
Ecco una disarmante ricostruzione delle ridicole pseudo-prove degli USA contro Assad: blog, pagine facebook, meme, messiscene degli squallidi elmetti bianchi.
Ma non disperate, americani: da questo uomo moderno genuflesso tutto vi è concesso. Anche spararle così grosse pur di avere un imbarazzante appiglio per sganciare le vostre coraggiose bombe.

Ovvero, conscio di essere in procinto di sparare la più colossale sequela di stronzate della sua vita, roba da far impallidire le scuse più patetiche dopo una sbronza molesta, il nostro anonimo funzionario cita subito le fonti principali su cui si basa il report e, quindi, l’accusa statunitense contro Damasco e Mosca: “Pro-opposition social media reporting”! Cavolo, ma siete meravigliosi, altro che “Una pallottola spuntata” e “Hot shots”, qui siamo alla poesia pura! Per capirci, dopo aver millantato il possesso di prove incontrovertibili, basate si diceva su tracciati satellitari, la Casa Bianca convoca i giornalisti e li intrattiene con le stronzate scritte dai blog e dagli attivisti anti-Assad, gli stessi che hanno garantito premi e riconoscimenti internazionali a quel Circle du Soleil della messinscena bellica che sono gli “Elmetti bianchi”!
Ora, capisco che l’arrivo di un personaggio pittoresco come Donald Trump a Pennsylvania Avenue abbia fatto scadere un po’ tutta la struttura, riducendola a una trasposizione solo un po’ più formale del “Bagaglino”, ma a tutto c’è un limite: almeno Colin Powell aveva avuto l’intuizione della fialetta con il Gaviscon e Hillary Clinton si era direttamente inguattata un computer con mail top secret, portandoselo a casa e gestendolo da un server privato. Questi ti fanno la rassegna stampa dei profili anti-Assad su Facebook! Signori, trattasi della Casa Bianca, ovvero del governo statunitense. Capite ora perché non avevo trovato la notizia e tranne “La Stampa”, fedele alla causa atlantica come la benemerita a quella della Patria, nessun quotidiano degno anche solo formalmente di questo nome aveva avuto il coraggio di rilanciare la notizia? Anzi, no, a dire il vero il sito del “Corriere” dava conto della notizia, all’interno di un più corposo blocco dedicato alla visita di Tillerson a Mosca: volete vedere cosa ha scritto al riguardo? Eccolo,
Il niente assoluto! Prove? Riscontri? Tabulati? Tracciati radar? Filmati da droni, visto che viviamo in un mondo dove ti fotografano anche mentre fumi sul cesso? ZERO. Direte voi, però dentro il documento della Casa Bianca ci sarà qualcosa, ancorché elaborato da quel simposio di osservatori indipendenti ed equidistanti che sono i blog filo-ribelli (i nostri governanti pare che, deliziati dall’intuizione statunitense, abbiano intenzione di offrire la presidenza della Commissione d’inchiesta sulle banche al padre di Maria Elena Boschi)?
Ecco la parte più interessante e circostanziata (per usare un garbato eufemismo):
Dunque, in primis aerei siriani sarebbero stati in volo sull’area di Khan Sheikhun venti minuti prima dell’attacco chimico e se ne sarebbero andati subito dopo. Al netto che si basa sul sentito dire di uno che vorrebbe fucilare Assad alle spalle, i siriani non hanno negato di aver attaccato con i jet, hanno detto di non aver utilizzato armi chimiche nel bombardamento e che l’accaduto potrebbe essere stato dovuto all’esplosione di un deposito di armi chimiche dei ribelli. Tesi avvalorata su SkyTg24 l’altro giorno dal generale Vincenzo Camporini, ex capo di Stato maggiore dell’Aeronautica Militare e della difesa, uno che di certe cose ne capisce più di molti sedicenti esperti ospitati in questi giorni h24 negli studi televisivi. Ecco le sue parole, dopo aver ricordato come anche la strage di Racak fu utilizzata come casus belli per scatenare l’offensiva contro la Serbia nel 1999: “Da tecnico ci sono elementi che mi lasciano perplesso. Il numero delle vittime, molto basso per un attacco chimico. L’ipotesi alternativa che si trattava di materiale chimico colpito da una bomba convenzionale e che ha diffuso un po’ del suo potenziale nell’intorno della sua localizzazione non è da escludere”. Dopo aver cambiato colore in volto, la conduttrice, Maria Latella, gli ha tolto frettolosamente la parola.
C’è poi il secondo capoverso, quello che preferisco. Un’incontrovertibile prova sarebbe la presenza nella base aerea di Shayrat, quella poi colpita dai Tomahawk non finiti in Groenlandia, di persone storicamente associate al programma chimico siriano, presenti anche nei giorni precedenti e in quello dell’attacco. Fotografie? Nominativi? Prove che fossero davvero lì e per offrire collaborazione all’attacco? Zero, gli amici dei blog dall’enorme credibilità come Assadboia.com e Ilovealnusra.org lo confermano, quindi non rompete i coglioni e scrivetelo. Qualcuno avanza il dubbio che fosse presente anche Igor il russo, quello che mezzo Stato maggiore sta cercando nel ferrarese da quattro giorni ma nemmeno i blogger anti-regime se la sentono di confermare. Infine, il capoverso della sintomatologia, il quale al limite proverebbe solo l’utilizzo di sarin: peccato che dal 4 aprile in poi, questa tesi sia stata smentita da esperti di ogni provenienza e nazionalità, basta che vi fate un giro in Rete.
Altro? Dopo aver negato che i ribelli e l’Isis abbiano mai avuto il sarin, certezza che viene smontata in questo video

Ecco la risposta testuale: “Non abbiamo informazioni al riguardo. Penso che sia chiaro che i russi stiano cercando di coprire l’accaduto”. Signore e signori, ecco a voi le incontrovertibili prove degli Stati Uniti contro Assad e la Russia per l’attacco chimico del 4 aprile. Non so a voi ma a me un operato simile ricorda molto, anche nell’epilogo finale, il disperato tentativo di Fantozzi e Filini di evitare la gara di ciclismo del visconte Cobram, fingendosi malati e puntando tutto sull’accento svedese. Provaci ancora, Zio Sam!