“Dunkirk”, la falsificazione storica che diventa campione d’incassi

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“Dunkirk”, ovvero quando la falsificazione storica diventa un film campione d’incassi. Ecco a voi la vera storia della battaglia/fuga di Dunkerque.

L’ultimo film di Christopher Nolan è “Dunkirk”, di cui oltre che regista è anche scrittore. Osannato dalla critica, soprattutto estera, il film è arrivato in Italia un poco in ritardo rispetto al resto del mondo, dove è stato acclamato come uno dei migliori film degli ultimi anni e, tra le altre cose, come uno dei migliori in assoluto di Nolan.

Incuriositi da una così ottima pubblicità, e tutto sommato fiduciosi, visti alcuni ottimi lavori fatti da Nolan in passato, ci siamo recati al cinema senza, però, un malcelato dubbio che ci assillava: vuoi vedere che un bravo regista come Nolan si è prestato a un’operazione di falsificazione storica?

Già dal trailer, infatti, emergeva potente un significato politico e di revisione storica del film, teso a riconfermare il “mito di Dunkerque” (Dunkirk in inglese), ovvero l’idea che da una infamante sconfitta/ritirata, il comportamento egregio del popolo britannico avesse emendato l’esercito di Sua Maestà da ogni onta e risollevato il morale della Gran Bretagna. Ma le cose andarono davvero così?

Due parole, intanto, sul film. La regia, la fotografia e ciò che vi è connesso, non delude. Nolan è oggettivamente un ottimo regista e non c’è molto da dire sull’esecuzione del film. Tuttavia, quello che non convince – e non avvince – è il fatto che il film sembra privo di “storia”. Sicuramente in questo giudizio, siamo stati condizionati, e inflazionati, da decenni di film sul genere war movie che raccontavano la guerra come sfondo di storie che con essa non c’entravano nulla (amore, istinti, paure, erotismo, etc) e, oggi, vedere un film che parla puramente della guerra può lasciare un po’ interdetti. Tuttavia l’intreccio narrativo è un po’ farraginoso e stenta a trascinare del tutto lo spettatore.

Veniamo però alla parte più faziosa e del tutto agiografica del film, ovvero l’edificazione del mito di Dunkirk. In realtà, questa non è un’invenzione di Nolan. Già al tempo lo “spirito di Dunkerque” divenne un potente strumento propagandistico per sostenere il morale in patria e raccogliere il sostegno all’estero. Ma possiamo veramente definire quegli eventi, sul piano storico e militare, come una vittoria (seppur morale) di una nazione in guerra?

Partiamo dal titolo, che i distributori italiani, genìa ipercolonizzata, hanno lasciato in inglese, fingendo di ignorare che la città di cui si parla sta in Francia e si chiama Dunkerque. È legittimo che gli inglesi la ribattezzino, per carità, come noi ribattezziamo, per esempio, London in Londra, Paris in Parigi. Ma qualcuno avvisi i nostri distributori italioti del fatto che non siamo nel Regno Unito e lasciare il titolo inglese è un atto di sudditanza del tutto gratuito.

Veniamo al contesto. Siamo verso la fine del maggio 1940 e la Seconda Guerra Mondiale è cominciata da poco sul fronte occidentale. Sebbene gli Alleati erano superiori come numero rispetto agli avversari tedeschi, inclusa la superiorità in quanto a carri armati, i generali di Hitler usarono tattiche innovative per sconfiggere i loro nemici. Così già il 22 Maggio 1940 il gabinetto di Churchill decise di ritirare dalla Francia la Forza di Spedizione Britannica. La battaglia di Dunkerque, ormai imminente, si svolse tra il 26 maggio ed il 3 giugno 1940.

I vertici politico-militari del Regno Unito decisero deliberatamente di raggirare i loro Alleati circa l’intenzione dell’Esercito Britannico di ritirarsi. Churchill contribuì a questo raggiro rassicurando il Premier francese Reynaud che la Gran Bretagna era fermamente impegnata fino alla vittoria. Addirittura, ben prima del tradimento badogliano dell’8 Settembre 1943, mentre i Britannici si preparavano ad evacuare, tentarono di convincere i belgi a continuare a combattere per coprirsi così l’indecorosa fuga. I belgi, ignari del tradimento britannico, rimasero inutilmente sul campo di battaglia per altri cinque giorni, il che rallentò l’avanzata dell’Armata tedesca su Dunkerque, costando però migliaia di soldati morti.

L’evacuazione da Dunkerque, nome in codice “Operazione Dynamo”, iniziò dunque il 26 Maggio 1940. All’inizio si sperava di salvare al massimo 45.000 uomini. Alla fine, contro ogni aspettativa, il numero finale fu di 338.000. Tuttavia non si trattò di un’eroica manovra britannica ma del risultato di un mix di motivazioni del tutto indipendenti dal valore e dal merito dei britannici. Esattamente il contrario del messaggio che il film “Dunkirk” vuole far passare allo spettatore.

Come detto, i comandanti militari britannici operanti nell’area, ricevettero da Londra  l’ordine di non informare i loro alleati francesi e belgi che l’evacuazione stava iniziando. A sud-est di Dunkerque gli inglesi ritirarono le loro unità, lasciando sette divisioni francesi da sole ad affrontare i tedeschi che avanzavano: praticamente mandandole al macello. I francesi combatterono strenuamente, addirittura fino all’esaurimento delle munizioni e riuscirono, come i belgi, a impegnare le forze tedesche che altrimenti avrebbero dato l’assalto al perimetro di Dunkerque. Si sacrificarono, senza saperlo, cioè per salvare le truppe di Sua Maestà che, in realtà, stavano già imbarcandosi vigliaccamente per attraversare la Manica.

