(a cura della Redazione di At)
Un clima che definire surreale sembra un eufemismo. Palinsesti televisivi dominati da talk-show e trasmissioni di approfondimento pre-elettorali e simili in cui il tema fondamentale per il futuro dell’Italia è diventato “esiste una minaccia fascista in Italia?”, “antifascisti contro fascisti”, “la sinistra unita contro il fascismo” e via dicendo. Candidati al Parlamento e aspiranti capi di governo ai quali viene chiesto di fare una sorta di giuramento sull’antifascismo per poter partecipare credibilmente alle elezioni, “anagrafi degli antifascisti” cui si viene chiamati ad iscriversi per dimostrare di poter far parte della comunità degli “esseri umani”.
Per biechi, vergognosi interessi di parte in vista del consueto teatrino delle elezioni politiche, si è voluto ritirare fuori la vecchia, penosa, insopportabile carta dell’antifascismo, sempre buona da estrarre dalla manica quando non si sa più come rompere i coglioni, passateci l’espressione, al cosiddetto “popolo”: quello che se vota a sinistra è maturo e consapevole, se vota da un’altra parte è plagiato, confuso, strumentalizzato.
Non passa giorno che non ci siano surreali cortei “antifascisti-antirazzisti”, manco fossimo alla vigilia di un colpo di Stato e le vie di tutte le città italiane fossero preda di orde di squadristi neri armati di mazze e manganelli. E ancora, visite ufficiali in presunti luoghi simbolo della “barbarie nazifascista”, riappacificamenti imbarazzanti a forza di baci ed abbracci con associazioni che difendono l’indifendibile e che, nel silenzio assordante e vergognoso delle cosiddette “istituzioni democratiche”, reputano tutto sommato accettabile che una bimba di tredici anni sia stata violentata, seviziata e uccisa sotto gli occhi dei genitori, poiché colpevole d’essere “fascista”, e che ottengono censure e rimozioni a proprio piacimento, quando e come vogliono.
Spettri agitati da personaggi senza scrupoli, ceneri cui si ridà fuoco sconsideratamente, riavviando pericolosissimi meccanismi di contrapposizione tra piazze e fazioni, che una volta rimessi in moto possono condurre agli esiti più imprevedibili. Infiltrazioni, finti agguati, tracce lasciate da chi di dovere o da qualche sconsiderato di turno (compresi improbabili lumini con l’effige del Duce), utili idioti rispolverati per l’occasione, e chi più ne ha più ne metta.
Si gioca col fuoco, con le vite delle persone, con la storia, con il sangue del corpo e dell’anima, ridando fiato agli epigoni di chi fece del tradimento, del disonore, della vergogna, della menzogna, della violenza, della corruttela materiale e morale e la propria bandiera. Non si rispetta la memoria di innocenti caduti per mano bastarda e vigliacca, si rintuzzano e stimolano bassi istinti che, come direbbe Evola, attengono al pre-personale, al sub-umano, alle tendenze più inconfessabilmente bieche dell’essere umano (e così udiamo a gran voce gridare: “uccidere un fascista non è reato”, “dieci, cento, mille Piazzale Loreto”, “Come son belle le foibe da Trieste in giù”, e via dicendo: sempre nel silenzio di tutti i grandi democratici che sfilano spalla a spalla con chi di questi cori si fa autore e complice).
Dai propositi neppure troppo ironici o velati di abbattere le tracce dell’arte fascista in Italia (il che significherebbe demolire una buona parte del patrimonio architettonico e urbanistico nazionale), passando per il ddl Fiano, fino alla follia dell’antifascismo di massa rispolverato senza pudore per riguadagnare voti e consensi da una parte, e per farne perdere alla parte avversa, spaventando certo elettorato “sensibile” a determinati richiami di pancia (che attengono infatti unicamente all’intestino ed ai suoi “prodotti”, senza alcun legame se non col cuore, neppure col cervello), o anche, chissà, per sperare di innescare strane reazioni a catena in contesti ed ambiti ben poco limpidi.
Speriamo che ad elezioni chiuse la parte peggiore di questo pericoloso gioco venga meno, e che gli sfrontati e svergognati attori di questo teatro dell’orrore tornino al loro posto (che continueranno ad occupare come al solito impunemente), senza aver generato conseguenze irreparabili.