La sindrome di Stoccolma è un particolare stato psicologico che induce a provare sentimenti positivi per i propri aguzzini, sino a creare una sorta di alleanza e solidarietà tra vittima e carnefice. Per caso qualcuno trova riferimenti con il mondo moderno? Basta chiedere in giro, anzi, basta ascoltare in giro, cosa ne pensa la gente del mondo di oggi. E non sarà solo il vecchietto nostalgico che ti parla del duce a ritenere di essere continuamente preso in giro dalla politica e dalle istituzioni, ma anche gli uomini e le donne di mezza età, i giovani e i ragazzi. Come può essere possibile, allora, che questo immenso risentimento (nessun sondaggio effettivo, ma orientativamente almeno il 95% delle persone ha qualcosa da ridire sulla situazione odierna) non provochi nemmeno un ripensamento sulla democrazia e le sue manifestazioni? Probabilmente, anzi sicuramente, la gente non è pronta per lottare. Non è pronta per fare nessun tipo di rivoluzione interna, dalla quale poi potrebbe scaturirne una esterna (altrimenti, come le più o meno recenti “rivoluzioni”, si tratterebbe di un altro fuoco di paglia che cambia la forma ma non la sostanza). Sembra un po come il “patto sociale” di Hobbes, un contratto stipulato tra popolo e sovrano in cui l’uomo limita la sua “libertà naturale” in cambio di protezione. Ebbene, sempre tramite contratti (dov’è finita la fiducia?), più o meno visibili, l’uomo moderno rinuncia alla volontà di lottare e, pur riconoscendo di vivere in un ‘mondo di merda’, gli è concesso di lamentarsene ma non di cambiarlo, partendo da sé stesso che di esso ne è parte. E gli sta pure bene.