(a cura della Comunità Militante Furor)
In Italia, paese in cui le Istituzioni pensano a “restare umani” favorendo l’immigrazione clandestina e la sostituzione etnica, ad Amatrice qualcuno è costretto a scappare e qualcun altro invece resta e lotta contro i danni causati tre anni fa dal sisma. In particolare, l’amore per la propria terra e la voglia di riscattarsi hanno portato questa signora a riaprire il suo bar: ciò racchiude in sé il rispetto per i luoghi della propria famiglia, la voglia di non arrendersi alle difficoltà, così come l’orgoglio di dire a chi sta ai ‘piani alti’ che Amatrice c’è ed è amata – purtroppo soltanto – dalla sua gente. Ragazzi che sono cresciuti con la propria famiglia si sono ritrovati quasi costretti a cambiare città, a distaccarsi dal nucleo familiare, proprio perché le Istituzioni hanno preferito farsi la guerra a colpi di riforme, anziché occuparsi di chi ne aveva bisogno: non c’è programma politico che possa giustificare inverni passati in un container. I politici italiani, da bravissimi democratici, se ne fregano di curare la cosa pubblica, preferendo lasciare questa in balìa della natura e tra le macerie, sotto il silenzio
assordante dei media e l’indifferenza di una massa sempre meno lucida. Di fronte a tutto ciò manifestiamo la nostra grandissima ammirazione verso questa donna che cerca di condurre ancora la propria attività in una terra dimenticata dalle istituzioni, alle quali probabilmente conviene speculare sui centri d’accoglienza e sul denaro da loro prodotto.