Al fine di partire col piede giusto [2a parte]

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Ecco a voi la seconda parte dello scritto di Rutilio Sermonti, ricordando a tutti la cena a sostegno di Rutilio che si svolgerà il prossimo 22 Novembre a Roma.

6 – LA DISEDUCAZIONE.
E infine, consideriamo la più grave delle notazioni negative della realtà in cui siamo chiamati ad operare: un aspetto a cui il nemico si è dedicato con diuturno impegno: la degradazione degli uomini, e soprattutto dei giovani. È stata un’infamia ancor più grave della strage degli innocenti operata coi bombardamenti terroristici. Quest’ultima, innanzi tutto, ha fatto un numero di vittime incomparabilmente minore. Poi, ha creato martiri che, non meno degli eroi, giovano a rinsaldare la fede dei superstiti, mentre la fabbrica degli imbecilli non genera che sconforto. E, infine, questa seconda si proietta verso il futuro, creando la maggior difficoltà per chi ambisca a reclutare le nuove legioni.
Un singolare aspetto della questione, sul quale purtroppo non si riflette abbastanza, è che non è neppur pensabile compiere la necessaria opera di risanamento e redenzione con gli stessi metodi e strumenti usati per operare il disastro. Ma su questo torneremo nelle conclusioni.
Quanto all’estrema gravità della situazione attuale, solo i pochissimi che hanno avuto il privilegio di essere giovani agli ordini del Duce sono in grado di apprezzarla “di getto”. Gli altri, praticamente tutti, hanno bisogno che il paragone venga loro fatto con parole (e qualche immagine), e non posso certo farlo in questo breve saggio. In compenso, basta loro guardarsi intorno per avere un’idea diretta dello sfacelo in atto. Una gioventù sempre a caccia di diritti e refrattaria ai doveri, ignara della preziosa regola del “modus in rebus” che primeggiò tra i nostri padri. Una gioventù che, con le parole del Poeta, “libito fè licito in sua legge” e che, più che l’amoralità, pratica la bigottaggine dell’immoralità. Una gioventù, in una parola, che reagisce agli assurdi e alle infamie che la circondano, non combattendole, bensì stordendosi di fracasso o rifugiandosi negli psicofarmaci. Pervasa di un autentico complesso d’inferiorità nei confronti degli stranieri, ma non di quelli veri, ma di quelli “virtuali” propinatile a tutte l’ore dai mass-media. Essa preferisce essere furba che intelligente, ma intanto presta fede a qualsiasi fregnaccia storica o scientifica che gente ignara sia di storia che di scienza voglia appiopparle. E, se possiede una carica combattiva, preferisce impiegarla nel modo stupidamente teppistico e distruttivo, anziché contro i responsabili del proprio degrado.
Il Fascismo intitolò il suo inno “Giovinezza!” Il regime attuale non potrebbe certo scimmiottarlo, senza farsi ridere dietro dall’intero orbe terracqueo.

7 – LE SCINTILLE.
Nel fosco quadro che ci circonda, possiamo anche riscontrare alcuni aspetti positivi.
Uno è dato dai coraggiosi statisti (come un Chavez, come un Ahmadinejad, come un Assad e come -in minor misura- altri) che apertamente sfidano e fronteggiano lo schieramento “atlantico” e la sua globalizzazione. Se li paragoniamo ai loro avversari, essi sono assai meno “potenti”, come armi e come complicità, ma – calcolando che la Clinton e Nethanjahu possono fare ben poco conto su giganti come la Cina, la Russia o il Brasile, sembrano essere ben in grado di tener testa.
L’altro consiste nelle vivaci insofferenze e rivolte popolari (v. Arabi, v. Amerindi del Nord, v. Islandesi), che l’apparato mistificatorio e infiltratorio degli “occidentali” sembra sia impotente a snaturare del tutto.
Ma ve n’è un’altra, di scintilla, che ci ha gradevolmente sorpresi. Ed è la notizia della Cassazione (o come la chiamano) libanese, che ha emesso una sentenza in cui dichiara che le somme recate dai premi di assicurazione restano di proprietà degli assicurati, e quindi le Compagnie assicuratrici (pubbliche o private) ne sono semplici depositarie. Ne consegue che, ove le investano (a proprio vantaggio), le eventuali perdite sono a loro totale carico, e non dell’assicurato. La notizia, non ostante la multimiliardaria portata, è stata accuratamente silenziata, e certamente le compagnie correranno ai ripari con tutti i mezzi leciti e illeciti. Ma ha grande portata sintomatica, perché denunzia che alcuni magistrati coraggiosi si avvicinano all’ordine di idee che fu di Pound e del nostro Auriti. Vi immaginate se una Corte Suprema qualunque dovesse adibirlo nel pronunziare sull’emissione monetaria! Che farebbero, quelli del Britannia : una terza guerra mondiale?
Certo: per quei magistrati la vedo brutta. Ma, in fondo, il mondo musulmano è stato capace di fornire centinaia di kamikaze. Perché non anche in tocco, toga ed ermellino (o paramenti locali equivalenti)?
Taccio quello che direttamente ci riguarda e ci conforta. Cioè che, con tutta la profusione di falsi, di trucchi, di menzogne, di violenze, il sistema usurario è completamente fallito nel suo intento di farci scomparire. Anzi, se da un lato ci ha fatto il favore di liberarci degli elementi deboli e corruttibili (glie li cediamo volentieri !), dobbiamo riconoscere che, non solo in Italia, l’afflusso giovanile e la generica simpatia per la nostra Causa, da vari anni abbia assunto un andamento ascendente, mentre l'”antifascismo” viscerale, sebbene annaffiato e concimato a tutto spiano, si è risecchito fino a ridursi ai sub-umani latrati (a comando) degli stucchevoli “centri sociali”.
Le “tendenze”, però, sono sintomi, ma sono del tutto inutili, a non saperle indirizzare e guidare con mano sicura.
In tale ottica, mi permetto di concludere con qualche esortazione, legittimata da quasi ottant’anni di ininterrotta e fedele militanza.

