L’ascia è uno dei simboli più caratteristici della tradizione iperborea primordiale. Le sue tracce ci riportano alla preistoria: secondo alcuni all’ultima epoca glaciale, secondo altri, al periodo paleolitico, ma, in ogni caso, in base ai vari ritrovamenti preistorici in Europa, si può affermare una notevole diffusione di essa nel nostro continente.
Il tipo più antico di Ascia è la cosiddetta “Ascia Siderale”, fatta di silice o ferro meteoritico, cioè di una sostanza “caduta dal cielo”, che ne determinò l’uso soprattutto per aspetti rituali e sacrali. Tali aspetti sono rintracciabili anche nei graffiti di Fossum in Svezia, risalenti ad una remota antichità, dove appaiono numerose figure che impugnano l’ascia con accanto dei simboli solari.
Propriamente al lato spirituale, i significati dell’ascia siderea si ritrovano nel culto di Thor, figura che appare nel pantheon nordico come difensore sia di Midgard (Recinto di Mezzo) che di Asgard (Recinto degli Asen).
L’arma di Thor è il martello Mijollnir equivalente per la sua conformazione all’ascia bipenne. Entrambe raffigurano la potenza della folgore (che deriva dalla relazione del materiale meteoritico col quale originalmente le scuri venivano costruite) e il simbolismo che riconduce alla tradizione iperborea.
Thor appare anche come un dio marziale a cui i guerrieri nordici rendevano omaggio, convinti altresì che le sue virtù divine, come la potenza e la forza, si trasmettessero a coloro che avessero impugnato l’arma prediletta dalla divinità, a garanzia della stessa presenza divina.
Ma il Mijollnir del rosso Thor aveva anche una funzione sacrale (per benedire il cibo e le bevande) e propiziatoria, in quanto un suo Martello analogo veniva impugnato da colui che celebrava un matrimonio, appoggiandolo sul ventre della sposa. Non ultimo, in mano al dio stesso il Mijollnir manifestava la capacità di ridonare la vita oltre che dare la morte.
L’ascia è stata altresì per lungo tempo simbolo stesso della regalità nordica: re danesi e svedesi lo utilizzavano come segno di potere e come emblema della loro dinastia (la scure appare ad esempio nelle bandiere delle schiere di Sven di Danimarca alla conquista dell’Inghilterra).
In ultimo, sappiamo che la scure fu una delle armi maggiormente preferite dai guerrieri nordici, nonché utensile quotidiano, abilmente usato peraltro anche nella costruzione delle navi vikinghe, che sopperì in modo eccellente la sega, sconosciuta da tali popoli.
Il Simbolismo dell’ascia
di Alberto Lombardo
Questa parola è giunta alla nostra lingua quasi del tutto immutata nel corso dei millennî. Corrisponde infatti al latino ascia, che deriva a sua volta alla forma indoeuropea *aksi/*agwesi, che gli studiosi hanno ricostituito sulla base della comparazione del termine latino con il gotico aqizi, l’antico alto tedesco ackus (tedesco moderno Axt, inglese ax, adze) e il greco axi(on). È necessario precisare, però, che questa è la forma indoeuropea occidentale; è stata ricostruita anche quella orientale, cioè *peleku-, sulla base del raffronto del greco e del sanscrito. Nel simbolismo il pellicano, attraverso un processo assai interessante, è stato assimilato all’ascia per via del suo grande e caratteristico becco.
L’ascia ha un’importanza enorme, per quanto ci testimonia dell’arcaico passato indoeuropeo. Adams e Mallory spiegano che durante il Neolitico le asce in Eurasia erano fatte con selce scheggiata o con altri tipi di pietre lavorabili. Inoltre spesso erano semplici asce piatte, ma in alcune culture neolitiche più tarde iniziarono a comparire perforate, perché vi si potesse inserire il manico. Sono queste a essere definite “asce da battaglia”, “e quando si trovano nelle tombe, come per esempio quelle della cultura della ceramica cordata (in quelle parti dell’Europa del Nord in cui si parla di “cultura dell’ascia da battaglia”), esse sono chiaramente strumenti o armi maschili”. Emblemi, cioè, di una società patriarcale e guerriera, poiché, come ben scrisse Adriano Romualdi, “la cultura nordica non presenta tracce di matriarcato: gli idoli femminili mancano… la salda struttura familiare, tradizioni di caccia e di guerra, attestano una cultura eminentemente virile”. E. Sprockhoff svolse osservazioni estremamente interessanti sull’ascia da guerra nell’antica cultura megalitica, assimilando l’ascia primordiale al dio del Tuono, che in tempi remoti sarebbe stato anche dio del Cielo e del Sole. A tale possente divinità, secondo lo studioso tedesco, “sono consacrate le asce di ambra e di creta, come pure le asce in miniatura. Come la donna germanica dei tempi successivi portava il martello di Thor quale ornamento d’argento appeso a una catenella, così le popolazioni nordiche della più remota età della pietra portavano al collo, quale ornamento, perle d’ambra a forma di ascia bipenne, simbolo del dio del tuono di quei giorni, un dio che oggi è per noi senza nome. L’ascia di guerra diventò semplicemente il simbolo della più alta divinità” (Die nordische Megalithkultur).
L’irruzione dell’ascia da guerra verso il meridione e l’oriente, testimoniata dai ritrovamenti archeologici, ci mostra le fasi della penetrazione indoeuropea, identificabile persino nella spinta estrema dei Cimmeri e dei Tocari: “la concreta testimonianza di questa migrazione”, scrisse Romualdi, “è l’improvviso arrivo in Cina di una quantità di armi occidentali, databili in Europa dal 1100 all’800 a.C., e che non hanno in Asia nessun precedente”. L’ascia è insomma, allo stesso tempo, simbolo del dio celeste supremo e dello spirito creatore dei nostri lontani avi.
Alberto Lombardo
Tratto dal quotidiano La Padania, del 14 ottobre 2001.