a cura della Comunità Militante Furor
“Nel momento in cui avviene l’arresto cardiaco e i medici dichiarano la morte legale, intervengono i tecnici che, attraverso un apparecchiatura, ripristinano meccanicamente la ventilazione ai polmoni e l’afflusso di sangue al cervello. Nei minuti successivi vengono somministrate particolari sostanze che serviranno a ridurre nel tempo danni quali ischemie e ulcere gastriche.”

Questa è la prima fase del processo di ibernazione umana, raccontata dalla redazione scientifica di Panorama[1], che spiega come oggi, nel 2016, sia possibile “gabbare” la morte biologica e sperare che, con l’avvento di nuove tecnologie, si possa, un domani, risorgere. Ma continuiamo a seguire questa agghiacciante serie di attività che portano all’ibernazione.
“Il cadavere viene quindi trasferito nella sede di Alcor a Scottsdale, in Arizona, dove viene sottoposto ad altri passaggi. Due piccoli fori vengono creati nel cranio per introdurre delle sonde attraverso cui gli esperti valutano la risposta del cervello ai vari trattamenti. A questo punto viene iniettata in endovena la soluzione “crioprotettiva” indispensabile ad evitare che congelino tutti i tessuti. Dopo la somministrazione della soluzione, il corpo immerso nell’azoto liquido viene portato a una temperatura di -125 gradi centigradi e, dopo tre ore, alla temperatura definitiva di -196 gradi. Il corpo è ora pronto per la conservazione a lungo termine.”
E così ci siamo liberati anche di quest’altro impiccio: la morte biologica. Basterà che il nostro corpo passi per le fredde mani mocciolose di qualche tecnico che ha imparato a memoria i movimenti, meccanici e ripetitivi, per mantenere il nostro corpo in vita o, comunque, in buone condizioni per il momento in cui, grazie al progresso tecnico, potremo risorgere, letteralmente. Se, dopo la Resurrezione, Gesù appare agli apostoli, noi saremo in grado di palesarci immediatamente, con movenze lente e macchinose dovute al lento scongelamento, in un enorme centro acquisti (a questo servono le scale mobili), o ad un “apericena” organizzato da persone che, tra le altre cose, ci stanno anche un po’ sulle scatole.

La società contemporanea rifiuta completamente il concetto di morte. Il nostro corpo, aggrappato con gli artigli ai continui piaceri materiali, ha dimenticato che, un giorno o l’altro, dovrà spegnersi per tornare polvere. Non vivendo più in sintonia con la natura, l’uomo moderno, non avverte il susseguirsi ciclico delle stagioni e degli anni, ma vive, illusoriamente, un tempo piatto potenzialmente infinito. Non osserva più il seme che diventa pianta e muore per tornare ad essere un seme. Così la morte biologica è solo un ostacolo tra noi e la continuazione di quel tempo piatto, materiale e monotono.
Questi sono i chiari sintomi delle costante solidificazione del mondo dovuta al segno dei tempi che ci vede ormai nella fase finale di un ciclo dell’umanità terrestre. L’uomo non aspira più all’alto, ma è alla continua ricerca della conquista definitiva del mondo terreno, puntando inevitabilmente verso il basso.
Se Iliade e Odissea ci restituiscono le gesta di uomini alla ricerca di una morte eroica che possa, però, salvare il loro spirito in eterno, ritornano, prepotentemente, alla nostra mente le domande di Yukio Mishima prima del suicidio: “È bene avere così cara la vita da lasciare morire lo spirito? Che esercito è mai questo che non ha valori più nobili della vita? Ora testimonieremo l’esistenza di un valore superiore all’attaccamento alla vita”.
In uno dei suoi radiodrammi del 1957, lo scrittore svizzero Durrenmatt, mette in scena un dialogo tra un uomo e la morte. L’uomo, disperato perché sa essere arrivata la sua ora, chiede se sia possibile sfuggire da questa incombenza, la morte risponde: “Il suo corpo posso prenderlo, signore, è destinato a essere preda della violenza, perché tutto ciò che diventa polvere le è sottomesso, ma su ciò per cui Lei ha combattuto non ho alcun potere, perché non appartiene alla polvere.”
Note
[1] http://www.panorama.it/scienza/salute/ibernazione-che-cose-e-come-funziona/