Quando il gruppo si incontra nel punto prefissato prima di uscire dalla città e dirigersi verso le montagne, è ancora buio pesto. Puntuali ci mettiamo in moto in direzione della meta di oggi: Monte Rotondo, in località Castiglione (1150 s.l.m). Dopo un breve viaggio arriviamo alla mulattiera che segna il punto di inizio del percorso, che ci dovrebbe portare sulla cima del monte, a poco meno di 2000 metri, in circa 3 ore; l’escursione di oggi non si prevede troppo impegnativa. Il cielo è grigio, la temperatura è piuttosto alta per essere Gennaio inoltrato, e la scarsità della neve tutt’intorno suggerisce di lasciare in macchina le ciaspole che avevamo portato per l’occasione.
Così ci incamminiamo e seguendo la mulattiera passiamo per le poche case che compongono Castiglione (AQ) e notiamo come porte e finestre siano tutte ermeticamente chiuse, non c’è traccia alcuna degli abitanti e anche la chiesetta che domenica mattina dovrebbe essere luogo di incontro dei paesani, versa in uno stato di semi-abbandono.
Appena superata l’ultima casa del borgo fantasma la strada si biforca. L’itinerario è nuovo, anche per i componenti più esperti della comitiva, e non sembrano esserci molti segni, tuttavia seminascosto nella vegetazione sbuca un cartello che indica a
sinistra il percorso verso la cima. Si decide pertanto di seguire il cartello e in brevissimo tempo entriamo in una faggeta. I segni del CAI che di norma indicano il sentiero agli escursionisti sono completamente assenti e quindi il percorso non si presenta di facile lettura, tant’è che spesso siamo costretti a fermarci a guardare la mappa e a consultare la bussola per indovinare la direzione che dovrebbe condurci fino alla vetta di Monte Rotondo. Gli escursionisti del centro Italia sono abituati alla cronica carenza di segnaletica in montagna, perciò continuiamo senza preoccuparci più di tanto, anzi, la cosa ci stimola a usare il nostro senso di orientamento. Proseguiamo e dopo un’ora circa di cammino ancora non si scorge uno straccio di segnale, e anche l’incerto sentiero che stavamo seguendo sparisce nel bosco. Il dubbio di aver sbagliato strada diventa una certezza!
Se ci fossimo trovati ad altitudini elevate, dove maggiori sono i rischi a cui si può andare incontro quando si sbaglia via, saggezza avrebbe imposto di tornare indietro sui nostri passi, tuttavia data la natura non particolarmente ostile del territorio e delle condizioni meteo, decidiamo sì di cominciare a scendere, ma inventandoci un percorso ad anello per tornare. Così dopo un’altra ora e mezzo di cammino nel bosco, sbuchiamo su un sentiero ben definito e la presenza di un segno giallorosso su una roccia ci fa capire che abbiamo incrociato il sentiero giusto, peccato che oramai siamo quasi tornati al punto di partenza… Infatti poco più avanti, guardando in basso, notiamo il cartello che avevamo seguito all’andata; il cartello era orientato esattamente nella direzione opposta a quella che avremmo dovuto prendere!
Cosa ci può insegnare una giornata apparentemente “storta” come questa? Forse l’insegnamento principale è che bisogna essere sempre pronti ad affrontare il mutevole contesto nel quale quotidianamente siamo immersi senza apriorismi e rigidità mentali. Raggiungere la cima era l’obiettivo di giornata, però a causa di una sfavorevole condizione di contesto non ci siamo riusciti, ma non per questo siamo tornati delusi, anzi, come detto prima è stata l’occasione per esercitarsi con il senso di orientamento, abilità sempre più rara nell’epoca dei sistemi satellitari.
In montagna come nella vita prendere le cose cosi come vengono e non come avremmo voluto che fossero, vivere il presente, essere sempre pronti a cogliere l’attimo e accettare con serenità e con gioia tutto ciò che il destino ci ha portato, senza malcontento, senza ipocrisia ma anzi usare l’intelletto per cercare sempre di volgere a nostro favore le incertezze e avversità della vita.