Addio carbonara, mangia gli insetti!

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insetti-ciboNon amiamo i “ve l’avevamo detto”, ma un anno fa, in occasione della chiusura di Expo avevamo segnalato ai nostri lettori con sospetto l’apertura agli insetti come cibo del futuro. In questi giorni, in Senato si parla di togliere i divieti di allevamento, commercio e consumo di insetti.
Ciò che oggi sembra, specie per noi italiani – abituati, senz’altro, bene sul fronte alimentare – assurdo, potrebbe diventare presto realtà quotidiana. Ma, in fondo, se siamo ciò che mangiamo, quale miglior cibo per un’umanità invertebrata come quella di questa fine di ciclo, se non dei viscidi insetti?!

(www.enzopennetta.it) – di Federico Cenci. 26/11/16 – Non più solo pasta, carne, pesce e verdura. In futuro sarà possibile ordinare al ristorante anche cavallette, scarafaggi, scorpioni, formiche.

Nella Commissione Agricoltura del Senato italiano si sta discutendo la possibilità di togliere i veti attualmente in essere per ristoranti e supermercati. Di recente è stata approvata dal Parlamento europeo una risoluzione che lascia liberi gli Stati membri di istituire elenchi di specie di insetti che possono essere consumate nonché di definire un quadro per l’allevamento e la produzione. Libertà che esistono già oggi in Olanda, Belgio e Francia, dove è lecita la commercializzazione di alcune specie a uso alimentare.

La nostra società si configura sempre più come una sorta di immenso paese dei balocchi in cui i desideri assurgono a diritti e diventano misura inviolabile del legiferare.

Non bisogna mai dimenticare, tuttavia, che sovente i nostri desideri sono volutamente indotti. D’altronde il consumismo si alimenta di sempre nuove frontiere culturali da valicare. Ed allorquando se ne registra il loro termine naturale, se ne debbono creare di nuove artificialmente.

Un secolo fa il noto pubblicitario Edward Bernarys, pioniere della manipolazione delle masse, affermava con cognizione di causa: “Noi siamo dominati, la nostra mente plasmata, i nostri gusti formati, le nostre idee suggerite, da gente di cui non abbiamo mai sentito parlare”.

Più di recente Joseph Overton, vice-presidente della Mackinac Center for Public Policy, un think-tank che si occupa di libero mercato, ha elaborato un modello di ingegneria sociale che prende il nome di “Finestra di Overton”.

Precisamente si tratta di uno schema che descrive come un’idea o un fatto sociale, attraverso un’abile strategia di comunicazione, possano gradatamente affrancarsi dall’originaria collocazione nell’alveo dell’intollerabile per diventare dati socialmente accettati ed essere dopodiché legalizzati.

Lo schema è composto da sei fasi. Nella prima fase l’idea è considerata appunto assurda, indecente, inammissibile e talvolta vietata da apposite leggi. Nello stadio successivo campagne ad hoc assumono il compito di alleggerire l’opinione pubblica offrendo esempi tali da suggerire che possono esistere delle eccezioni (magari ad altre latitudini rispetto alle nostre o in ambienti di nicchia).

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Il persistere di queste campagne porta alla terza fase, nella quale si spinge l’opinione pubblica, benché non sia ancora pronta ad assorbirla e praticarla, a ritenere accettabile una determinata idea. Fondamentale è allora il ruolo svolto nella quarta fase, nella quale si prova ad avvolgere l’idea in una veste razionale imbastendo dibattiti in cui gioca un ruolo necessario la categoria degli esperti. Meglio ancora se ad assisterli intervenga qualche personaggio pubblico, stella del cinema o della musica, capace di far presa in modo immediato.

Penetrato il muro della diffidenza, l’idea diventa socialmente accettabile ed inizia a diffondersi. È questo il momento in cui si può avanzare la richiesta della legalizzazione, il cui diniego da parte della politica costituirebbe un grave impedimento di un diritto civile. E quei pochi che dovessero rimanere immuni a queste campagne mediatiche mantenendo la propria resistenza a tale idea? Per loro si preparano gogne pubbliche, la cui tagliente lama è arrotata da termini degni della neo-lingua orwelliana coniati apposta per definire simili reticenti.

Ebbene, ho l’impressione che l’insetto come prodotto alimentare stia oggi avanzando mediante gli ingranaggi della “finestra di Overton”. Nel 2011 un caro amico, acuto osservatore, mi segnalò che in un paio di documentari aveva notato come si volesse veicolare l’idea per cui in situazioni di necessità – ad esempio durante escursioni in alta montagna ove può essere ingombrante riempirsi di provviste alimentari – mangiare insetti (che sono proteici, saporiti e occupano poco spazio) possa rappresentare un’utile soluzione.

Ritenni quello del mio amico un tipico caso in cui la fantasia supera l’intuizione. Col tempo mi sono però convinto che mi sbagliavo. Lui aveva avuto la capacità di individuare perfettamente il lavoro svolto sottostraccia dai manipolatori delle masse per affrancare un costume ritenuto inaccettabile.

Ne ho avuto prova l’anno scorso, quando ho appreso che alla tanto pubblicizzata Expo di Milano si poteva partecipare alla “prima degustazione italiana di insetti”. Significativo che ad organizzarla sia stata Coop Italia, che evidentemente inizia a persuadere i consumatori in attesa che questa nuova frontiera del mercato riceva l’imprimatur della legalizzazione.

Se ai nostri nonni avessero proposto una simile bizza, sarebbero sobbalzati per il disgusto (e forse avrebbero pure reagito con una scappellotto sulla nuca). Ai loro tempi si era ancora nella fase uno della “finestra di Overton” applicata agli insetti commestibili. Una fase di intolleranza che è rimasta intatta in oltre due millenni di storia della nostra civiltà, ampiamente protetta da una cultura alimentare che è uno straordinario patrimonio.

Oggi ci troviamo invece in uno stadio avanzato di quello schema comunicativo, in cui l’opinione pubblica si trova nella morsa persuasiva di grandi manifestazioni istituzionali, tv e finanche editoria (leggo che ieri è uscito in Italia un libro su come cucinare gli insetti). È sempre più diffuso confrontarsi con persone che appaiono tutt’altro che ostili all’idea che sugli scaffali dei supermercati o nei menù dei ristoranti potremo presto o tardi trovare cavallette, scarafaggi, scorpioni, formiche. Un domani l’indice di costoro verrà puntato verso chi non avrà abbandonato il suo scudo di repulsione, e verrà tacciato magari di entomofobia (éntomos in greco significa insetto).

Il terreno culturale è stato dunque fertilizzato dal concime mediatico, non resta che attendere che anche la legge si adegui per assecondare questa nuova frontiera del libero mercato globale. Sul cui altare – è bene chiarirlo – si sacrificano tradizioni, identità e anche (parere personale) il buongusto.