tratto da www.rigenerazionevola.it
Con quest’articolo di Evola uscito sul Roma, dopo la “Religione della scienza”, continuiamo a sviluppare un filone che sarà dedicato agli effetti della tecnica, della scienza profana e delle derive scientiste sulla vita dell’uomo moderno e contemporaneo, in cui ci sarà spazio, come da prassi su RigenerAzione Evola, per contributi di altri prestigiosi autori tradizionali. In quest’articolo, Evola tratteggia schematicamente un confronto tra la macrofisica, quella cioè che si occupa del comportamento della materia a livello macroscopico e delle altissime energie, attualmente dominata dalla teoria della relatività, e che ha carattere deterministico, con la microfisica moderna, vale a dire la fisica quantistica (o fisica delle particelle, in quanto studia di fatto il comportamento delle particelle atomiche o subatomiche), che si occupa del comportamento della materia a livello microscopico e delle basse energie, ed è una fisica probabilistica. Da tale confronto, Evola sviluppa un’interessante riflessione circa la fallacia del tentativo di collegare probabilità, statistica, irrazionalità, casualità e “libertà”, ed invoca, di fatto, un “determinismo spirituale” che sovrintenda anche alla fisica subatomica. Il che risulta molto interessante, se si pensa ai recenti tentativi di scoprire la cosiddetta “Particella di Dio”, il fantomatico bosone di Higgs. Torneremo a breve su questo tema.
***
L’immagine in evidenza è tratta liberamente e senza modifiche da pixabay.com (free simplified pixabay license; author: gr8effect).
***
di Julius Evola
Tratto dal Roma, 28 aprile 1960 e 21 novembre 1972
In alcuni ambienti le conquiste della scienza matematica della natura, nella forma da essa presa come fisica atomica o microfisica, hanno creato un clima di euforia il quale ha portato ad alcuni sconfinamenti. Si è pensato che, grazie alle nuove conoscenze, la fisica è in grado di pronunciarsi su problemi che finora erano stati di competenza della filosofia e che hanno una grande importanza per l’esistenza e per la condotta dell’uomo. E fra essi, vi è lo stesso problema della libertà.

A questo riguardo, nella scienza ultima, o, più precisamente, negli interpreti di essa si è avuto un cambiamento caratteristico di atteggiamento. Come si sa, nel periodo della cosiddetta fisica classica, o macrofisica, vale a dire della scienza che ancora non aveva portato lo sguardo sul mondo dei processi sub-atomici, il principio fondamentale era stato quello del carattere rigidamente deterministico delle leggi casuali che regolano i fenomeni. Tale principio portava, ovviamente, alla negazione della libertà o, almeno, ad una esclusione dal dominio scientifico del problema della libertà. Senonché, le ricerche più recenti sono andate a limitare la legge della casualità al solo dominio della macrofisica, ossia a quello dei fenomeni più superficiali, massicci e appariscenti della natura. Nel fondo ultimo della realtà, costituito dai processi atomici e sub-atomici, il principio deterministico della rigorosa casualità sembra invece non trovar riscontro. In margine alla cosiddetta teoria dei «quanti» si è constatata una indeterminazione nel comportamento dei corpuscoli elementari; si è visto che a ciascuno di essi sono date, a parità di condizioni, possibilità diverse di reazione e di comportamento, per cui non si può stabilire in anticipo quale sarà, in un dato caso, tale reazione. Per spiegarsi con una immagine: nel campo detto macrofisico e della fisica classica ci si trovava in una situazione simile a quella di una palla di bigliardo che, urtata da un’altra, si muove in un senso unico che si potrebbe determinare con esattezza. Invece, nel campo della microfisica, a parità di urto, la biglia, urtata, può prendere tanto una direzione, quanto un’altra, e non si può dire in precedenza quale sarà attualmente questa direzione.
