Tutele “minori”

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a cura del Cuib Femminile Raido
Recentemente la Cassazione ha tolto l’affidamento della propria bambina ad una coppia di genitori in quanto incapaci di prendersene cura.
Se esposta in questi termini, la vicenda di cui ci andiamo ad occupare non appare particolarmente problematica, tuttavia a ben vedere questa è il frutto di dinamiche molto più complesse e distorte proprie della società moderna. La coppia infatti era riuscita ad avere una figlia nonostante l’età parecchio avanzata unicamente grazie alla fecondazione eterologa, ma in seguito alla denuncia dei vicini (che hanno visto la bambina dormire sola in macchina dei genitori per qualche minuto) sono stati ritenuti “incapaci di comprendere i bisogni” della figlia. La prima osservazione riguarda la piuttosto evidente contraddizione. Nella società in cui viviamo siamo costretti a dedicarci a tempo pieno al lavoro, indipendentemente dal fatto di essere uomini o donne e dal ruolo che siamo chiamati a svolgere nella società, fra cui quello importantissimo – ma ormai sempre più in secondo piano – di dar vita ad una nuova famiglia. Pertanto, è di tutta evidenza come l’età media della primipara si sia allungata di molto negli ultimi cinquanta anni, con la triste conseguenza di creare complicazioni alla gravidanza o addirittura di non iniziarla affatto. Per ovviare a tutto questo si ricorre sempre più frequentemente alla fecondazione assistita, che tuttavia è un metodo poco naturale e molto artificiale per procreare. Qualsiasi donna, persino single (ma non in Italia) può rivolgersi, con estrema facilità e senza alcun sistema di controllo, ad una struttura che la aiuta a restare incinta. Per questo tipo di pratiche vi è una sorta di nulla osta di default e pertanto nessuna analisi di opportunità viene effettuata in sede di intervento, nemmeno su di un aspetto di immediata evidenza come l’età dei futuri genitori, dimenticando ingiustificatamente (e vergognosamente) il benessere del nascituro.
Il processo, terminato con la sentenza della Corte di Cassazione, è stato lunghissimo ed è durato ben otto anni, essendo iniziato quasi subito dopo la nascita della piccola. Un processo che ha avuto ben cinque gradi di giudizio in quanto la prima volta i giudici della Cassazione hanno cassato la sentenza della Corte d’Appello rinviando a quest’ultima per una nuova pronuncia. Di conseguenza, in tutto questo tempo la bambina è passata dai genitori agli assistenti sociali, poi di nuovo ai genitori e infine, e definitivamente, nuovamente agli assistenti sociali. Non osiamo immaginare le lacrime versate dalla povera bambina, che ha vissuto un incubo non ancora conclusosi, in quanto destinata a soffrire in ogni caso, come spesso accade quando le premesse sono sbagliate, le decisioni egoistiche e i processi naturali forzati. Da qui il nostro interrogativo, con il quale chiudiamo il nostro intervento. Se è l’interesse del minore che il sistema giuridico italiano si propone di mettere in primo piano, in che modo è stato realmente tutelato nell’intera vicenda che abbiamo analizzato?
Temiamo che la risposta sia la seguente: in nessun modo.

(ilgiornale.it) – 14.02.2018. Quei genitori sono “incapaci di comprendere i bisogni” della loro figlia, per questo la Corte Cassazione ha confermato che la loro bimba, che ora ha otto anni, è adottabile.

Doccia fredda per Gabriella e Luigi Deambrosis, l’anziana coppia di Casale Monferrato (Alessandria), che si vede confermata la decisione della Corte di appello di Torino del 2017. I giudici ritengono che i genitori naturali della piccola siano incapaci “di comprendere quali siano i bisogni emotivo affettivi e pratici” della bimba. E c’è di più: il padre è considerato “totalmente dipendente” dai desideri della moglie, che è “chiusa in un processo narcisistico”.

