Perché Pamela non è diventata ‘paladina delle donne’

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Giovane, bella e problematica. Stuprata, uccisa e sezionata da più uomini. Inoltre, è stata anche oggetto di rituali animisti. La storia di Pamela Mastropietro avrebbe tutti i crismi per divenire la nuova ‘Giulio Regeni’, una figura iconica dietro la quale generazioni e fiumi di cittadini si ritrovano per chiedere giustizia e verità. Dietro Pamela, ci dovrebbero essere le stesse fiumane di persone, soprattutto femministe, MeToo e stupide sigle, che si sono schierate contro Weinstein e Brizzi. E potremmo trovare tanti altri ‘eserciti’ moderni che sarebbero adattissimi a fomentare la campagna di verità e giustizia per Pamela.
E invece, per Pamela non c’è nessuno. Oblìo, da parte di media e da parte di femministe e compagnia cantante. Ma perché? Ce lo siamo chiesti. E la risposta è presto detta: perché gli aguzzini di questa ragazza sono immigrati, nigeriani, appartenenti alla mafia nigeriana – molto forte -, animisti che compiono violente pratiche sui corpi delle vittime sacrificali. E chiedere giustizia e verità per Pamela significherebbe scoperchiare una storia atroce e pericolosa, da cui emergerebbe un goffissimo autogol proprio per gli antifascisti-antirazzisti-femministi-immigrazionisti-accoglientisti-noborderisti-etc… Dovrebbero infatti riconoscere che il modello di ‘integrazione’ senza controllo, l’immigrazione senza criterio, è un modello sbagliato. Che porta a tragedie come quelle di Pamela.
Pamela, ragazza sfortunata: la sua atroce morte sarebbe pur meritevole di giustizia, ma i ‘buoni’ del mondo moderno non ha interesse a farla emergere.

(www.ilrestodelcarlino.it) – 14/09/2018 – Pamela Matropietro, la famiglia: “Il vescovo è scappato dall’inaugurazione della lapide”

Dopo l’attacco a monsignor Marconi, la replica: “Ha pregato con tutti”

«Siamo sconcertati perché nessuno ha mai parlato di odio o vendetta ma, da colui che dovrebbe essere il primo testimone di ciò che predica ci saremmo aspettati un messaggio di forza e di speranza». È Marco Valerio Verni, zio di Pamela Mastropietro, a dare voce a tutta l’amarezza della sua famiglia nei confronti del comportamento del vescovo Nazzareno Marconi, il giorno dopo l’inaugurazione della lapide in memoria della nipote scoperta domenica a Casette Verdini. Alla cerimonia, infatti, il vescovo si è presentato puntuale alle 9, come previsto da programma, ma non ha aspettato l’arrivo della famiglia e, dopo alcune parole di conforto ai presenti, se n’è andato per altri impegni.

«La cerimonia è stata anticipata dalle 10 alle 9 proprio per permettere la presenza del vescovo che poi era impegnato con le cresime – continua Verni –. Noi siamo arrivati con 5-10 minuti di ritardo, perché partiti direttamente da Roma, ma quando siamo arrivati lui se n’era già andato.Data la circostanza avrebbe potuto aspettare qualche minuto in più per incontrarci e darci un messaggio di forza. Invece è scappato, continuando a minimizzare il problema come relativo solo alla droga, quando invece c’è molto altro dietro». Secondo la famiglia, infatti, il vescovo non vorrebbe affrontare alcuni temi, come quelli relativi all’immigrazione.

«Ci possono essere interessi confliggenti tra il vescovo e tematiche legate all’immigrazione, visto il suo disagio – aggiunge Verni –. Poi, se volessimo essere proprio coerenti con il messaggio cristiano, allora il vescovo doveva essere il primo a non scappare davanti a un’eventuale polemica, i cristiani devono essere pronti al martirio e un vescovo scappa per timore di una possibile polemica? E comunque, data la circostanza, credo che qualsiasi impegno potesse avere, anche come atto di cortesia nei confronti di una famiglia che stava arrivando da Roma, avrebbe potuto aspettare qualche minuto».

Nessuna voglia di replicare da parte del vescovo, anche se dalla Curia fanno sapere che «il vescovo aveva segnalato in anticipo agli organizzatori di avere stringenti esigenze di orario. Il vescovo è stato puntuale, si è intrattenuto, ha pregato con i presenti e poi è partito perché, prima dell’incontro previsto con i ragazzi, a cui alle 11 ha amministrato la cresima, ne ha avuto un altro privato, con una persona che aveva chiesto un colloquio». Ma la famiglia ricorda che, polemiche a parte, quello che vuole che sia ricordato è il sacrificio di Pamela. «Quello che mi ha commosso domenica – conclude Verni – è stato un nonno che ha portato la nipotina davanti alla lapide e ha cercato di spiegarle che cosa fosse successo. Questo è il senso civico: trasmettere ai bambini, che saranno gli uomini di domani, il ricordo di ciò che è accaduto. Quindi, che un vescovo se ne vada, è di cattivo gusto».