Ovviamente, nonostante tutto si svolse in una manciata di giorni, i francesi si accorsero abbastanza rapidamente dello sganciamento britannico e dopo una protesta ufficiale del governo francese, fu emesso un ordine scritto che disponeva che le truppe subalpine fossero imbarcate in ugual numero assieme a quelle inglesi. Ma in pratica ciò non avvenne. Peccato che Nolan, invece, chiude il suo film con l’immagine eroica di un drappello di uomini della Marina britannica che anziché imbarcarsi per l’Inghilterra, come i loro commilitoni, decide di rimanere per aiutare i francesi a raggiungere l’Inghilterra. Ma tutto questo romanticismo è falso.

La realtà storica è che quando i francesi tentavano di salire a bordo delle navi inglesi sulla spiaggia, squadre di soldati con le baionette innestate intervenivano per tenerli indietro. Così, solo dopo che praticamente tutti gli inglesi erano stati evacuati, ci si impegnò ad evacuare i rimanenti soldati francesi: era però troppo tardi per loro. Infatti, quando il porto si arrese ai tedeschi il 3 Giugno 1940, più di 40.000 francesi furono catturati, ovvero i sopravvissuti alle operazioni di copertura della indecorosa fuga britannica.

Nel film, invece, si percepisce solo vagamente questo atteggiamento ostile degli inglesi nei confronti dei francesi (i poveri belgi non vengono neanche citati) che, invece, sembrano non capire bene la situazione e coprire a loro insaputa le spalle ai vigliacchi cugini d’Oltremanica. Solo in alcune scene, quando ormai le linee francesi iniziano a cedere sotto la pressione tedesca e alcuni soldati francesi si avvicinano agli imbarchi di Dunkerque, si vedono soldati britannici allontanare i francesi dalle banchine per impedire loro di imbarcarsi verso l’Inghilterra. Ma nulla di più di qualche spintone o parolaccia. Ma non fu realmente così come abbiamo visto.

Una resistenza tenace dei belgi e dei francesi, ma in realtà possibile solo grazie all’attenuazione progressiva dell’avanzata tedesca. Infatti, Hitler il 24 Maggio decise di fermare per due giorni l’avanzata tedesca in direzione di Dunkerque, facendo guadagnare tempo prezioso all’avversario. Sui “perché” di questo arresto non tutti gli storici concordano. Quel che sembra chiaro – e Nolan omette di dire, salvo realizzare una scena in cui i bombardieri tedeschi anziché bombe lanciano sulle posizioni francesi di Dunkerque volantini per invitarli alla resa –  è che Hitler permise consapevolmente all’Esercito Britannico di ritirarsi, sperando che questo atto generoso avrebbe facilitato il raggiungimento di una pace separata con la Gran Bretagna per impegnarsi totalmente contro l’Urss.

Quando l’offensiva riprese, e cioè il 26 Maggio, le priorità tedesche erano mutate e l’obiettivo dell’attacco era diventato Parigi, nonché il cuore del Paese dove rimaneva una grossa porzione delle truppe francesi ancora belligeranti. Dunkerque venne considerata dal comando germanico come una battaglia di secondaria importanza.

Ma come e perché i tedeschi, che in quel momento dominavano i cieli, non approfittarono di quell’ammasso di truppe facilmente bombardabili anche con delle semplici mitragliatrici? Da un lato pesò l’ordine di Hitler in relazione alla speranza di concludere una pace con gli inglesi ma, dall’altra parte, il meteo non era adatto per volare e durante i nove giorni dell’evacuazione britannica la Luftwaffe poté operare solo per due giorni e mezzo: troppo poco per attaccare efficacemente il nemico… altro che ruolo fondamentale degli aerei Spitfire inglesi come viene decantato!

Infine, quello che forse è il cuore della vicenda di Dunkerque: il salvataggio di migliaia di soldati che divenne possibile solo grazie all’uso di piccole imbarcazioni da diporto civili per raggiungere la spiaggia, altrimenti inavvicinabile alle grandi navi militari. Ma proprio questa è una parte fondamentale del (falso)mito.

Non bisogna dimenticare che il popolo britannico non venne informato che era in corso un’evacuazione fino alle ore 18.00 del 31 Maggio 1940 e cioè molto tardi. Era quindi tecnicamente impossibile avere il tempo materiale per realizzare una manovra di massa da parte degli inglesi che, semplicemente, non ebbero il tempo di organizzarla. Peraltro, le testimonianze storiche sono concordi nel dire che la maggior parte queste imbarcazioni, da diporto e da pesca, erano inutili per un compito di evacuazione. Solo negli ultimi due giorni della fuga, dunque, i volontari civili ebbero un ruolo nel portare in salvo dalle spiagge altri 26.500 uomini che su un totale di 338.000 rappresentano neanche il 10% del totale.

Il film, dunque, fa davvero acqua da tutte le parti. Troppe falle per non pensare ad un’ingegnosa e falsa ricostruzione storica volta a ridare dignità ad una delle pagine più basse della storia moderna degli eserciti. Una disfatta e poi un’ignobile fuga, coperta da truppe straniere, sono diventate una pagina di grande onore e virtù, non pel merito dell’esercito britannico ma dell’impegno patriottico del suo popolo. Abbiamo dimostrato che tutto questo è falso e che Dunkerque è un mito. Non sono le Termopili, non è la resistenza a oltranza dei nostri soldati nel deserto di El Alamein: è una pagina ignobile dell’esercito invasore britannico che, oggi come ieri, dovremo tenere bene a mente e non farci abbindolare da qualche effetto speciale del regista di turno…