Escluso che vi siano altri problemi: non è stata rilevata, infatti, alcuna emarginazione sociale, culturale ed economica. E i due genitori hanno collaborato con i servizi sociali, anche se le “valutazioni tecniche”, ricevute sono “univocamente negative in ordine all’idoneità genitoriale”. Questo non solo perché la bimba una volta è stata abbandonata da sola in auto (per pochi minuti), né tantomeno per l’età avanzata dei genitori (57 anni lei, 69 lui). Ci sono anche altri elementi che sono stati presi in considerazione ed hanno portato alla decisione degli ermellini. Un lungo iter giudiziario quello dei due genitori della piccola, nata a Torino nel 2010 e dichiarata adottabile dalla stessa Cassazione nel 2013, perché i due erano considerati troppo anziani e “sbadati”.

“La macchina era parcheggiata nel vialetto davanti alla casa in un giardino privato – dice l’avvocato Adriana Boscagli, legale dei coniugi Deambrosis, raccontando l’episodio incriminato – in un contesto di assoluta sicurezza e la bambina dormiva. Quello che capita a tutte le famiglie del mondo, magari più fortunate, non hanno avuto il vicino di casa zelante che si è preoccupato di chiamare i carabinieri. Questa è l’unica differenza che è capitata a questi signori, poi tutto il resto è stata la conseguenza dello shock, di un trauma, della destabilizzazione che provoca quando un bambino ti viene strappato dalle mani e ti viene permesso di vederlo in uno spazio neutro qualche ora ogni 15 giorni. Non abbiamo ancora in mano la sentenza con le motivazioni – prosegue -. Non credo che ci sia mai modo di dire a un genitore ’rinuncia a tuo figliò. Sicuramente non lo dirò ai signori Deambrosis e studierò per vedere che cosa devono fare per avere giustizia. La cosa più semplice, e questo è un dato scontato, è rivolgersi alla Corte di Giustizia europea che già altre volte ha sanzionato lo Stato italiano per avere con troppa superficialità dato in adozione dei bambini. Sul ricorso, assolutamente sì, faremo sicuramente più di qualcosa. Non si arrenderanno i genitori di questa bambina, ma soprattutto nel rispetto di questa bambina, che dopo aver peregrinato per comunità e famiglie varie ha diritto di guardare in faccia quei genitori che magari il compagno di scuola le dirà che abitano nel paesino a 500 metri”.​

Un altro avvocato, Gian Ettore Gassani, presidente dell’associazione dei matrimonialisti italiani, in una nota scrive che “la Cassazione ha emesso un verdetto destinato a dividere le coscienze di addetti ai lavori e degli italiani. Se da un lato è stata tutelata la bimba in quelle che sono le proprie esigenze di vita, inserendola in un contesto familiare di genitori adottivi secondo i giudici più giovani e dunque più idonei, dall’altro lato è stato violato un principio naturale e giuridico che è la salvaguardia del legame con la propria famiglia d’origine. Dagli atti di questa triste vicenda giudiziaria – dice Gassani – si evince che non c’era stata alcuna condanna penale nei confronti dei due genitori biologici. Questi ultimi hanno pagato lo scotto della insopportabile lungaggine burocratica del processo minorile. La bimba, infatti per quattro lunghi anni, è stata presso una coppia di aspiranti genitori adottivi. È stato il decorso del tempo a creare il legame tra la bimba e questi ultimi. Tutte le altre valutazioni in merito a capacità genitoriali, all’età non giovanissima e quant’altro (parliamo di una coppia di persone innocenti), non possono essere accettabili per una decisione di tale peso”.

“La soluzione migliore – osserva ancora Gassani – sarebbe quella di consentire ai genitori biologici di continuare ad esistere per la bambina e mantenere rapporti costanti e significativi, seppur mediati da figure professionali adeguate. I legami di sangue non possono essere cancellati da errori o lungaggini burocratiche o da pregiudizi”.