TIRANDO LE SOMME .
Parlare di Fascismo ?
Sia chiaro che, dal ’45 ad oggi, non abbiamo cambiato idea su nessun punto, in fatto di Fascismo e antifascismo, e quindi siamo orgogliosi di aver indossato la camicia nera e di aver obbedito al Duce. Ma, proprio per continuare a farlo in modo efficace, occorre che ci abituiamo a procedere, non allo scopo di toglierci soddisfazioni morali, ma a quello di estrarre la nazione italiana dalla mollaccia in cui sta imputridendo e di indicare ancora una volta la via al mondo intero. A tutte le domande operative dobbiamo quindi rispondere conformemente a detta finalità. Quanto ai riferimenti al Fascismo, dobbiamo tener presente quanto segue:
Scopo di ogni linguaggio è quello di farsi capire. Si dovrebbe quindi astenersi dall’usare termini che hanno significati diversi, o addirittura opposti, secondo le orecchie che li ascoltano. Quando proprio fosse impossibile, andrebbe chiarito con una circonlocuzione in quale senso li si adopera. È chiaro però che, nel caso di concetti molto complessi e dibattuti (come per il Fascismo), le chiose dovrebbero essere molto più lunghe del discorso. Tanto più quando il nostro dire debba persuadere non i già convinti, ma quelli che non lo sono, la cui ignoranza in fatto di Fascismo tocca vette sublimi, per la diseducazione cui s’è accennato. Vecchia prassi dei servi del Maligno è quella di fabbricarsi un antagonista stolto e brutale, appioppandogli moventi e idee che non si è mai sognato di avere, ma dando per scontato che ciò che intendono demonizzare non consista in altro, e poi ….combattere contro l’odioso fantasma.
Mettere in guardia i camerati contro questa insidia sembrerebbe superfluo, ma evidentemente non lo è, se ci troviamo sovente alle prese con nostri ingenui simpatizzanti che indossano volentieri la maschera repellente confezionata per noi dai nemici, a costo di rendere loro un utile servizio.
Tre regole, in proposito, dobbiamo contemporaneamente porci:
1- Usare la terminologia fascista solo “per uso interno”, e cioè con quelli che hanno idee chiare;
2- Curare assiduamente corsi di formazione e informazione per i nostri giovani;
3- Con gli altri, parlare di contenuti, di cui abbiamo dovizia, senza adibire un linguaggio “anni trenta”, che, essendosi formato in una diversa realtà di fatto, genererebbe oggi soltanto confusione.

Gli istituti fascisti-corporativi.
Ci chiamano “nostalgici”. Ed è un bel po’ ridicolo, dato che nostalgia si può provare per ciò che si è vissuto, e uno dei giovanissimi che hanno vissuto lo Stato fascista, come chi scrive, ha compiuto questa estate novant’anni! Ma non hanno tutti i torti nei confronti dei tanti di noi che non sanno che rimasticare i progressi compiuti allora, dalla legge sindacale 3.4.1926 ai decreti socializzatori del 1944. La pigrizia mentale mal si addice ai rivoluzionari che si rispettino. E, proprio per il precetto del Duce che ho richiamato all’inizio, sarebbe stolto ignorare i gravi cambiamenti delle condizioni italiane e mondiali verificatisi da allora ad oggi.
Quanto detto, tutt’altro che rendere meno importante lo studio e l’approfondimento di tutte le fasi della rivoluzione civile fascista, ne esige la comprensione più profonda. Scimmiottare è facile, ma impadronirsi dello spirito e dei significati non transeunti di una nuova civiltà, al punto da poterli applicare, dopo oltre mezzo secolo, a contesti e a problemi in gran parte inediti, non è possibile senza una grande apertura mentale e un livello di preparazione che meglio potrebbe definirsi iniziazione.
Diffidiamo quindi dei tanti Cacasenno che, dall’alto della loro sapienza imparaticcia, gratificano il Duce e la sua élite di “rivoluzione mancata”, di “compromessi”, di “titubanza” e così via farneticando. Si vergognino, e considerino quello che Egli è stato capace di realizzare, tra lo sbalordimento del mondo intero, in vent’anni! Pensino anche -se ce la fanno- che vent’anni addietro eravamo nel 1991. Che ha realizzato in questo ventennio la Repubblica Democratica? La risposta al generale Cambronne! E hanno la sfacciataggine di tacciare l’altro Ventennio di Male Assoluto!
Urge quindi piantarla di “tifare” per questa o quell'”anima” del Fascismo (io ne conosco una sola) e di cianciare di “ritorno alle origini”, magari addirittura socialiste (!?), mentre tutto ciò che nel Fascismo c’è di rosso è il sangue dei caduti, assassinati proprio dai “compagni”, per cui “uccidere un fascista non è reato”.
Conoscenza del passato ed esatta valutazione del presente sono le uniche garanzie per l’avvenire.