Si potrebbe pensare che con ciò viene meno la possibilità di una conoscenza certa, rigorosa. In via di principio, è così. In via di fatto tutto resta invece più o meno come prima, solo che alle leggi casuali si sostituiscono le cosiddette leggi statistiche. Se non è possibile determinare il comportamento di ogni singola particella sub-atomica, si può però determinare il risultato d’insieme di tutte le loro reazioni, e questo risultato d’insieme corrisponde appunto all’andamento dei fenomeni macrofisici governati dalle leggi della fisica classica. Il solo cambiamento è, dunque, questo: che tali leggi non hanno più un carattere di rigorosa determinazione ma solo quello di una estrema probabilità. Come paragone, si potrebbe pensare alla forma presentata da una cascata, forma che resta più o meno la stessa benché siano i movimenti disordinati, molteplici e imprevedibili delle singole parti dell’acqua a produrla. A dire il vero, vedute del genere erano state già da tempo formulate dalla filosofia e dalla critica delle scienze ( in particolare da É. Boutroux). Solo che sono stati sorvolati alcuni problemi ulteriori.

A spiegare come è che le particelle sub-atomiche pur avendo diverse possibilità di reazione, ne realizzano proprio una determinata, si è andati a supporre in esse una facoltà concepita più o meno come quella del libero arbitrio attribuito all’uomo. In base al comportamento libero, irrazionale, sub-atomico, si è pertanto voluto gettare un ponte tra il mondo inorganico e quello organico con la cosiddetta teoria biologica dei «quanti», e dopo aver associato quei fenomeni sub-atomici a certi fenomeni, egualmente non deducibili, del mondo organico (nel campo della genetica, della teoria delle mutazioni, ecc.), si è pensato di poter dare un «nulla osta» scientifico quindi positivo, alla stessa teoria della libertà umana.
Ma le cose non stanno in modo così semplice. Anzitutto non è possibile fermarsi alle leggi statistiche. Non ci si può non chiedere la ragione per cui, benché le singole reazioni dei corpuscoli sub-atomici siano indeterminate, pure il loro insieme dà luogo proprio a certi fenomeni sensibili, praticamente calcolabili con una estrema esattezza. È come dire che in un orologio tutte le rotelle vanno ognuna per conto proprio, eppure esso segna sempre l’ora giusta. Di ciò, si potrebbe parlare solamente come di un «caso». Ma quando il caso diviene una regola, per cui il mondo della macrofisica si manifesta un ordine costante di fenomeni, è ovvio che entra in giuoco qualche ulteriore fattore, il quale sfugge alla scienza fisica per essere di natura diversa: fattore, al quale l’insieme delle singole reazioni «irrazionali» o libere del mondo sub-atomico in un certo modo obbedisce.
Nemmeno è convincente che, ciò a parte, le nuove scoperte sul comportamento degli elementi ultimi sulla realtà forniscano un argomento in favore dell’esistenza della libertà umana. Anzitutto un conto è il moto irrazionale e imprevedibile supposto nel mondo dell’inorganico, un altro è il carattere dell’atto cosciente e libero dell’uomo. Ma, in più, se fosse vero che in tutto quel mondo impercepibile e inafferrabile che costituirebbe il fondo del nostro stesso essere vige l’anzidetta indeterminazione di reazioni prive di legge, ciò costituirebbe un argomento più contro la vera libertà dell’Io che non in favore di essa. È come se un sovrano fosse alla mercé di un popolo anarchico di cui non potesse fare a meno di subire volta per volta la corrente predominante.
Invece solo quando una legge ordinasse e frenasse quel mondo infero, un vero atto di libertà sarebbe possibile: così come si può dirigere liberamente una macchina quanto essa funziona come un meccanismo esatto e ben definito. Da tutto ciò sembra essere confermato quel che valeva per la fisica di ieri, ossia che la scienza matematica della natura difficilmente può dare un qualche contributo per quel che riguarda problemi d’ordine spirituale e, se si vuole, anche, speculativo.