GEO – Monte Velino – 2.6.2019 – recensione

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In vetta al Velino, con il Gruppo Escursionistico Orientamenti

Una comoda partenza da Roma per quella che sarà un’escursione tanto faticosa quanto formativa e affascinante, ci vede in piedi prima delle 7 e pronti ad immergerci nella Riserva naturale del Monte Velino alle ore 9:15. Attacchiamo il sentiero dal versante sud ovest, dopo aver lasciato le auto al parcheggio di via Santa Maria in Valle, alla quota di 1020 metri, con l’intento di arrivare sulla cima del Velino, la più elevata della catena Velino-Sirente e la terza dell’Appennino, e soprattutto di affrontare i nostri timori circa la variabile meteo. Chi è fuori allenamento si chiede se le gambe reggeranno, chi paventa uno scroscio violento di pioggia, chi si preoccupa della propria inesperienza e chi invece, già euforico, dovrà appaiare all’euforia la necessaria compostezza interiore, perché il silenzio è d’oro soprattutto, ma non solo, in montagna.
Ognuno dei nove elementi del gruppo è pronto ad affrontare la piccola avventura di oggi sulle pendici del Velino, nella speranza di essere premiato dalla benevola accoglienza della montagna.
La camminata inizia su un sentiero largo e comodo da cui parte una deviazione a destra che ci porta attraverso un bosco. Seguiamo il sentiero segnato addentrandoci all’ombra delle piante, con i volti già imperlati di sudore per l’elevata umidità dell’aria e la salita che si fa sempre più ripida. La macchia boscosa, ricca della flora che tanto caratterizza l’area, lascia presto spazio al consueto spettacolo dei ghiaioni e delle zone brulle delle pendici della prima vetta: il monte Sevice (2355 m). Prima di raggiungerla, il percorso ci porta per la fontana del Sevice (1975 m) e poi, circa 20 minuti dopo, al rifugio Capanna di Sevice del G.E.V. (2119 m), dove sostiamo per qualche minuto. Il paesaggio, prima sassoso, alle pendici del Sevice si fa erboso, per lasciar subito spazio alle rocce sbriciolate e innevate della salitona verso la vetta. La nebbia è fitta, il freddo pungente e il vento penetra attraverso i vestiti: è tempo di affrontare il Sevice, muniti di gusci. Tutti speriamo che la nebbia, che sembra aver deciso di stanziarsi solo sul nostro percorso, prima o poi si diradi lasciando intravedere il versante nord e il bacino del Fucino a sud-est una volta arrivati in cima. 
Saremo delusi fino alla fine. Dopo il Sevice, infatti, continuiamo nella nebbia fitta per il Velino attraversando due conche, dopo un saliscendi disorientante per via della scarsa visibilità. Circa alle 13 si arriva in vetta al Velino, quota 2487, dopo una non semplice traversata per l’ultimo ripido tratto attraverso strisce diffuse di neve. La nebbia influisce ancora negativamente sulla visibilità e il calore scarseggia, avendo il vento preso di mira la vetta. La compagnia in cima non manca, incontriamo infatti un altro gruppo di escursionisti, diretto da una guida abruzzese, che ci tiene compagnia sulla vetta e per buona parte di quella che sarà una lunga discesa per l’ultima delle due conche che dal Sevice ci hanno portato al Velino
Dopo esserci rifocillati andiamo quindi a tracciare un anello, senza tornare sui nostri passi ma proseguendo in discesa sul solco di un vecchio sentiero segnato, ma ormai poco battuto. Dopo aver “pattinato” in discesa su un nevaio, risparmiandoci 300 metri di dislivello per guadagnarci in divertimento, arriviamo in un’area incontaminata, dove l’erba brucata di un pianoro e le tracce di animali sulla neve ci fanno sperare di poter incontrare della fauna locale. E infatti veniamo premiati con la vista di quasi una dozzina di cervi, simbolo di purezza. Lungo la discesa ci soffermiamo sulla flora locale, più ricca su questo versante. Infine ci ricongiungiamo con il sentiero iniziale, attraversando un buon tratto in quota verso ovest.
Stanchi ma rinfrancati dall’esperienza, ci uniamo alla parte del gruppo che non ci ha seguito fino in cima. Infatti sette vedranno il Sevice e cinque il Velino. La compagnia, un po’ come quella dell’anello di tolkeniana memoria, da nove elementi di un unico gruppo si frammenta in tre, ma infine si ricongiunge compatta alle pendici del monte verso le 16 e può giustamente festeggiare con una cena amichevole quella che è stata per ognuno un’esperienza formativa che ha permesso a uomini di città di ritrovare la connessione con il mondo della natura e la possibilità di respirare la severa atmosfera delle sacre vette.