Tutto fa brodo (per screditare la Palestina!)

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abu-mazen-palestinaHanno scoperto l’acqua calda. Che i palestinesi fossero in contatto (e finanziati) dall’Urss era cosa stra-nota. Ma forse adesso vale la pena screditare la controparte, visto il nuovo round di negoziati sul Medio oriente? Che tempismo!

(www.repubblica.it) -Israele, “Abu Mazen era un agente del Kgb”. Al Fatah: “Assurdo”.
Polemiche per la rivelazione di una tv sul capo dell’Anp alla vigilia di iniziative diplomatiche per il processo di pace.

L’ultima rivelazione dei tanti misteri del Medio Oriente riguarda il presidente palestinese Abu Mazen sempre nel mirino dei media israeliani, che cercano di indebolirne la credibilità, specie quando si è al debutto di una nuova iniziativa diplomatica per cercare di far ripartire il processo di pace impantanato da quasi un decennio. Lo “scoop” – Abu Mazen era una talpa del KGB negli anni Ottanta – l’ha fatto la tv israeliana Channel 1 che ha mandato in onda un servizio su due ricercatori israeliani, Gideon Remez ed Isabella Ganor, che hanno esaminato documenti provenienti dal celebre Archivio Mitrokhin dell’Università di Cambridge, aperti al pubblico di recente. Si tratta di un’imponente documentazione portata in Occidente nel 1992 dall’ex archivista del Kgb Vasili Mitrokhin –  a cui negli anni passati hanno attinto anche i politici italiani e che portò alla creazione di una Commissione parlamentare che ne analizzò i contenuti – che ha rivelato la presenza di centinaia di spie russe nei cinque continenti.

“C’è molta documentazione sulle attività dei sovietici in Medio Oriente negli anni Sessanta e Settanta”, hanno raccontato i due ricercatori e in queste carte c’è scritto che Abu Mazen frequentò l’Università di Mosca all’inizio degli anni Ottanta, e questo è certo visto conseguì un dottorato in Storia. Ma nel 1983, sostengono Remez e Ganor, il Kgb lo definisce nelle sue carte “agente” (e non semplice informatore), con base a Damasco. Il suo nome in codice era “Krotov”: una derivazione, secondo l’emittente, di “Krot”, talpa. In quell’anno – ha notato la tv israeliana Channel 1 – l’ambasciatore russo a Damasco era Mikhail Bogdanov. Si tratta dell’emissario di Vladimir Putin impegnato in questi giorni in una spola fra Gerusalemme e Ramallah per organizzare a Mosca un summit fra il presidente palestinese Abu Mazen ed il premier israeliano Benjamin Netanyahu.

Nell’archivio di Mitrokhin, Remez e Ganor non hanno trovato su Abu Mazen documenti posteriori al 1983. Ignorano dunque quali possano essere stati i suoi rapporti con il Kgb dopo quella data.
“Un’assurdità”, la bolla subito Nabil Abu Rudeina, portavoce del presidente dell’Anp. Al telefono da Ramallah Mohammed al-Madani, membro di peso del Comitato centrale del Fatah spiega a “Repubblica” che questo “è l’ennesimo tentativo di diffamare Abu Mazen”. Secondo al-Madani, il rapporto tra l’Unione Sovietica e l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina è iniziato alla fine del 1960, quando Yasser Arafat ha visitato Mosca. L’Unione Sovietica da allora ha iniziato a fornire armi ai palestinesi e Abu Mazen, come membro del comitato esecutivo dell’OLP, era il collegamento con i russi, visto che ne parla anche la lingua. Quindi, secondo al-Madani, “Abu Mazen non aveva bisogno di un canale segreto con i russi visto che era anche capo della Fondazione di amicizia sovietico-palestinese”, incarico che lo portava comunque ad essere in contatto con il Cremlino, il Ministero degli Esteri e gli apparati di sicurezza, compreso l’onnipotente Kgb.