Quelli che sono andati a vedere una partita di calcio allo stadio, anche una sola volta nella propria vita, si saranno reso conto che il match non si svolge solo in campo, ma anche sugli spalti, per la precisione, tra le opposte curve. A volte, purtroppo, si esagera, oppure si vuole strumentalizzare un campo di calcio per fini esclusivamente politici, come semplice sfogo di persone frustrate. Nella realtà dei fatti, la “curva” e il tifo organizzato, sono diventati la migliore espressione della passione e dell’amore (se così si può chiamare) per la propria città. Un peccato che chi sta ai vertici voglia reprimere certi atteggiamenti campanilistici bollandoli come “razzisti”. Dunque non possiamo far altro che schierarci dalla parte dei tifosi bergamaschi, fieri ed indomabili nel loro attaccamento alla città ed ai colori che la rappresentano: “non lo reputiamo razzismo ma ci lega semplicemente di più alla nostra terra, ci rende ancora più fieri delle nostre origini. Noi non siamo napoletani, la cosa è abbastanza evidente per tutti ma non per qualcuno”.
(www.repubblica.it – 30/11/2018) BERGAMO – “Noi non prendiamo in considerazione la possibilità di essere privati degli sfottò tra tifoserie”. La Curva Nord dell’Atalanta mette tutti in guardia: in occasione della sfida di lunedì sera con il Napoli, i tifosi orobici hanno deciso di prendere posizione sulla questione dei cori di discriminazione territoriale con un comunicato diffuso dalla pagina Facebook “Sostieni la curva”. Il messaggio è chiaro già dal titolo: “Noi non siamo napoletani”, si legge nell’oggetto del post.
“Bergamo un’altra volta sarà il banco di prova per l’ennesimo strumento di repressione: ecco che si torna a parlare di razzismo, nello specifico di discriminazione territoriale. Qualcuno dice che dobbiamo essere più intelligenti, qualcun altro che non dobbiamo cadere nella trappola. Noi rispondiamo che saremo quelli che siamo sempre stati”. Il messaggio prosegue con chiari riferimenti alle accuse di razzismo: “Non accettiamo lezioni da nessuno, tantomeno da gente incapace di organizzare campionati e da chi nel calcio ha piazzato dirigenti che hanno definito i calciatori di colore mangiabanane e le donne calciatrici handicappate. Bergamo ha sempre schifato i cori beceri e gli ululati razzisti, ha dimostrato di essere sempre stata una piazza matura e credibile. Per noi è sempre stata una questione di campanilismo e non di razzismo: ben venga quando sentiamo Bergamasco contadino cantato a gran voce nella maggior parte degli stadi italiani, ben vengano gli odio Bergamo”.
Niente razzismo, dunque, ma soltanto campanilismo: “Tutto questo vissuto non ci ferisce, non lo reputiamo razzismo ma ci lega semplicemente di più alla nostra terra, ci rende ancora più fieri delle nostre origini. Noi non siamo napoletani, la cosa è abbastanza evidente per tutti ma non per qualcuno”. Bisognerà attendere le reazioni del Giudice Sportivo, che ha già punito per cori di discriminazione territoriale Juventus, Roma e Udinese nell’ultimo turno.