Uno Stato “organico” non può permettere che una cellula malata o un gruppo che ha finalità antitetiche rispetto alle proprie, incancrenisca tutto il corpo. Il fatto che nei tempi attuali si dica: “che fastidio ti dà”, riferendosi ai comportamenti devianti, dimostra l’assunto per cui l’uomo attuale concepisce se stesso come una monade, come qualcosa di staccato dal resto della collettività, come una serie di “orticelli” che ognuno può coltivare a piacimento, senza riguardo al bene del campo nella sua interezza.
Una società simile è una società spaccata, lacerata, in cui non esiste nessun collante, nessuna superiore “ragion d’essere”, in cui tutto può essere comprato, venduto e chiunque ha la delirante convinzione di poter pretendere qualunque cosa, senza più limiti, senza più forma, senza più ordine.
Un mondo malsano accomunato solo dal consumismo, inteso in senso lato come “visione usa e getta del mondo”, senza alcuna tradizione ed identità.
di Adriano Segatori
(tratto dalla rivista Il Boghese_Aprile) – Per capire cosa si intende per sistema basta rievocare il famoso apologo di Menenio Agrippa, secondo il quale l’ordinamento sociale è vitale come un corpo umano attivo e sano in cui tutti gli apparati e le membra agiscono in un insieme collaborante, in connessione e armonia secondo naturali funzioni e finalità. Se soltanto uno dei dispositivi si inceppa o si altera, si ha il declino dell’organismo e l’inevitabile deperimento finale. Questo accade nella società attuale, in tutti i suoi elementi di sistema. Prendiamone quattro, come esempio, per chiarirci subito le idee del deterioramento in atto: la famiglia, la scuola, la legge e la giustizia; e come obiettivo del discorso il cosiddetto «problema dei giovani».
Da molti anni c’è un allarme costante sulla questione dei comportamenti giovanili, sulle loro mode trasgressive e sui rischi messi in atto. Mentre si abbassa l’età delle esperienze, aumentano le gravidanze non volute e le interruzioni delle stesse, il contatto con le sostanze legali ed illegali, i gesti suicidari e, ultima segnalazione, i reati minorili contro la persona e l’ambiente. Tutto ciò dopo molti decenni di interventi informativi da parte degli apparati istituzionali. È evidente che qualcosa non ha funzionato, e tutte le operazioni cosiddette educative hanno clamorosamente fallito, arrivando poi alla ormai famosa «lettera dei 400» intellettuali che hanno denunciato la grave condizione di ignoranza diffusa tra gli universitari che ben si inquadra nel fenomeno dell’ «analfabetismo secondario». È qui che diventa importante il discorso che duemilacinquecentoundici anni fa Menenio Agrippa fece da senatore per comprendere il perché dell’attuale fallimento denunciato delle politiche giovanili.
I giovani fanno parte di un sistema del quale dovrebbero essere uno degli elementi più importanti per la trasmissione di un esempio e la formazione di un futuro. Trasmissione e formazione che necessariamente, sono nelle mani degli adulti e dei loro quattro apparati sopra indicati.
La famiglia è l’istituzione primaria, per tempistica e per funzione, che ha il compito di tramandare modelli e regole, di definire stili di comportamento e limiti, di infondere sicurezza di sé e senso del dovere.Attraverso gli esempi genitoriali i bambini interiorizzano quei princìpi psicologici e sociali che li preparano alla prima entrata comunitaria che è la scuola. Questa dovrebbe insegnare ai giovani i rudimenti della responsabilità, addestrarli a superare le piccole frustrazioni quotidiane, far loro trovare le personali attitudini abituarli al progressivo sacrificio nel raggiungimento degli obiettivi: insomma, portarli ad essere adulti e cittadini.
La legge deve intervenire quando le norme non vengono più rispettate, quando la disciplina è mancata e le interdizioni che organizzano la vita comunitaria sono trasgredite e finiscono nell’illecito. Infine, la giustizia come organo sanzionatorio è il dispositivo che, una volta accertata una colpa, ne definisce le conseguenze concrete, e mette in atto meccanismi di espiazione e di riparazione.
Questi quattro sistemi, in sinergica e collaborativa funzione, hanno il compito di influire sul sistema sociale dando allo stesso una forma, un ordine ed un’armonia, fattori indispensabili alla sua sopravvivenza. Viste le condizioni di disagio che vengono pressantemente segnalate, è chiaro che qualcosa non è andato per il verso giusto.
La famiglia è stata talmente sradicata dalle sue funzioni, alterando le figure genitoriali in rapporti amicali, riducendo padri e madri a concorrenti dei figli quando non a sindacalisti e avvocati di fiducia degli stessi, tanto che la vita nel suo nucleo è amministrata come un comitato di gestione o un organismo di concertazione.
La scuola ha perduto ogni funzione educativa e formativa del cittadino, privando i suoi programmi dell’importanza che sempre era stata dedicata alla storia, alla geografia, alle materie umanistiche e alla realizzazione del senso civico, quindi alla costruzione di un carattere e di uno stile, per ridurla a fornitrice di competenze (e anche quelle scadenti) e pratiche lavorative.
La legge, nell’azione dei suoi operatori, non è più interpretata come l’ultima spiaggia nel contenimento delle trasgressioni, dell’illegalità e del mancato rispetto della reciproca libertà, come uno strumento di difesa del singolo e della comunità di appartenenza, ma come mezzo di repressione delle spontanee pulsioni dell’egoismo individuale e congegno di costrizione alle velleità antagoniste di gruppi e di minoranze contrastanti.
La giustizia, archetipo di buono e di giusto, da non confondersi con l’esercizio leguleio del diritto, non definisce più la colpa, la pena e la sua espiazione ma, quando va male, stabilisce il disturbo e concorda il percorso di terapia, e quando va peggio quantifica nel linguaggio mercantile la riparazione economica di un danno: il vuoto dell’impotenza senza responsabilità e libero arbitrio. Il corpo vitale della società non può più funzionare. Come nell’apologo indicato, ogni membro va per conto proprio, ogni funzione è dannosamente autoreferenziale, ogni apparato è chiuso in una propria logica. E se è in gioco la questione giovanile, sono i suoi rappresentanti che pagano e pagheranno lo scotto più salato di questa degenerazione.
Il come uscirne è la parte più complessa. Non sono i giovani la causa del malfunzionamento del sistema, ma sono le vittime di tale condizione. Continuare ad imbastire corsi di sensibilizzazione e percorsi di benessere indirizzati ai giovani è tempo perso e denaro buttato: servono soltanto a fomentare il narcisismo di terapeuti e operatori.
L’azione sistemica deve essere rivolta agli adulti: ai genitori che hanno rinunciato alla loro funzione di accudimento e di proibizione; agli insegnanti che hanno rinunciato ad essere formatori di cittadini ed istigatori di curiosità e di passione. Questi, insieme, devono collaborare alla creazione della personalità e del carattere dei futuri cittadini, e fare in modo che l’intervento della legge e della giustizia, quando un problema è sfuggito di mano, non sia vissuto come interferenza e coercizione, ma come l’ultima opportunità di formazione per il loro futuro.