a cura del Cuib Femminile
Se non ora, quando la donna deve liberarsi definitivamente dalle catene della società borghese?
Se non ora, quando la donna deve cominciare a riscoprire e a riappropriarsi di se stessa?
Intervista con Edy Minguzzi
Femminismo addio – La donna riscopre se stessa
L’illusione di essere donne, ha portato le femministe ad imboccare una strada senza uscita, al cui termine c’è la distruzione di ogni organico rapporto sociale.
«Il femminismo dopo aver sovvertito i valori spirituali e naturali che reggevano la società tradizionale e che in parte erano già scomparsi sotto la marea di valori effimeri propostici dalla civiltà del progresso e dalla democrazia è destinato a provocare la “Nuova Apocalisse”». Questa è una delle innumerevoli ed interessanti constatazioni emerse dall’intervista che ci ha rilasciato la professoressa Edy Minguzzi, autrice del Libro Femminilità e femminismo. Saggio sulla donna nel mondo della Tradizione, già nota per il precedente Alchimia. Il cammino della potenza, nonché consulente editoriale della casa editrice Mursia e delle edizioni De Agostini.
D. Che cos’è il femminismo?
R. Il femminismo è il frutto ultimo della degenerescenza della società in cui viviamo. Alla donna è venuta meno una finalità trascendente che nella visione tradizionale era il senso e il fine della sua vita: ciò che le è rimasto attualmente non è che un sedimento di imposizioni prive di
significato, perché non più orientate verso una meta superiore.
D. – Il femminismo dobbiamo inquadrarlo nell’ambito della cosiddetta lotta di classe, oppure dobbiamo considerarlo separatamente?
R. – É questo un dilemma che sta alla base di molte incongruenze. Femminismo nella società o contro la società? La risoluzione si avrà con un serio ed approfondito esame del significato della femminilità e del suo rapporto con il femminismo. Direi che senz’altro la lotta femminista, paradossalmente, non si svolge né all’interno né all’esterno della civiltà attuale, perché, come ho detto prima, è il frutto maturo di questa società e contemporaneamente è il seme della sua distruzione.
D. Il giudeo – cristianesimo ha sempre considerato la donna come responsabile del peccato originale; conseguentemente i Padri della Chiesa considerano la donna «cloaca massima» e «chiave del peccato». A suo giudizio, sussiste una responsabilità della Chiesa per l’avvento del
femminismo?
R. – In parte sì, soprattutto perché la Chiesa sostituì all’ideale virile e gerarchico della Romanità Pagana quello femminile ed egualitario, che sfocerà poi nel materialismo.
D. – La donna si è liberata? E, se sì, da che cosa?
R. – Due sono state le direttive dei movimenti femministi: liberazione dal sesso e liberazione del sesso, ma non liberazione per il sesso. Ecco quindi riemergere chiaramente la donna che non si è liberata, anzi è entrata in schiavitù: libero è chi domina una forza, non chi vi rinuncia o chi se ne lascia assoggettare.
D. – Emanciparsi, liberarsi, no alla donna angelo del focolare. Ma ciò da cosa è motivato?
R. Dal fatto che il focolare col suo valore simbolico, è stato sostituito dalla cucina a gas, che di simbolico non ne ha affatto. Giustamente oggi viene respinta la figura di angelo del focolare. Mi spiego: giustamente, perché la dimensione sacrale della vita non esiste più e il focolare, come centro di una presenza spirituale, è scomparso ed oggi l’espressione «angelo del focolare» suona come copertura di attività materiali e degradanti.
D. – Collegata all’immagine della donna angelo del focolare è venuta a porsi l’immagine, veicolata dai massmedia, della donna realizzata grazie al rifiuto del focolare…
R. ma è logico, il movimento femminista ha cercato di sostituire con interessi esterni l’appannarsi delle motivazioni interiori; così la famiglia, che sappiamo essere nucleo primo nelle civiltà tradizionali perché è il canale di trasmissione dei principi e dei valori più alti, viene abbandonata.
Da ciò la donna che lavora, che viene forzatamente equiparata all’uomo…
D. …se ne deduce che il femminismo è ormai ben presente nella società attuale, è radicato e la sua opera sovvertitrice prosegue con successo.
R. – Certo: il mondo oggi è all’insegna del femminile e tende all’indifferenziato. Il femminismo è una della manifestazioni della decadenza.
D. – Abbiamo parlato della famiglia, nucleo primo e fondamentale per la formazione della persona umana. Perché i movimenti femministi l’hanno distrutta?
R. – Perché la famiglia è patriarcale; per questo la stanno disintegrando. Manceaux disse: «Le donne saranno libere quando saranno liberate dalla famiglia». Del resto si sono perse le funzioni di padre e quella di madre.
