Morire con dignità

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di Bruno Pozzato (partigiano)

tratto dal libro “Resistenza. Aspetti della lotta partigiana nel biellese, nel vercellese e in Valsesia”

“Faceva l’autostop sulla Biella-Vercelli, in prossimità del bivio di Buronzo, poco lontano da Carisio. Alto, bruno, trent’anni. Pugnale, mitra Beretta, mostrine, decorazioni, fasci, teschi…A dargli un passaggio fu un autocarro partigiano, due compagni della sussistenza usciti per una missione in abiti borghesi. Lo fecero salire… estrassero le pistole e gliele puntarono in faccia, disarmandolo.
Lo sfortunato milite nero venne quindi consegnato al Comando e, in una stanzetta al secondo piano, sottoposto ad interrogatorio…

Alle domande che gli piovevano addosso da tutte le parti, il brigatista opponeva un silenzio storico, non disse una parola. Fu costretto a mangiarsi le mostrine, i teschi, i fasci; dovette bere persino un bicchiere di lubrificante usato; vomitò più volte, ma non disse niente, ne si lamentò o invocò pietà, consapevole forse dell’ineluttabilità del suo destino.
Ad un tratto lo vedemmo cadere (o fu buttato) dal balcone e sfracellarsi al suolo erboso del cortile. Aveva le mani legate dietro la schiena. Credetti che fosse morto, invece era ancora vivo………Un anziano sollevò un grosso sasso e lo lasciò cadere sulla testa del malcapitato, ferendolo orrendamente. Ma il fascista non moriva e soprattutto, lo ricorderò sempre, non si lamentava, non diceva niente. Alcuni lo presero a calci, altri a sputi. Fuciliamolo! Fuciliamolo! 

Lo vedo ancora: il volto ridotto ad una maschera di sangue. Venne portato fuori dall’abitato, in aperta campagna. Camminava a stento, rassegnato alla fine, gli occhi fuori dalla testa………..
Presso un grosso castagno venne slegato, qualcuno gli consegnò una pala.
Scavati la fossa – gli ordinò.
L’uomo cominciò a scavare… Intorno erano schermi, insulti, minacce rotti solo dal fiato strozzato della vittima…

Ad un certo punto venne fatto coricare dentro la buca per misurarla, ma era poco profonda. 
Scava ancora, camerata! ………E lui riprese a scavare…..
Terminata la fossa vi si coricò dentro.
Ebbi persino l’impressione che avesse cercato di sistemarsi la testa nella buca. 
Qualcuno gli puntò la pistola al volto e sparò colpendolo alla bocca. Ma la pallottola gli aveva trapassato la guancia senza ucciderlo. 

Nessun lamento.
Anzi, cercò di pulirsi con la manica, guardò il suo feritore, gli occhi pieni di terra e di sangue.
Cretino! – sbuffò un compagno.
Non potevi mirare meglio? Estrasse la pistola e sparò colpendo il brigatista in piena fronte. 
Si levò un rantolo prolungato; un getto di sangue denso uscì dalla fossa.
Poi, ciò che non scorderò per tutta la vita ne riuscirò mai a perdonare, un partigiano montò sul corpo ormai cadavere del fascista…. e gli orinò in faccia”.