Già un Remarque nel suo famigerato libro: “Nulla di nuovo sul fronte occidentale”, aveva parlato di “coloro che sono spezzati anche quando le granate li hanno risparmiati”. Spezzati in che cosa? In tutto il romanticismo, in tutto un falso, bolso, parolaio idealismo col quale essi erano partiti per la guerra, la quale doveva poi presentarsi loro sotto tutt’altra luce. Appunto come fenomeno “elementarmente” distruttore, come lo sono certe grandi forze della natura.
Ebbene, qui si pone l’alternativa di chi, appunto, si spezza (interiormente), e di chi sa invece creare una superiore dimensione del suo essere: quella, che lo Jünger chiama del “realismo eroico” e della “persona assoluta”, e con essa mantenersi in piedi, riaffermarsi. Si tratta di una forma pura quintessenziata, priva di orpelli, disindividualizzata di eroismo. Nella quale non conta più l’individuo e il “gesto”, ma la azione per se stessa; nella quale la prontezza, anzi la gioia nell’affrontare le situazioni più distruttive e logoranti si lega ad un grado estremo di lucidità, di controllo di ogni reazione istintiva ed animale, di inesorabile visione. In questi termini è quasi un nuovo tipo umano che prende forma.
La “mobilitazione totale” qui viene interpretata anche spiritualmente è il pieno esser in atto del singolo, il saper esser assolutamente se stessi, “persona assoluta”, proprio nelle zone dalle “temperature estreme”, nelle terre di confine fra la vita e la distruzione, presso ad un cadere di ogni appoggio estremo, di ogni retorica, di ogni falso idealismo, presso a freddezza e lucidità supernormale.
tratto da Ernst Jünger, il combattente, l’operaio, l’anarca – di Julius Evola