Forse pochi conoscono questa storia di coraggio, virtù, giovinezza e ardore. E proprio oggi, che le uniche sfilate sono i gay pride e le manifestazioni per l’ambiente, è importante ricordare chi scendeva in piazza e marciava per reclamare un unico e solo diritto: quello di combattere!
LA MARCIA DELLA GIOVINEZZA – di Amerino Griffini
(tratto da facebook)
10 ottobre 1940. La Marcia della Giovinezza si conclude a Padova nel grande spazio del Prato della Valle con una sfilata alla presenza di Mussolini e di una folla entusiasta.
È una gioiosa parata quella che percorre le strade della città, alla quale partecipano ventiquattromila membri della Gioventù Italiana del Littorio (GIL) e dei Gruppi Universitari Fascisti (GUF) perfettamente e militarmente auto-inquadrati.
Assieme a loro sfilano rappresentanze giovanili di altri Paesi, anch’esse in formazioni paramilitari, con in testa le insegne e ognuna con le caratteristiche camicie di diverso colore a seconda delle nazionalità: le camicie brune dei giovani tedeschi della Hitler-Jugend, quelle verdi dei romeni della Guardia di Ferro, quelle azzurre degli spagnoli della Falange, quelle kaki degli ungheresi del Levente, quelle nere dei bulgari della Brannik, ancora quelle verdi dei portoghesi della Mocidade Portuguesa e poi, via via, quelle delle formazioni di altri “fascismi” del Continente venuti a solidarizzare con i loro camerati.
Per i ventiquattromila italiani si tratta della bella conclusione scenografica di una marcia iniziata il 26 agosto precedente, 450 chilometri prima per la maggior parte di loro, il grosso (ventimila) essendo partito infatti dalla Liguria, dal luogo di concentramento delle colonne provenienti da tutta Italia, da Arenzano-Albissola.
In un certo senso si tratta di una manifestazione di dissenso; di sicuro un tentativo di palesare una scelta comune, rendendo impossibile farla passare sotto silenzio dalla stampa allineata del Regime, ma soprattutto è un modo per cercare di forzare la mano a Mussolini e alla dirigenza fascista.
Cosa chiedono questi giovani tra i diciotto e i diciannove anni che dopo la sfilata si ribellano all’ordine di Mussolini di tornare a casa e si accampano nella zona della Fiera Campionaria di Padova comunicando che non solo non torneranno a casa ma che non si muoveranno da lì finché non saranno accontentati?
Chiedono – nonostante la giovane età – di potersi arruolare e di andare al fronte, di contribuire anche loro, di gettarsi nell’avventura della guerra iniziata per l’Italia nel giugno precedente.
Sono giovani delle classi 1921 e 1922, sono quelli cresciuti ed educati durante il Fascismo, sono il suo prodotto.
Una richiesta imbarazzante la loro, che forse pochi si sentono di appoggiare tra le gerarchie del Partito.
Di sicuro la vuole scoraggiare Mussolini ma, visto che dopo averli lasciati sfogare anziché rientrare in famiglia si sono messi anche a manifestare pubblicamente contro il PNF, saranno messi in atto vari tentativi di creare ostacoli e rimandare il più possibile nel tempo l’accoglimento della loro richiesta.
Il Federale del PNF di Verona, un giovane divenuto comandante militare della GIL sarà incaricato di gestire il problema: i ventiquattromila volontari minorenni saranno raggruppati per città di provenienza, inquadrati in Battaglioni e trasferiti in colonie estive della GIL (Formia, Gaeta e Minturno), ufficialmente per essere addestrati, in realtà per portare alle lunghe la vicenda e scoraggiare almeno una parte di essi.
Poi saranno frapposti ostacoli burocratici come l’autorizzazione delle famiglie all’arruolamento.
Il nucleo degli irriducibili sarà sottoposto a dure ed estenuanti selezioni fisiche alle quali a marzo 1941 seguirà un’ennesima verifica di un generale del Regio Esercito, mandato a decidere rigidamente sul loro grado di preparazione militare.
Alla fine sarà costituito il reparto che si chiamerà Battaglione “Giovani Fascisti” e sarà formato da “soli” duemila giovani. Di fatto, dopo tutti gli ostacoli frapposti, solo una rappresentanza di quei ventiquattromila che avevano chiesto di combattere.
Partirà il 27 luglio 1941 dal porto di Taranto diretto in Libia dove però non sarà mandato in linea ma nuovamente sottoposto ad addestramento.
Giungerà infine il giorno che la scelta di quei ragazzi si rivelerà in tutta la sua drammaticità: mandati a Bir el Gobi con compiti difensivi, subito dopo il loro arrivo nella zona, il settore sarà interessato ad una massiccia offensiva inglese finalizzata a rompere l’assedio nel quale le truppe di Sua Maestà britannica si troveranno a Tobruk.
Bir el Gobi diventerà all’improvviso un luogo di notevole importanza strategica e il Battaglione Giovani Fascisti riceverà l’ordine di resistere.
Al comando del reparto ci sarà il maggiore Fulvio Balisti, un ex legionario fiumano, poeta e scrittore, fascista “di sinistra” della prima ora, senza aver mai avuto incarichi durante il Regime e che dopo l’8 settembre 1943, sarà in Repubblica Sociale, portatore delle aspettative socialiste del suo Fascismo delle origini.
Investiti dall’offensiva nemica il 2 dicembre 1941 saranno dapprima colpiti da un bombardamento di artiglieria e poi, arroccati su una collina, dovranno affrontare gli assalti di una Brigata indiana e dei carri armati inglesi.
La battaglia durerà fino al 7 dicembre quando la strenua resistenza dei Giovani Fascisti – che lasceranno sul terreno molti Caduti – sarà riuscita a sbarrare il passo al nemico fino all’arrivo dei panzer tedeschi del generale Ludwig Crüwell che ricacceranno indietro gli Alleati.
I giovani combattenti italiani riceveranno l’omaggio dal nemico inglese che riconoscerà aver avuto come avversario “il più bel reggimento” nei combattimenti in Libia.