Iran 1979 -2019. 40 anni di Rivoluzione • Il Dispaccio

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Per il numero di questo mese del Dispaccio, abbiamo deciso di ricordare il quarantennale della Rivoluzione Islamica dell’Iran, che ha visto sulla prima linea del fronte di battaglia l’Ayatollah Ruhollah Khomeini, primo e vero animatore di questa rivoluzione. Rivoluzione che, così vicina a noi nel tempo, ha rappresentato – e rappresenta tutt’ora – un fulgido e solare esempio di riscossa della Visione del Mondo spirituale, declinata nel mondo sociale, politico e religioso, contro l’arrogante potere degli Stati Uniti d’America e delle altre compagini occidentali. Infatti, colpevole delle sue smanie espansionistiche e colonialistiche, l’Occidente ha provato a imporre al Leone di Persia un governo tenuto a guinzaglio della finanza mondialista, imponendo al popolo iraniano costumi e tradizioni lontani dall’Islam. Ma questo giogo ha avuto vita breve: la forza e il coraggio dell’uomo persiano ha permesso di cacciare l’arrogante occupazione e di restituire alla Tradizione quella terra e quel popolo di sapienza e gloria millenarie. Si riaffermò così la vittoria dello Spirito sugli interessi materiali della modernità, vittoria che ancora pulsa nella terra di Persia.

A tal proposito, per descrivere meglio questo fausto anniversario, abbiamo il piacere di ospitare la firma della D.ssa Razie Amani, giornalista e redattrice di Pars Today (IRIB), media iraniano operante all’estero che dal 1995 ha avviato la sua attività giornalistica, dando copertura agli eventi inerenti all’Iran ed al resto del mondo in 30 lingue diverse. Buona lettura!

La Rivoluzione Islamica dell’Iran ha raggiunto quest’anno il traguardo dei suoi primi 40 anni di vita in un clima di crescente ostilità internazionale, da quella mediatica a quella politico-economica.

Ma per comprendere meglio il motivo di tanta e diffusa ostilità, è indispensabile conoscere ciò che ha reso la Repubblica Islamica, e quindi la Rivoluzione Iraniana del 1979, un forte elemento di preoccupazione per gli Stati Uniti d’America e gran parte del mondo occidentale. L’Iran, da sempre governato dai re, nel 12 dicembre 1925 si sveglia con la notizia di un lento e strisciante colpo di stato, messo in atto da un comandante filo-britannico, Reza Khan Mirpanj, auto-incoronatosi come il primo Re Pahlavi nel 25 aprile 1926. È altrettanto importante ricordare che la politica coloniale della Gran Bretagna stava imponendo, se non identico, sicuramente analogo scenario in uno dei più importanti Paesi confinanti con l’Iran, la Turchia, ormai non più amministrata sotto l’Impero Ottomano, bensì governata dall’ex comandante militare Kamal Ataturk, il quale proclamava il 29 ottobre 1923 la nascita della Repubblica di Turchia. Le prime decisioni di Ataturk riguardavano l’istituzione di un sistema centralizzato e secolare di istruzione pubblica, la chiusura degli istituti scolastici religiosi, la chiusura dei tribunali religiosi e l’abolizione del divieto di consumare e vendere bevande alcoliche, il divieto di ogni tipo dell’abbigliamento tradizionale-islamico in tutto il Paese, provvedimenti che poi furono attuati effettivamente. L’esempio di Ataturk fu poi seguito perfettamente dall’“incaricato” britannico in Iran, Reza Shah Pahlavi, il quale però dovette affrontare la reazione dura delle guide religiose e della popolazione iraniane, ritornando sui propri passi in merito ad alcune leggi anti-religiose e a una parte dei monopoli arrogantemente concessi alla “Sua Maestà” britannica.

L’Iran, Paese estremamente ricco di petrolio, ma messo in ginocchio dalla carestia e dalla guerra, nel 1941 dovette entrare nella seconda guerra mondiale quando il Regno Unito e l’Unione Sovietica lanciarono un ultimatum all’Iran per l’espulsione dei residenti tedeschi e occuparono militarmente lo stesso Iran per togliere le mani della Germania nazionalsocialista da questa preziosissima risorsa naturale. Nello stesso anno il governo britannico mandò Reza Shah in esilio prima alle isole Mauritius e quindi a Johannesburg in Sudafrica, dove morì. Il 6 settembre 1941 in seguito alla forzata uscita del padre, Mohammad Reza divenne il secondo re della dinastia Pahlavi, poi finita l’11 febbraio 1979 con la Rivoluzione islamica guidata dall’Ayatollah Ruhollah Khomeini.

Il secondo re Pahlavi, Mohammad Reza, scelto e sostenuto fino all’ultimo dagli Stati Uniti, oltre a seguire con più successo il processo di secolarizzazione del Paese, ebbe un ruolo fondamentale nell’attuazione del piano americano, nel fare dell’Iran il gendarme occidentale in Medio Oriente, con la precisa funzione di salvaguardia degli interessi strategici e militari di Israele e degli statunitensi nel Golfo Persico. Questo, nonostante le famose e grottesche cerimonie con le quali Mohammad Reza ebbe la pretesa di auto-incoronarsi niente meno come il successore del grande Re Achemenide, Ciro il Grande, proclamandosi “lmperatore” di un impero esistente solo nell’antica storia persiana e mondiale.