D. Cosa pensa dell’aborto e della maternità, quest’ultima spesso considerata dalle femministe come atto di sopraffazione?
R. – L’aborto è l’estrema capitolazione, rappresentando la rinuncia della femmina ad incarnare la Forza – Vita, fonte del suo potere; una capitolazione inevitabile, poiché i legami che univano la donna al piano più profondo e archetipo del suo essere sono ormai definitivamente spezzati.
D. – Amore e sesso.
R. … sul problema due sono le alternative: o cerebralizzare o infangare, quando si sia eliminato anche il lato sentimentali stico esaltato dalla società borghese.
Si è arrivati alla commercializzazione della sessualità e si è giunti addirittura a predicare il lesbismo che, nel mio libro ho considerato per vari motivi il punto d’arrivo inevitabile del movimento femminista. Anche il sesso è perduto; l’amore regredisce a livello biologico e diventa frutto di reazioni chimiche, riducendosi ad un asettico gioco di attrazioni molecolari.
D. Concorda con la famosa e discussa affermazione di Cesare Musatti che ha definito le femministe «donne castranti»?
R. Concordo perfettamente con Musatti e rincaro la dose chiamandole «castrate castranti».
D. Come mai le femministe nel loro osceno linguaggio, si rifanno sempre agli organi genitali maschili e mai a quelli femminili?
R. L’evocazione fallica può avere due significati. Primo: riconoscere la supremazia del potere divino del membro virile («Il culto fallico dell’antichità», collana di Studi Pagani, Edizioni Basilico, Genova n.d.r) e quindi conferma della situazione subalterna e devozionale della donna nei confronti dell’uomo. (È forse una vocazione inconscia). Oppure è il segnale indirizzato al maschio della propria disinibizione verso queste faccende, è un dimostrarsi «disponibili». In entrambi i casi il turpiloquio non depone a favore della causa femminista. Infatti l’adottare una terminologia maschile dimostra che la donna si adegua alla cultura fallocratica e non sa proporre una propria cultura alternativa.
D. Delle femministe pentite, che negano quanto hanno fatto finora, cosa ci può dire?
R. Tutto il male possibile.
Il loro atteggiamento attuale attesta l’irresponsabilità con cui hanno intrapreso la loro opera di demolizione e conferma le tesi della conoscenza tradizionale. Distruggendo i valori per cui erano veramente donne, hanno scoperto che a loro non è rimasto proprio nulla.
D. Il suo libro Femminilità e femminismo in che rapporti sta con il fondamentale Metafisica del sesso di Julius Evola?
R. Ne è l’ideale proseguimento. E forse perché scritto da una di loro le donne lo accolgono meglio.
D. Qual è il significato della verginità?
R. Il significato della verginità è questo; attestare la presenza nella donna del potere arcano femminile, nella sua forza sorgiva. Il falso e vano moralismo borghese del secolo scorso ha considerato la verginità come un «valore», che aumenta la quotazione della fanciulla da maritare e così l’integrità fisica, ridicolizzata, è stata consegnata alla furia iconoclasta del materialismo attuale. Il risultato è verginità intesa, letta come handicap di cui bisogna liberarsi per evitare l’emarginazione. Oggigiorno quindi per la donna non vi è più alcuna differenza – come sono giunte ad affermare certe femministe – tra l’imene e le tonsille.
D. Quale sarà la donna del futuro?
R. Se vogliamo uno spiraglio di speranza, lo troveremo nelle donne semplici, genuine, oneste che cercano di riscoprire i valori distrutti dal materialismo. Questo, se si vuole lasciare l’iniziativa alle donne. Ma è l’uomo che deve riscattare nella donna la Donna. Ne concludo quindi che si dovrebbe auspicare il ritorno del vir e di quella virtus (che non coincide con il virtuismo che, secondo Vilfredo Pareto è il contrassegno della civiltà borghese) alla quale la donna si dovrebbe ispirare. Si conclude qui l’incontro con Edy Minguzzi che rispondendo alle nostre domande ha sintetizzato alcune considerazioni svolte ampiamente nel già citato Femminilità e femminismo (editrice Alkaest, Cso Sardegna 50 Genova) opera che viene a colmare una lacuna, opponendosi al modo attuale di considerare la donna e una sua rivalutazione nell’ambito di una concezione del mondo anti egualitaria e gerarchica. Una donna passiva, duttile, custode della vita, conservatrice delle forme; sorta di materia fluida che attende il sigillo del maschio; terra che si solidifica nelle forme. È questa la donna che non piace alle femministe ma che uspichiamo nel futuro.
Tratto dalla rivista Il Dissenso