Molti potranno sorridere di fronte alla campagna lanciata da un parroco di provincia contro i trapper che, nei loro testi, esaltano droga, delinquenza e mercificano il sesso. Don Pietro Cesena ha le idee chiare: non si tratta di musica, ma di qualcosa da debellare anche a suon di pugni. Eppure, è proprio il muro di gomma o, peggio, lo scherno che questa iniziativa catalizzerà che dovrebbe far riflettere. Che un un uomo di chiesa, anche utilizzando un linguaggio colorito, faccia questo non solo è normale ma doveroso al di là del credo religioso. Che tanti siti di informazione, come per esempio “Repubblica”, si facciano beffa di lui evocando velatamente chissà quale rischio crociata in salsa medievale, è preoccupante. E conferma quanto i media siano completamente asserviti al pensiero unico senza entrare criticamente nel merito delle cose, fermandosi sulla soglia non varcabile del dogma della “libertà”. Salvo poi piangere come coccodrilli quando i ragazzini muoiono calpestati ai concerti trap o quando si formano branchi (gang) che si nutrono di quella pseudo-cultura e mandano all’ospedale coetanei e adulti.
(tratto da www.repubblica.it) – Piacenza. il parroco in guerra contro i rapper

Durante l’omelia l’attacco di don Pietro Cesena: “I vostri figli ascoltano la musica di questi str…se ne incontro uno lo picchio”
La sua alternativa don Cesena l’ha costruita portando i ragazzi della parrocchia dai 12 ai 14 anni su una ferrata dell’Appennino, al Monte Penna: “Hanno fatto fatica e hanno avuto un po’ di paura, ma alla fine ce l’hanno fatta tutti”.
Dal 2017 il parroco pubblica online i file audio delle sue omelie domenicali nella chiesa parrocchiale dei Santi Angeli Custodi.