Essere e sembrare.
Prima regola per chi va all’attacco è non esporsi scioccamente alla reazione nemica. Se vi si andasse come nei monumenti e nelle agiografie, nessun assalto avrebbe mai successo. Molto meglio quindi è essere forti e sembrare deboli che essere deboli e sembrare forti. Pare invece che tra i piccoli capi che abbondano anche nel nostro versante prevalga l’opinione che ciò che importa sia fingere di esistere. Se poi si esista davvero sarebbe secondario. Le cosiddette “manifestazioni” sono tutte protese verso quell’obbiettivo: che trenta persone sembrino tremila È addirittura un’arte, no? Nessuno stupore che i risultati siano deludenti e che i più deboli finiscano col propendere per la rinunzia.
Dobbiamo farci un abito mentale della spietatezza, soprattutto verso noi stessi. Ridere delle nostre ridicolaggini prima che lo facciano gli altri. E, soprattutto, essere di esempio, di esempio, di esempio ! Val più un piccolo esempio che un oceano di chiacchiere, perché un popolo è ogni giorno alle prese con disonesti proclamanti la propria onestà, ma ben di rado con esponenti che l’onestà preferiscono praticarla, e perché solo l’esempio è una prova convincente che un diverso “modo di essere” può divenire realtà; non è destinato a rimanere utopia.

Cavalli di battaglia.
Altra elementare regola a cui attenersi in un’offensiva è investire lo schieramento nemico nei punti in cui è più debole e meno fortificato. Ora, essendo quello un furbastro, ricco di espedienti ma povero di sostanza, tali “ventri molli” sovrabbondano, ma, quando cede un settore, anche quelli più muniti vengono travolti. Occorre quindi concentrare gli sforzi dove i “sofi” della sovversione barcollano come ubriachi, con argomenti risibili, al limite della paranoia, e sono tanto stolti e ignoranti da non accorgersene nemmeno.
Per fare qualche esempio: la dottrina dell’evoluzione naturale, a torto denominata Darvinismo, che nessuno scienziato “embedded” è più neppure in grado di enunciare, eppure continua a fare scempio di tutte le concezioni biologiche, sociologiche, politiche, economiche, psicologiche “moderne”. Un’altra è l’eco-criminalità, che sta ormai presentando all’Homo sapiens un conto ben più salato di quello che preoccupava i più pessimisti degli anni 60-70. Un’altra ancora è la nefasta equiparazione dei due sessi, con parallela distruzione delle famiglie e crisi demografica dell’Uomo Bianco. Altro conto salato che la gente comune è restia a pagare è quello delle religioni, soprattutto cristiane. Tutte “battaglie” che possono essere combattute senza il rischio di tirarsi addosso repressioni politiche, anche se capaci di scardinare completamente gli “immortali principi”. Bandiere da consegnare ai nostri giovani, soprattutto studenti e studiosi, a cuor leggero, affinché le impugnino con l’irruenza e l’irriverenza che è stata loro propria nei secoli, senza che una mrs. Clinton, un Netanyahu o magari una Fulvia Zevi possano farsi prendere dalle infantigliole.

Obbedire !
Obbedire non limita la libertà, anzi la esalta, quando diventa disciplina, consapevole della propria necessità. Miserevole sarà la fine di ogni esercito che non sappia obbedire. Meglio, cento volte meglio, obbedire ad ordini imperfetti che cercarsela ognuno per conto proprio, la perfezione, o magari…assemblearmente. Come i soviet dei soldati, nel 17, che non potevano sortire che Brest-Litovsk. Anche a comandare, si impara obbedendo. Certo, anche gli alti gradi debbono avere, al disopra, chi li comanda e li controlla. Certo, comandare dev’essere per loro un dovere e una funzione: non un diritto. Ma tale è una componente essenziale dell’essere come siamo.
Cioè – lo sappiamo noi – fascisti.

Rutilio Sermonti

Tratto da: http://www.heliodromos.it/index.php?option=com_content&view=article&id=152:sermonti