“Giuseppe Sgarbi: lo scrittore del fiume ” di Emilio Del Bel Belluz

486

Motta di livenza

di Emilio Del Bel Belluz

In questi momenti di grande festa mi sono rinchiuso in casa dopo aver assistito alla messa del Santo Natale. Ho acceso il fuoco mettendovi un grosso ceppo di acacia, un grande pezzo che avevo fatto stagionare da tempo, nella mia vecchia casa di campagna. Un grosso ciocco che avrà pesato almeno un ventina di chili, tutto nodoso e duro. Ogni volta che cade un albero della mia terra, provo una grande sofferenza. Utilizzo la legna per riscaldare la casa e per godermi il profumo del legno.

In questa giornata di Natale ho deciso di leggere alcuni libri dello scrittore Giuseppe Sgarbi, padre di Vittorio e di Elisabetta. Sono tre libri che lo scrittore ha fatto uscire in questi ultimi anni, editi da Skira editore. Il primo libro – Lungo l’argine del tempo, poi –Non chiedere cosa sarà il futuro – e l’ultimo libro uscito dello scrittore farmacista è dedicato alla moglie recentemente scomparsa: – Lei mi parla ancora.

Questi libri occupano un angolo della mia biblioteca e li ho messi assieme a due libri che riguardano la famiglia Sgarbi, dedicati al cognato dello scrittore Sgarbi. Ebbi in dono i libri: “ Bruno Cavallini – Lettere di un militare e – Davanti a un lago di stelle dipinto – dalla signora Rina Cavallini, moglie dello scrittore Giuseppe Sgarbi, il 15 novembre del 2004.

La gentile Rina mi aveva chiamato per avere una copia di un libro.  In quell’occasione mi parlò del fratello che veniva a pescare proprio dalle mie parti, lungo la bella Livenza.  Un fiume  caro al mio cuore, avendo sempre abitato nelle vicinanze della Livenza e conoscendovi in questo modo i respiri e il profumo delle acque.

Quando uscirono le opere del marito li misi vicini. Avevo letto con piacere i primi due libri, soffermandomi entusiasta su quelle pagine così belle. In questo Santo Natale, volli riprendere in mano le opere dello scrittore Giuseppe e  rileggere i tre libri.  Avevo dentro di me la volontà di fare un viaggio letterario, immaginai di essere assieme allo scrittore, seduto in una comoda poltrona della mia casa davanti al fuoco e di sentire  la sua voce che leggeva con il cuore

Una particolare gioia mi veniva data dal profumo del fiume che sentivo in quelle pagine, dove il fiume è presente e lo si può come accarezzare. La sensazione che provavo era proprio questa, il trasporto di chi legge, in particolare di chi come me ha vissuto sempre vicino al fiume, sentendolo come un caro amico che conforta nei momenti di difficoltà. Con la matita man mano che sottolineavo quelle pagine mi sentivo a mio agio.

Seduto sulla poltrona, quasi per istinto sentii la voglia di osservare dalla finestra il paesaggio della natura. Giuseppe parla nel suo libro  “Lungo l’argine del tempo “ con queste parole : “ Ho sempre amato la poesia ed amo il fiume. Perché il fiume è poesia. Della poesia, infatti, ha tutto: struttura, metro, ritmo. Culla i pensieri. E racconta storie. E, come la poesia, dà la vita. Il fiume te lo porti dentro. Scorre nelle vene come il sangue. Non c’è verso di liberarsene. Non te ne puoi allontanare, e non puoi correre più veloce di lui. Ti segue e tu lo segui, spesso volentieri, non solo per la sua voce, ma anche per la sua ospitalità accogliente, il suo rifugio sempre aperto negli spazi della memoria.

il-padre-Po

Io poi non riuscirei a non avere dentro il Po. Sono nato sulle sue rive e fa parte della mia vita. Anzi, in gran parte è la mia vita. Dalle prime visite con mio padre, a quelle giornate trasparenti di sole e pace assoluta sulle spiagge che affiorano lungo le rive, e, qualche volta, proprio al centro della corrente. Giorni che allora sembravano non finire mai e che posso dire davvero non siano mai finiti, perché sono ancora oggi dentro di me, tra i più belli mai vissuti”.  Si dice che chi cresce con il fiume non riesce mai a dimenticarlo.

Il fiume è l’immagine della vita che va avanti,  del tempo che passa e non torna indietro. Al fluire lento delle acque del fiume affido ogni mia angoscia e preoccupazione che riempiono il mio animo. Il fiume è il solo che ha questo potere. 

Lo scrittore Giuseppe Sgarbi in un capitolo del suo libro –  Lungo l’argine del tempo-  parla di uno scrittore che credo sia stato ingiustamente poco ricordato: Mario Tobino, grande psichiatra che passò la vita vicino alla sofferenza.  Viveva in una stanza nell’ospedale dove lavorava, piena di libri in cui riceveva i suoi ammalati che lo consideravano come un padre. Sgarbi riporta questa sua poesia: “ Una nostalgia mi è presa/ di rivedere mia madre/ i miei fratelli/ la nostra casa fra i platani,/ udire la voce/ di chi mi è consanguineo. / Il resto è nulla./ I tramonti della mia terra valgono./ Il resto è nulla.” Questa poesia di Tobino mi fa ricordare un episodio della vita dello scrittore e precisamente quando andava a trovare sua madre. Questa donna che lui sapeva di trovare sempre in chiesa.

Una donna che era orgogliosa di lui.  Anche lo scrittore Sgarbi diceva : “ Anche io penso che, in tutto il resto, sono ospite passeggero. Così come mi rendo conto che anche se mio padre è morto da un pezzo, la sua voce si alza nel mio cuore. E anche se ho vissuto quasi tutta la vita in campagna, conosco in profondità la sensazione alla quale si riferiscono i versi che recitano: “ Il mare rotola sulla riva un’onda che conosce i miei giochi”. E’ vero: “ Le strade del mio paese mi chiamano”, ma soprattutto mi chiamano i tramonti. Qualche tempo fa mi sono fatto accompagnare sull’argine in macchina… e ho filmato il fiume. L’ ho respirato, l’ho ascoltato e l’ho filmato. Il Po al tramonto. Credo che, nella storia dell’arte, non esistano meraviglie in grado di competere con il Po al tramonto”.

Leggendo queste parole, chiudo gli occhi ed immagino sullo stesso argine uomini di grande spiritualità come Giovannino Guareschi e Riccardo Bacchelli. Scrittori che hanno amato e   scritto del  fiume e ne sono rimasti affascinati.  Una volta un marinaio mi raccontò che trascorse più tempo della sua vita sul mare che sulla terra. Ed ogni giorno, da vecchio, doveva raggiungere il fiume vicino a casa sua, che pur non essendo il suo mare, lo scorrere delle sue acque gli regalava i ricordi più importanti della sua vita.

Dallo struggente libro che Sgarbi ha dedicato all’amore immenso che nutriva verso sua moglie: “ Lei mi parla ancora” mi sono rimaste dentro le seguenti parole intense d’umanità: “Allo sguardo del mondo, però, non poteva essere sfuggito che persino io, seduto sulla sedia della cucina, avvertivo anche senza vedere: l’ansa del fiume, che per me aveva sempre avuto la forma rassicurante di un sorriso, si era piegata in una smorfia. Lacera e amara come una ferita. A vederti passare, i pioppi che facevano da corona, a quell’insenatura si erano tolti il cappello e lo tenevano mestamente poggiato sul cuore. Un omaggio alla ragazza che attraversava quella terra, la sua terra, per l’ultima volta”.