(a cura della Redazione di AT)
La cosiddetta libertà di espressione e di pensiero, che dovrebbe essere tra i fantomatici “capisaldi” della tanto adorata “democrazia”, si sa, è solo una barzelletta. Lor signori si fanno paladini del relativismo dove e quando fa comodo, ad esempio in ambito etico o morale, sessuale, religioso (in nome di sincretismi neo-spiritualistici e derive sociologiche e laicistiche delle religioni da far accapponare la pelle), sulle cui fondamenta edificano poi i dogmi assoluti del pensiero contemporaneo: chi si allinea ad essi è nel giusto, gli altri vanno attaccati, emarginati culturalmente, perseguitati.
Qui vedete due manifesti apparsi a Roma di recente. Quello a sinistra è stato oggetto di attacchi violenti e incontrollabili: si è parlato di “manifesto shock”, se ne è chiesta a gran voce la rimozione immediata, anche da parte di partiti politici che si definiscono esplicitamente “democratici”. Quello in alto, che insieme ad altri dello stesso tenore, incentrati sul “bacio omosessuale”, sta infestando la Capitale per pubblicizzare l’imminente Gay Village del Testaccio, viene accolto senza alcun clamore, anzi con gioiosa, ammiccante, malata curiosità.
L’occhio e la mente dell’uomo e della donna contemporanei si stanno abituando, pian piano, a ritenere normale ciò che è disordine, anomalia, perversione, inversione, caos, ed a ritenere noiosamente scontato e banale, fino a disprezzare, ciò che ordine, normalità, armonia, e ciò che dovrebbe essere quanto di più scontato: difendere la vita, in ogni suo stato dell’essere. Dal concepimento alla fine biologica, dal non manifestato al manifestato, dal non visibile al visibile, dalla potenza all’atto.