2 Febbraio 1941
L’antiborghesia fascista deve, soprattutto, non essere solo polemica. Dev’essere costruzione, educazione. Il borghese non esiste soltanto allo stato puro. Il borghese è in noi, in ciascuno di noi, con le sue rinunzie e le sue ambizioni, il suo sottilizzare e dubitare, il suo particolarismo d’individuo, di famiglia, di ceto, la sua brama di ricchezza, la sua – specialmente – paura della povertà; la sua paura del coraggio; il suo basto d’abitudini; la sua doccia tiepida d’accomodamenti; la sua estraneità dalla vita fisica e da quel tanto di natura che ci vuole all’uomo civile perché la civiltà non si deformi nella più gretta barbarie.
La lotta antiborghese è dunque, nel suo significato più alto, tirocinio crudo di tutti noi, uno per uno, perché solo un’umanità fascista, nella quale nessuno cerchi scuse e nessuno ne trovi, tutti accettino compiti e tutti ne ricevano, potrà riconoscere la supremazia dello spirito, detronizzare la ricchezza dalla vita.
(tratto da “Processo alla borghesia”)