(tratto da Sopra le rovine)
Per Evola, essenzialità è sinonimo di realismo, “nuovo realismo”, ”nuovo realismo attivo”, “realismo superiore”. La vita nobile poggia sopra una “visione realistica”, cioè una visione che prende in considerazione tutte le dimensioni e i livelli della realtà, senza trascurare, ovviamente, la dimensione più decisiva che è quello spirituale e trascendente. Niente sogni o fantasie irreali, niente immaginazioni chimeriche, non illudersi con sentimentalismi di sognatore che deformano la realtà, freddezza intellettuale, rigore nel giudicare e nel discernere. Per poter portare avanti l’opera di restaurazione tradizionale oggi necessaria, che ha come nucleo e base il restauro dello stile nobile e ario, bisogna partire da un “esigenza realistica”, diretta verso l’alto, non verso il basso ( che è come solito si intende il “realismo”, identificando la realtà, in modo riduzionistico, con le sue manifestazioni più grossolane, materiali e psichiche).
Soltanto cosi sarà possibile lottare con esito contro lo spirito borghese oggi dominante e superare tutte le piaghe. Come simbolo di questo realismo superiore, attivo ed eroico, Evola sceglie la torre, che diede appunto nome alla rivista da lui fondata, insieme a Guido De Giorgio, negli anni trenta. Nella rivista La Torre, questo nome – ci ricorda nel Cammino del Cinabro – non alludeva ad un luogo di rifugio o di evasione, ma era stato scelto come emblema di resistenza, di combattimento e di realismo superiore. Il realismo ci chiede di misurare le nostre forze e misurare anche le forze altrui e le forze dell’ambiente, senza dimenticare di misurare bene in modo speciale la nostra vocazione, che è la nostra più potente forza.