(a cura della redazione di Azione Tradizionale)
L’insieme di disegni esposti nella mostra “Mario Sironi e le illustrazioni per il “Popolo D’Italia”, è rimasto chiuso e riservato per molti anni, essendo stato esposto, peraltro parzialmente, solo nel 2002 in una mostra a Sassari e Cagliari.
Un’artista presentato, nell’esposizione allestita nel Casino dei Principi e nel Casino Nobile di Villa Torlonia a Roma. in una veste ancor più coraggiosa, se vogliamo definirla cosi, ovvero: il Sironi “Disegnatore Politico“. Ci sono voluti più di cinquant’anni, per “riabilitare” l’artista, fervente sostenitore delle idee fasciste che, fino all’ultimo rimase fedele alla scelta fatta, aderendo inoltre, alla Repubblica Sociale Italiana. Molto dell’immaginario fascista, infatti, nasce proprio dalle sue invenzioni figurative.
La sua passione politica risulta essere inscindibile da quella artistica ed estetica, tutto rientra in una mossa politica superiore. In esposizione, si trovano un nucleo originale di vignette che l’artista esegui sul Popolo d’Italia (ben 968 illustrazioni furono pubblicate sul giornale). Dal 28 agosto 1921, salvo qualche interruzione, l’artista collaborò fino al 28 ottobre 1942 con la testata fondata da Benito Mussolini, con il quale ebbe sempre un’intesa mai rinnegata.
Le vignette qui esposte sono circa 345 e compongono non solo una parte fondamentale della produzione artistica di Sironi ma, molto probabilmente, anche “la più alta e possente”. Inoltre, narrano attraverso un’ironia pungente e una spietata satira la quotidianità delle vicende politiche del suo tempo. Il significato della maggior parte delle illustrazioni è facilmente comprensibile grazie ad una nota descrittiva atta a spiegare la situazione raffigurata; altre vignette invece, proprio per la mancanza di tale descrizione appaiono di difficile comprensione, poiché estremamente contestualizzate.
L’esposizione si articola in due diversi binari, nel primo si trovano una decina di vignette che esprimono soprattutto il fermo credo del Sironi verso il fascismo e in particolar modo verso la figura di Mussolini, nel secondo binario, le illustrazioni del “Disegnatore Politico”, prendono di mira soggetti esclusivamente politici come i partiti avversari, la vecchia classe governativa liberale, la stampa filo-democratica, le ricche democrazie dell’America, della Francia e dell’Inghilterra e il comunismo russo.
Non può non apparire evidente anche in queste vignette, oltre che nelle opere d’arte murale, per cui è ricordato dalla critica artistica, come il Sironi rifugga la concezione individualista dell’ “arte per l’arte” e del vezzo artistico, per dare ad essa un significato politico, di più, militante. Ciò è esplicitato dallo stesso Sironi nelle parole che seguono, tratte dal Manifesto della pittura murale:
L’artista deve rinunciare a quell’egocentrismo che, ormai, non potrebbe che isterilire il suo spirito, e diventare un artista “militante”, cioè a dire un artista che serve un’idea morale, e subordina la propria individualità all’opera collettiva. Non si vuole propugnare con ciò un anonimato effettivo, che ripugna al temperamento italiano, ma un intimo senso di dedizione all’opera collettiva. Noi crediamo fermamente che l’artista deve ritornare a essere uomo tra gli uomini, come fu nelle epoche della nostra più alta civiltà. Non si vuole propugnare tanto meno un ipotetico accordo sopra un’unica formula d’arte — il che praticamente risulterebbe impossibile — ma una precisa ed espressa volontà dell’artista di liberare l’arte sua dagli elementi soggettivi e arbitrari, e da quella speciosa originalità che è voluta e rinutrita dalla sola vanità.
Ecco allora che la pagina sironiana si popola di personaggi, temi e situazioni che caratterizzano un’epoca. Il partito socialista viene raffigurato da un berretto frigio e chiamato in modo spregiativo “pus”. Mentre Lenin assume la fisionomia “di un tiranno orientale fastoso e crudele”. Da non dimenticare anche la forte tematica antimassonica che nel Sironi trova una chiara volontà di espressione, in questi disegni nulla è lasciato al caso o alla pura allegoria, difatti dove vi si trovino viscidi serpenti o ragni che tessono fitte e labirintiche tele il maestro ha sempre voluto imprimere sulla loro fronte il numero “33”(a simboleggiare i 33 gradi rituali della massoneria e quindi l’appartenenza alla stessa) in modo da non lasciare al pubblico alcun dubbio,in quella scena disegnata per quanto riguarda l’azione compiuta descritta nella stessa,il soggetto è l’organismo massonico.
Senza alcun dubbio, questa mostra rappresenta un’opportunità imperdibile per riscoprire, dopo anni di censura (e qualche mostra volutamente fallimentare), una delle figure di spicco dal punto di vista artistico, e non solo, del Novecento e in particolar modo del periodo fascista; presentato in una veste, fino ad ora inedita.