“Gli evasori non meritano di essere italiani”, “chi evade le tasse è un parassita della società” e via dicendo. Quanti appelli pietisticamente fatti al servizio per la cosa comune, quanti proclami ed elogi al sacrificio per la collettività, ora in terribile dissesto e crisi finanziaria. Ma, ci chiediamo, come può venire agli individui questo slancio di servizio, sacrificio e subordinazione del singolo nei confronti dell’interesse generale, se fondamento della democrazia è l’utilitarismo e il celeberrimo “contratto sociale”? Facciamo un piccolo paragone citato da Evola: si immagini una società per azioni , la quale riproduce proprio una comunità di interessi su pura base contrattualistica, esattamente come l’attuale società in cui viviamo. Ebbene, in una tale società esigere che uno degli azionisti si sacrifichi in una qualunque misura in vista del comune interesse apparirebbe come un assurdo: perché il tutto, il nesso comune ha per fondamento e per unica ragione sufficiente l’interesse individuale utilitario del singolo. Quando in uno Stato, simile alla società per azioni dell’immagine sopra proposta, si fa appello ad un agire secondo un principio diverso dal puro tornaconto individuale, posto alla base e a fondamento della stessa organizzazione, siamo di fronte puramente ad una retorica al servizio del sistema.