Sabato 4 Giugno si è tenuto a Roma il convegno “Imam Khomeini, tra spiritualità e politica rivoluzionaria”, organizzato dal Centro Studi Internazionale Dimore della Sapienza.
Ha aperto le danze Giuseppe Aiello, titolare di Irfan Edizioni e vice-presidente del Centro Studi Internazionale Dimore della Sapienza, con una introduzione biografica che ha toccato tutti i punti della vita dell’Imam Khomeini: dall’assassinio del padre, quando Ruhollah (“spirito di Dio”) aveva solo sei mesi, alla formazione teoretica e pratica gnostica, fino all’impegno politico contro il fantoccio Reza Pahlavi, che, dopo la rivolta del 15 di Khordad nel 1963, lo portò all’esilio, che lo vide sbattuto dalla Turchia all’Iraq, fino alla Francia. Khomeini potè riabbracciare la patria solo nel 1979, dove fu accolto da eroe il 1 Febbraio. L’obiettivo di Aiello è stato senz’altro quello di fare chiarezza sul una figura quasi del tutto ignorata in Occidente. L’unica biografia italiana risulta essere, infatti, “Il racconto del risveglio”. La proiezione delle immagini della vita dell’Imam ha accompagnato le riflessioni. Quello che emerge dalla vita di Khomeini è certamente la preminenza cronologica e ontologica della formazione spirituale su quella politica. Il messaggio fondamentale, ribadito anche in occasione della guerra del sangue contro l’oro che vide l’Iran in piedi contro l’Iraq, appoggiato dalle potenze occidentali e saudite (come vedete, la storia si ripete…) è quello della Vittoria spirituale (Grande Guerra Santa) oltre gli esiti contingenti della battaglia materiale che si conduce (Piccola Guerra Santa), incuranti di vittoria e sconfitta.
Proprio questo “retroterra spirituale” dell’azione politica è stato oggetto dell’intervento del Direttore del Dipartimento di Studi storici del Centro Studi Internazionale Dimore della Sapienza, Paolo Rada. Lo “sfondo” in questione è quello dell’Islam sciita, fondato sull’interpretazione: ogni versetto del Corano ha due gradi di lettura, e necessita dell’interpretazione da parte degli Imam.
Rada ha insistito sulla formazione di Khomeini, seguace degli insegnamenti di Ibn Arabi e di Abdallah Ansari (due maestri sunniti, a dimostrare la volontà di rifarsi ad una eredità spirituale unica, oltre gli esclusivismi, senza per questo scadere né in sincretismi né in letteralismi) che fino ai 45 anni non si occupò di politica. Il suo primo scritto di politica fu infatti la risposta ad un libello dello scià Reza Pahlavi (nel 1944!), che attribuiva al radicamento dell’Islam nella società la causa dell’arretratezza dell’Iran. Il lascito di Khomeini è senz’altro questo: prima di qualsiasi attività esteriore, è necessaria una purificazione spirituale. Altrimenti ogni azione non è che vana agitazione.
Dopo gli interventi del direttore dell’istituto culturale della Repubblica Islamica dell’Iran, Akhbar Ghoti, che ha inquadrato Khomeini nella storia contemporanea dell’Iran, e di Adolfo Morganti dell’Associazione Culturale Identità Europea, che ha sottolineato l’importanza che la rivoluzione iraniana ha rappresentato per una generazione di giovani europei, il moderatore, Ali Reza Jajali, presidente del Centro Studi Internazionale Dimore della Sapienza, ha passato il microfono a Claudio Mutti, direttore della rivista di studi geopolitici Eurasia, la cui relazione si è incentrata sulle lettere di Khomeini al Papa e a Gorbacev.
La lettera a Giovanni Paolo II, del 10/11/1979, in piena “crisi degli ostaggi” nell’ambasciata americana a Teheran, è una risposta alle esortazioni del Pontefice di rilasciare gli ostaggi. Khomeini afferma di rispondere solo per rispetto al popolo di Cristo, da cui si aspettava almeno una “parola di conforto”, laddove la gerarchie ecclesiastiche stavano, invece, perseguendo politiche filo-americane. Le esortazioni di Khomeini sono forti: voi che siete il Papa, fate quello che farebbe Cristo. Scagliatevi contro Carter, come farebbe Gesù.
Forse ancor più interessante la lettera a Gorbacev, esortato a far studiare i maestri sufi alla sua intellighenzia, per salvare la Russia dal materialismo che, come ha spiegato Mutti, non poteva, secondo Khomeini, dare quelle risposte alla crisi dell’uomo moderno, dovuta proprio alla perdita della sua spiritualità. L’intervento di Claudio Mutti si è chiuso con la speranza che la Nuova Russia di Putin, che, non a caso, ha recentemente costruito la moschea più grande d’Europa, sappia accogliere il messaggio universale dell’Imam.
Messaggio che nell’Iran di oggi, sotto il costante attacco delle potenze atlantiche, è portato avanti dalla maestosa figura dell’Imam Khamenei, ha sottolineato l’Hujjatulislam A.Emami nell’intervento conclusivo del convegno, precedente al dibattito finale, cui ha partecipato anche Pietrangelo Buttafuoco, sopraggiunto durante il convegno.
Una iniziativa, questa del Centro Studi Internazionale Dimore della Sapienza, che ha visto la collaborazione di altri enti estranei al mondo islamico, come l’ass. Identità Europea, e la Libreria Raido, presente con un banchetto. Questa sinergia fa ben sperare per il futuro, nel solco del messaggio dell’Imam Khomeini: diverse realtà con un riferimento spirituale comune, che marciano verso la stessa direzione.
In alto i cuori!