come seguito:

    O=CH-CH=CH2 + C6H5-NH2 → C6H5-NH-CH2-CH=O

    Proprietà e reattività chimica

    L’anilina è una sostanza cancerogena e un veleno. È un liquido oleoso dall’odore caratteristico e dall’aspetto incolore, tuttavia nel tempo si ossida e produce impurezze resinose di colore rosso-bruno. Brucia facilmente con fiamma grande e fumosa.

    Dal punto di vista chimico è una base debole. Le ammine aromatiche come l’anilina sono in genere meno basiche delle ammine alifatiche, questo perché il doppietto elettronico dell’atomo di azoto è parzialmente condiviso con l’anello aromatico per risonanza ed è pertanto meno disponibile per essere ceduto a specie chimiche acide.

    L’anilina reagisce con gli acidi forti a dare sali di anilinio C6H5-NH3+ che generalmente per riscaldamento si decompongono liberando ammoniaca; reagisce inoltre con gli alogenuri acilici (come il cloruro di acetile, CH3COCl) o con gli acidi carbossilici in ambiente disidratante a dare le ammidi. Le ammidi dell’anilina sono spesso chiamate anilidi; CH3-CO-NH-C6H5, ad esempio, è l’acetanilide.

    Per reazione con ioduri alchilici, l’anilina forma ammine secondarie e terziarie; per bollitura con solfuro di carbonio dà la solfocarbanilide (difeniltiourea, CS(NHC6H5)2) che può essere decomposta in tiocianato di fenile C6H5CNS e trifenilguanidina C6H5N=C(NHC6H5)2.

    Come il fenolo, anche l’anilina subisce facilmente reazioni di sostituzione elettrofila sull’anello aromatico in posizione para e orto. Per reazione con l’acido solforico a 180°C dà l’acido solfanilico p-NH2-C6H4-SO3H le cui ammidi costituiscono la classe dei farmaci sulfamidici, antibatterici comunemente usati all’inizio del XX secolo.

    L’anilina ed i suoi derivati sostituiti sull’anello aromatico reagiscono facilmente con l’acido nitroso per dare i corrispondenti sali di diazonio; attraverso essi il gruppo -NH2 dell’anilina può essere convertito in altri gruppi funzionali quali -OH, -CN o un alogeno oppure possono venire sintetizzati composti coloranti, detti ‘coloranti diazoici.

    L’anilina viene facilmente ossidata sia sul gruppo -NH2 che sull’anello aromatico; in ambiente alcalino l’ossidazione dell’anilina produce l’azobenzene; con l’acido arsenico si ottiene il colorante viola di anilina, con l’acido cromico viene convertita nel corrispondente chinone, mentre per ossidazione con clorati in presenza di sali metallici (specialmente di vanadio) si ottiene il colorante nero di anilina.
    L’ossidazione con acido cloridrico e clorato di potassio dà il cloranile; l’ossidazione con permanganato di potassio in soluzione neutra la trasforma in nitrobenzene, in soluzione alcalina la ossida a azobenzene, ammoniaca ed acido ossalico, in soluzione acida la trasforma in nero di anilina.
    La reazione con acido ipocloroso dà 4-amminofenolo e 4-ammino-difenilammina.

    Utilizzi

    Il valore commerciale dell’anilina è legato alla sua versatilità come intermedio nelle sintesi chimiche industriali di prodotti quali farmaci, ausiliari e coloranti.

    A partire dal 1858, l’anilina è stata la materia prima impiegata nella produzione di centinaia di sostanze coloranti, tra cui la fucsina, la safranina, l’indaco e molte altre.

    Industrialmente, l’anilina è prodotta per riduzione del nitrobenzene con ferro e acido cloridrico, purificandola successivamente per distillazione in corrente di vapore.

    Storia

    L’anilina fu isolata per la prima volta nel 1826 da Otto Unverdorben per distillazione dei prodotti di decomposizione dell’indaco. Fu inizialmente chiamata cristallina.

    Nel 1834 F. Runge isolò dal catrame una sostanza capace di produrre un’intensa colorazione blu per trattamento con la calce e la battezzò cianolo

    Nel 1841 C. J. Fritzsche diede il nome di anilina all’olio ottenuto per trattamento dell’indaco con potassa caustica. Prese il nome dalla pianta di Indigofera anil, da cui l’indaco viene ricavato. A sua volta, anil deriva dal sanscrito nīla, blu scuro, e nīlā, la pianta dell’indaco. Più o meno nello stesso periodo il chimico russo Nikolaj Nikolaevič Zinin scopri che per riduzione del nitrobenzene si ottiene un composto basico, che chiamò benzidam.

    Fu infine August Wilhelm von Hofmann nel 1855 a dimostrare l’identità di questi preparati, tutti riconducibili ad un’unica sostanza, chiamata quindi anilina o fenilammina.

    La prima produzione su scala industriale dell’anilina fu impiegata come intermedio della sintesi della malvina, un colorante viola scoperto nel 1856 da William Henry Perkin.