“Il sistema”: ritorna su Raiuno il “fascista” che piace alle intellighenzie di regime

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(a cura della redazione di AT.com)

di Paolo G.

Qualche giorno fa ha fatto il suo debutto su Raiuno la miniserie “Il sistema”, evidentemente ispirata alle vicende di “Mafia capitale”, sotto la regia di Carmine Elia.

La fiction narra la vicenda del maggiore della GdF Alessandro Luce, che, dopo la morte del fratello Raoul, scopre l’esistenza di un potente gruppo criminale e decide, con l’aiuto del suo reparto scelto, di infiltrarsi all’interno della struttura criminosa per arrivare al cd. “Sistemista”, uno degli uomini più ricercati al mondo. Insomma, niente di particolarmente nuovo sotto il sole. Non manca neppure la figura del solito avvocato “intrallazzatore”, Guido Alcamo, ammanicato con l’associazione criminale.

E allora? Beh, a prescindere da qualunque giudizio tecnico o di merito su questo genere di “prodotti”, come si chiamano oggi, dopo un po’, all’interno della sonnolenta trama, ecco emergere all’improvviso una figura inconfondibile, che scuote gli animi assopiti e marchia in modo indelebile l’intera serie … eccolo, eccolo! Ancora una volta riappare sulla scena, televisiva o cinematografica che sia, la “mitologica” figura del  “fascista”, su cui già ci eravamo soffermati parlando ad esempio del film “Suburra” qualche mese fa.

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Ormai è un classico della filmografia e della cinematografia contemporanea, soprattutto dai nostri, italioti, “sinistri” lidi … eccolo  riemergere prepotente in tutta la sua falsa, perversa, strumentale dimensione: la figura del caro “fascista”, rozzo e acefalo, essere inferiore, sub-umano (in quanto portatore di una sub-cultura) dedito alla brutalità fisica e munito di pochi neuroni, perciò incapace di un elaborare un pensiero compiuto e di sviluppare una sana visione moderna e progressista della vita; reazionario per antonomasia, provocatore, ostile, dileggiatore di professione, cupo, introverso, delinquente, gorilla sessista, omofobo, razzista e xenofobo (è sempre bene accoppiare i due termini, fa più effetto), ricettacolo di tutti i mali e di tutte le peggiori perversioni.

Commentando il film “Suburra” la Redazione di AT parlò in modo efficacissimo di “atavico spauracchio dell’antifascismo di regime, quello ammantato di cultura impegnata: il fascista, questa figura mitica che deve catalizzare tutte le caratteristiche peggiore dell’uomo. Il politico che nella pellicola (Favino), dopo una notte di coca e troie, con la celtica al collo, piscia dal balcone su una Roma “stuprata”: questo è il ‘fascista’, nell’anno 2015, per il compagno”.

E così, ne “Il sistema”, un tristissimo individuo, il classico manovale al servizio della delinquenza organizzata, che per una sorta di presa in giro, troppo strana per essere una coincidenza, è soprannominato “il Rosso”, appare sulla scena alla guida della sua auto: l’inquadratura mostra all’improvviso in primo piano un fascio littorio che dondola soavemente dallo specchietto retrovisore interno della macchina. Poi, ecco comparire il “Rosso”, che riceve una telefonata dall’avvocato Alcamo, al quale dice che tutti gli affari stanno procedendo bene, senza intoppi di alcun genere: “l’amico continuerà a fare quello che deve fare”, dice spavaldo. “Sicuro?” Chiede l’avvocato. E “Rosso”, sicurissimo, ribatte: “sicuro, sicuro … sicuro come la fede mia!”. Qual è  questa fede? La Roma? La Lazio? Il Che Guevara? Mao? Macché … ovviamente, è il Duce! E la telecamera inquadra una spilla con l’effige di Mussolini posta sul cruscotto, circondata dal motto “Se avanzo seguitemi – Opera Balilla”, pezzo peraltro noto ed apprezzato in ambito antiquario, su cui il Rosso batte un colpo di soddisfazione con la mano. Perfettamente riuscita, dunque, ancora una volta, l’equazione “delinquente = fascista”.

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Qualche minuto dopo, rivediamo il mitico Rosso con un paio di suoi scagnozzetti (tutti vestiti di nero) impegnati nella gloriosa missione preannunciata al telefono: devono fare sì che “l’amico” continui a fare ciò che deve fare. Chi è quest’amico? E’ un tal “Setola”, cioè Oreste, amico di Alessandro, che aveva prestato in circostanze misteriose del denaro a Raoul. In una scena patetica e ridicola da filmetto di quart’ordine, il Rosso ed i suoi ricattano e minacciano Oreste a casa sua, per costringerlo a non uscire dal giro, con tanto di moglie seminuda che viene presa e strattonata dai tre sotto lo sguardo piagnucolante del marito, tra ceffoni, tirate di capelli, palpeggiamenti, spintoni, finché, dopo che Oreste in lacrime rinuncia ai suoi propositi, il Rosso declama la sua poesia finale. Prima, rivolto alla donna, esclama: “E va’ a fa’ stì caffè e non ce rompe er cazzo” e poi, rivolto al Setola: “c’ha un ber culo la signora … cò rispetto, eh …”. Il rogo dell’automobile di Oreste completa la tristissima scenetta.

La vicenda della serie prosegue, con nuove, meravigliose performances del “fascista” “Il Rosso”, e proseguirà nelle prossime (imperdibili) puntate. Ma abbiamo già visto (e sopportato abbastanza). Un’altra grande pagina di televisione e di verità, di storia e di cultura. Coi “fascisti” in grande spolvero, come sempre. Ottimo. Complimenti.

Vergogna.