Queste politiche e strategie, oltre che a rendere sempre più forte e stabile la presenza statunitense nella regione iraniana e mediorientale, miravano anche a realizzare il famoso progetto di un Grande Israele che potesse inglobare la maggior parte delle terre del Medio Oriente, includendo i territori che appartengono attualmente alla Palestina occupata, al Libano, alla Giordania, all’Egitto e all’Iraq. Questo progetto fu denunciato chiaramente e fermamente dall’Imam Khomeini, anche quando Israele sembrava non solo invincibile ma intoccabile.

Tutto ciò alimentò un forte malcontento nella popolazione iraniana, a capo della quale si innalzavano le guide spirituali che fornivano esempio di rettitudine e religiosità, nonché forza e coraggio, all’opposto della famiglia Pahlavi, conosciuta più che altro per i costumi occidentalizzati e la negligenza verso i propri doveri nei confronti del popolo vessato. Su queste basi nacque la Rivoluzione Islamica dell’Iran, una delle pochissime rivoluzioni degli ultimi secoli nel mondo, fondata prettamente su ideali e richiami spirituali, pur concretamente ancorata alla realtà politica locale e internazionale: la Rivoluzione Islamica iraniana è stata la testimonianza viva di un’intera popolazione, che nella sua stragrande maggioranza non era motivata dalle solite ragioni di natura sociale, politica ed economica, ma da una forte e viva spinta di ritrovamento di un’identità nazionale-religiosa.

Come ogni rivoluzione degna di questo nobile nome, quella iraniana del 1979 riuscì a raggiungere la vittoria grazie a tre fattori principali: la forte e innovativa guida spirituale e politica dell’Imam Khomeini, la partecipazione massiccia del popolo e la componente ideale (islamica), che contribuì notevolmente all’unità e alla resistenza del popolo iraniano nelle diverse fasi della Rivoluzione, iniziata con il discorso rivoluzionario dell’Ayatollah Khomeini nel 1963 nella città di Qom – roccaforte e primo focolaio della Rivoluzione – cui seguirono le successive manifestazioni popolari in diverse città iraniane, che ebbero una reazione molto violenta da parte del regime Pahlavi, causando il martirio di centinaia di giovani che sacrificarono la propria vita per tenere alta la bandiera dell’Islam e l’onore della Patria. Un anno dopo l’Ayatollah Khomeini venne esiliato prima in Turchia e poi in Iraq, dove fino agli ultimi mesi prima del suo rientro nel Paese continuò a condurre una vita pienamente orientata all Rivoluzione e a inviare messaggi al popolo iraniano che finalmente lo vide rientrare in Patria il primo febbraio 1979, dieci giorni prima del crollo definitivo della monarchia Pahlavi.

Fu proprio questo spirito di sacrificio e della resistenza la forza motrice della rivoluzione islamica, che rendeva forte e invincibile questa nazione e che tutt’ora rende l’Iran l’unica presenza libera in un mondo globalizzato, schiavo dei padroni del denaro e del potere. Il messaggio di resistenza di fronte alla arroganza dei poteri egemonici, lanciato fortemente dall’Imam Khomeini, non fu accolto solo dalla nazione iraniana ma divenne il principio rivoluzionario di molti movimenti popolari di resistenza in diverse parti del mondo, dall’America Latina alla lontanissima Africa, dall’Europa all’Asia Occidentale.

Il messaggio rivoluzionario di Khomeini, testimoniato da migliaia di martiri della guerra di matrice statunitense Iran-Iraq, durata otto anni, riuscì a raggiungere i cuori di tutti coloro che credevano e credono tutt’oggi nella lotta dei diseredati contro i poteri arroganti, al di là del fattore etnico, religioso e razziale.

Sarà forse questa la ragione per la quale oggi come non mai si è scatenata una forza accerchiante intorno all’Iran, mossa con il dichiarato scopo di dare inizio a una guerra che possa cancellare la realtà e il ricordo di quello che è stato un vero e proprio “miracolo” di questi ultimi tempi? Questo miracolo tutt’ora vive perché la Rivoluzione è permanente nell’uomo e nella donna iraniana, nell’imperituro esempio dell’Imam Khomeini e nella traccia indicata dall’Islam.

Razie Amani

 

Consigli di lettura

Il racconto del risveglio, Hamid Ansari, Irfan

Il Governo Islamico, Imam Ruhollah Khomeini, Il Cerchio

Dossier Iran e Vicino Oriente. Ricerche e analisi di diritto costituzionale, scienze politiche e relazioni internazionali, Alì Reza Jalali, Irfan

La repubblica islamica dell’Iran. Il pensiero politico dell’Ayatollah Khomeini, Abdolmohammadi Pejman, De Ferrari

Lettera al Papa, Ruhollah Khomeyni, Edizioni all’Insegna del Veltro

La più grande lotta, Imam Ruhollah Khomeini, Irfan