Da Bologna a Ustica, da piazza Fontana a via d’Amelio: potenzialmente, parliamo di centinaia di anni di carcere da comminare a chi ha sviato la verità sulle pagine più buie della storia d’Italia e stragi annesse. Ma, davvero, questa legge troverà applicazione?
E visto che questo progetto di legge prevederà pena massima a chi accusa degli innocenti, chi pagherà per il mare di fango che ha travolto il nostro Ambiente politico ed umano con centinaia di camerati ingiustamente detenuti, processati ed accusati a vario titolo?
(www.repubblica.it) – Ci sono questioni giuridiche che incarnano la storia del nostro Paese, dando voce alle legittime richieste dei cittadini.
Riforme del codice penale che – oltre a cercare di reprimere crimini e punire i colpevoli – hanno “un profondo senso sociale e politico”. E di sicuro questo è il caso del reato di depistaggio, il grande assente nei processi che hanno segnato la vita della Repubblica. Da Bologna a Ustica, da piazza Fontana a via d’Amelio, le pagine più sanguinose del nostro passato sono scandite da trame in cui a coprire la verità sono stati uomini dello Stato, in servizio o ex, uniti da interessi inconfessabili, che hanno mentito, alterato prove, protetto terroristi con la quasi certezza dell’impunità. Adesso tutto questo potrebbe finire. O almeno così si spera.
Oggi la Commissione giustizia del Senato approverà – salvo sorprese dell’ultima ora – il testo del nuovo reato di depistaggio. Uno strumento molto potente, che introduce un deterrente forte contro chi sbarra la strada alle inchieste. Finora infatti si rischiavano pene minime, quasi sempre cancellate dalla prescrizione che smacchiava persino le carriere dei mentitori. Quando entreranno in vigore le nuove regole, i pubblici ufficiali infedeli si troveranno a fare i conti con condanne che vanno da sei a dodici anni di carcere: la prospettiva di venire salvati dalla prescrizione diventerà remota.
Ancora più dura sarà la sorte di chi deliberatamente incolpa innocenti. Per una persona ingiustamente condannata all’ergastolo, potrà esserci una pena da sei a venti anni di cella. È, per esempio, la situazione delle indagini sull’autobomba che nel luglio 1992 ha massacrato Paolo Borsellino e la sua scorta, indirizzate verso colpevoli artificiali. C’è di più: con il nuovo reato sarà possibile realizzare intercettazioni telefoniche e ambientali, per smascherare i burattinai dei falsi. Insomma, una vera rivoluzione. Che però fatica a imporsi.
Le regole sono state approvate dalla Camera quasi due anni fa. Ma hanno raggiunto lentamente Palazzo Madama dove Felice Casson è riuscito a concludere l’iter in Commissione in tre settimane: come senatore ha messo a punto quelle norme che venti anni fa come magistrato gli avrebbero permesso di punire registi e comparse che hanno coperto alcuni degli episodi più cruenti della strategia della tensione.
Casson è convinto che al Senato i tempi saranno brevi: il testo ha assorbito gli emendamenti presentati dagli esponenti dei vari partiti e c’è una “ampia collaborazione”. Il presidente Pietro Grasso ha più volte sostenuto che l’approvazione è “una priorità” e lo stesso ha detto il governo, attraverso il sottosegretario di Palazzo Chigi Claudio De Vincenti. Ma poi il provvedimento dovrà tornare alla Camera ed è difficile fare previsioni sul varo definitivo. “Non è ancora scontato perché quando si mette mano a una materia così delicata gli interessi sono trasversali”, riconosce Casson: “I depistaggi sono stati realizzati da gangli vitali dello Stato che questa regola punirà, sanzionando in modo severo le interferenze dei pubblici ufficiali. Si introduce un deterrente forte, che accoglie le istanze della società e della politica sul disvalore di questi comportamenti “.
Già, ma le resistenze restano intense. Nel settembre 2014 a Montecitorio il partito di Angelino Alfano ha votato contro; esponenti di Forza Italia hanno parlato di “provvedimento liberticida voluto dal partito delle procure”. Un anno fa, alle celebrazioni dell’anniversario della strage di Bologna, il presidente Sergio Mattarella ha scritto ai familiari delle vittime: “Su quella tragica vicenda permangono però ancora angoli bui, specie per quanto riguarda mandanti ed eventuali complici. L’auspicio è che la verità
possa emergere nella sua interezza: la vostra battaglia che riguarda anche l’introduzione del reato di depistaggio costituisce un’importante risorsa “. Il presidente sa di cosa parla: anche le indagini sul delitto del fratello Piersanti furono segnate dai depistaggi.