Dalle Tempeste d’Acciaio ai Proscritti [Fascicolo 37]

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PREMESSA
Per una certa generazione di uomini, quella che combattè sotto le insegne del Reich tra il 1914 e il 1918, il passaggio dalle tempeste d’acciaio vissute nelle trincee, ad essere proscrittiin patria fu breve, quasi naturale. Non avrebbe potuto essere altrimenti: un’intera generazione di uomini, questa, vinta al fronte ma non nello spirito che, trasfigurata dall’esperienza bellica, decise di non smettere di combattere. Questi soldati dell’onore, segnati dall’esperienza estrema e mistica della guerra, meccanizzata e scientificamente letale, tornati in patria, anzichè deporre le armi, decisero di puntarle contro quello stesso sistema che li aveva dimenticati, uccidendoli due volte: prima nella dignità di uomini al fronte, e poi nell’onore di soldati, poichè non sconfitti sul campo ma, pugnalati alla schiena dal tradimento del fronte interno.

Dopo il 1918 cambiava soltanto il nemico ed il fronte: le malsane trincee erano sostituite dalle stazioni, dalle birrerie e dalle piazze, scelte come nuovo campo di battaglia, ed il nemico non era più il soldato dello schieramento opposto ma, la democrazia di Weimar e le sue istituzioni decadenti ed egualitarie. Questi combattenti, spesso poco più che ragazzi, abbandonate le loro case, le loro famiglie ed i loro affetti, con le loro passioni ed i loro sogni infranti avevano acceso un rogo, dove ardevano le loro speranze, e con il quale avrebbero bruciato le leggi borghesi e democratiche di una Germania che non riconoscevano più, e che non riconosceva più quest’ultimi come figli propri. Figli di nessuno, questi soldati votati ad abbattere il nuovo regime, avevano giurato odio eterno alla loro epoca: materialista e borghese.

Spontaneamente questi combattenti, nazionalisti e rivoluzionari allo stesso tempo, presero a riunirsi nei Freikorps, o in circoli culturali più o meno elitari, ritrovando il clima ed i vecchi compagni del fronte in confraternite cameratesche o in organizzazioni a carattere
politico-esoterico. La Konservative Revolution che nacque da questo vasto, eterogeneo, mondo, fu l’espressione di un’avanguardia dotata di un’insopprimibile esigenza di rinnovamento che, dall’attentato dinamitardo fino alla cura di riviste combattentistiche, prepararono il campo per l’abbattimento della regime democratico, imprudentemente
sorto sulle ceneri dell’onore tedesco sepolto da quel freddo Novembre del 1918.

Un destino comune, al di là delle contingenze, delle incomprensioni o delle diverse vedute politiche, legò uomini come Ernst Junger, Ernst Von Salomon, o Oswald
Spengler, passando per Arthur Moeller Van Den Bruck ed Othmar Spann. Fu quell’innato senso del cameratismo, fondato su di un vincolo di servizio che l’etica spartana e militare
appresa dall’esperienza anzitutto interiore della guerra aveva insegnato loro, a legarli indissolubilmente.

Non fu, pertanto, lo stato o il governo a fare di questi uomini dei proscritti, cioè dei “senza patria”. Questi furono, invece, proscritti per scelta, e non potevano, né volevano, più tornare indietro. Non potendo riconoscersi, infatti, nella Germania di Weimar ma, nemmeno nella decadente Germania guglielmina, vollero preparare la venuta d’uno stato nuovo, fondato sulla mobilitazione totale e permanente, che avrebbe trasformato l’uomo qualunque in un fervente soldato politico votato al sacrificio disinteressato.

L’ascesa al potere del movimento nazional-socialista nel 1933 coinvolse alcuni di questi uomini, escludendone, anche violentemente, altri. Per alcuni, questa fu la realizzazione
dei loro sforzi, per altri, invece, poco più d’una rivoluzione abortita. In ogni caso, per la Germania iniziava una nuova era: quella di Adolf Hitler e del suo Reich millenario.

RAIDO

Autore: Maurizio Rossi

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