Evola e Roma, un binomio inscindibile. Eppure Evola viene spesso stigmatizzato come un infatuato del germanesimo e dell’eredità nordica. Come mai viene trascurato spesso il legame di Evola con Roma?
Il riferimento a Roma, negli scritti di Evola è costante soprattutto per quanto concerne la metastoria e l’orientamento etico del civis romanus. Il problema, a mio avviso, non riguarda il rapporto ideale tra Evola e la tradizione romana, quanto il rapporto fra Evola e l’interpretazione politica che di certi aspetti della romanità aveva dato il fascismo (sono ben noti i dissapori fra il nostro e il regime). Per quanto riguarda il “germanesimo”, il riferimento di Evola agli orientamenti ideali delle tradizioni nordiche è chiaramente fondato su una visione globale che vede nei valori comuni della tradizione indoeuropea la fonte prima da cui promanano le varie tradizioni che hanno fatto la “Europa”. A quei valori – per natura metastorici – rimanda Evola per la costruzione di un homo novus in grado di opporsi al disfacimento non solo dell’Europa ma dell’essere umano.
L’importanza di Evola rispetto al messaggio di Roma sta nell’averne riattualizzato il simbolo, al di là dell’apologia neopagana. Puoi indicarci qual è la “romanità viva” che oggi dobbiamo riaffermare?
L’attualità dei riferimenti di Evola a Roma, ed anche al germanesino, va ricercato oltre le contingenze storiche: i valori proposti da Roma, dalla tradizione nordica o indiana, sono i medesimi cui fa riferimento, ad esempio, la tradizione giapponese, o le tradizioni dei popoli amerindi. Si tratta di valori universali immuni dalle trasformazioni etiche indotte dall’incapacità, da parte di alcuni o doi molti, di vivere tali valori e dall’opera di dissoluzione prodotta da sistemi culturali anti-tradizionali. La sfida non sta nel proporre quei valori CONTRO la storia (è questa la tendenza neopagana) ma di innestarli NELLA storia, nel presente. In questo senso, affermare che il Cristianesimo ha distrutto il mondo romano significa negare la perennitas di Roma di cui non l’uomo è garante, ma Dio. Occorre saper vedere, oltre i segni esteriori di decadenza, la presenza vivente, nel depositum fidei, di valori metafisici immuni dal decadere, eterni e immutabili, capaci di trasformare il mondo e la storia. Nel passaggio da una forma tradizionale all’altra, quei valori sussistono. La sfida consiste ne riconoscerli e nell’incarnarli nella propria vita.