• IL CUORE DEI VENTI DIVINI • Lettere dei kamikaze giapponesi in punto di morte – 2

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tratto dal libro Vento Divino. Kamikazi!

Autori: Rikihei Inoguci e Tadasci Nakajima

Quali erano dunque i pensieri e i sentimenti dei piloti suicidi quando si offrivano volontari, quando aspettavano il loro turno di volo e quando poi partivano per le loro missioni?

Dopo la guerra, il signor Ciro Omi compì un vero pellegrinaggio, durato quattro anni e mezzo, per visitare, in tutto il Giappone, le famiglie dei piloti kamikaze. Queste gli mostrarono i ricordi e le lettere dei loro cari scomparsi ed egli ha gentilmente fornito agli autori di questo libro le copie di quelle lettere, alcune delle quali esprimono, molto più chiaramente di quanto non avrebbero potuto fare le parole, i pensieri e i sentimenti dei piloti che si avviano alla morte.

In generale, quel poco che i piloti arruolati nei reparti speciali scrivevano, erano cose semplici e oneste. Anche gli ufficiali usciti dall’Accademia scrivevano molto poco, forse perché essendo perfettamente addestrati al concetto di comportarsi da guerrieri, accettavano senza discutere il loro destino.

Quelli che scrivevano di più erano gli ufficiali di complemento, provenienti dalle scuole civili e dalle università, e che avevano ricevuto soltanto un affrettato addestramento prima di essere assegnati ai reparti.

Poche lettere tipiche bastano a riassumere lo spirito dei piloti kamikaze.

Bisogna tenere ben presente che per molte centinaia di anni, mentre il codice del guerriero (Bushido), che sottolineava in maniera particolare la necessità di essere pronti a morire in qualunque momento, governava la condotta dei samurai, i mercanti, i contadini e gli artigiani adottavano correntemente principi analoghi che ribadivano i valore dell’indiscussa lealtà verso l’Imperatore, verso tutti i superiori e verso lo stesso popolo giapponese. In tal guisa, l’introduzione del principio kamikaze non fu per i giapponesi cosi tirante come avrebbe potuto esserlo in un paese occidentale.

Per di più, la convinzione della continuità della vita dopo la morte, in stretto legame con i vivi e con i morti, suscitava generalmente il pensiero che le conseguenze della morte fossero meno decisive e meno sgradevoli di quanto l’istinto potesse far sentire.


SECONDA LETTERA

Il guardiamarina Teruo Yamaguchi era nato nel 1923 nell’isola di Goto, che è sotto la prefettura di Nagasaki, nel Kyushu settentrionale. Allevato dalla matrigna, non aveva avuto una gioventù molto felice. Dopo aver conseguito un titolo di studio all’Università Kokugakuin di Tokio si era arruolato ed era stato assegnato allo stormo di Amakusa, dislocato vicino alla sua città natale. Da quel reparto era stato successivamente trasferito alla 12 Flottiglia Aerea, a disposizione per le missioni suicide.

Caro padre:

man mano che la morte si avvicina, il mio unico rimpianto consiste soltanto nel fatto che io non sono mai stato capace di fare qualcosa di utile per te, nella mia vita. Quasi inaspettatamente sono stato scelto per una missione di attacco speciale e oggi stesso partirò per Okinawa. Da quando ho ricevuto l’ordine per la mia missione senza ritorno, i mio più vivo desiderio è quello di ottenere il successo nel compimento del mio ultimo dovere. Eppure, anche in questa situazione, non riesco a impedirmi di sentire un forte attaccamento per questa bella terra giapponese: è forse una debolezza da parte mia?

Quando ho saputo che la mia ultima ora era suonata, ho chiuso gli occhi e ho avuto la visione del tuo volto, di quello della mamma, della nonna e dei volti dei miei più cari amici. Era fortificante e incoraggiante, sentire che ognuno di voi voleva che io fossi coraggioso.

Io voglio esserlo! Lo voglio!

La mia vita militare non è certo piena di dolci memorie. E una vita di rassegnazione, di rinnegamento di se stessi e tutt’altro che piena di conforti. Quale sola ragion d’essere per il servizio militare posso unicamente vedere il fatto che questo mi offre la possibilità di morire per il mio paese. Se questo può apparire amaro, probabilmente lo è solamente perché, prima di arruolarmi, ho avuto modo di esperimentare le dolcezze della vita.

L’altro giorno mi è pervenuto quello scritto della filosofia del capitano Otsubo sulla vita e sulla morte, da te cosi gentilmente inviatomi. Mi ha dato impressione che, mentre sembra avere afferrato qualche verità, egli abbia avuto soltanto dei pensieri piuttosto superficiali sul dovere. Adesso non ha più importanza per me discuterne, ma anch’io, nel corso dei miei ventidue anni di vita ho elaborato una mia filosofia. Quando penso agli inganni perpetrati a danno di innocenti a opera di qualche astuto politicante, mi sento assalire da una profonda amarezza. Con tutto ciò, desidero ugualmente ricevere gli ordini dal nostro Comando Supremo, e anche dagli stessi politicanti, perché credo nell’alta civiltà del governo del Giappone.

Il sistema di vita giapponese è veramente molto bello ed io sono orgoglioso di questo, come lo sono della storia giapponese e della sua mitologia che riflette la purezza dei nostri antenati e la loro fede nel passato, siano o non siano vere queste credenze. Questo sistema di vita è il risultato di tutte le belle cose che i nostri antenati ci hanno trasmesso attraverso i secoli, insieme alla incarnazione vivente di tutte le cose meravigliose del nostro passato nella famiglia imperiale, che rappresenta cosi la cristallizzazione dello splendore e della bellezza del Giappone e del suo popolo.

E’ veramente un onore, poter dare la vita in difesa di queste cose belle e superbe.

Okinawa è una parte del Giappone, cosi come lo è l’isola di Goto. Una voce intima mi spinge a voler colpire il nemico che sta violando la nostra terra natia. La mia tomba sarà il mare che circonda Okinawa e dopo io vedrò ancora mio padre e mia madre.

Io non ho mai avuto timore della morte e non Akira e me e ci conducevi a far merenda sul Matsuya ma, nei pressi del magazzino delle polveri. Mi ricordo anche di quando siamo andati insieme a cavallo al crematrice di Magarisaka, quando ero un ragazzo e non capivo molto bene che la mamma era morta. Io lascio tutto a te, per favore, abbi grande cura delle mie sorelle.

Un periodo di arretramento nel corso della storia di un popolo non vuol certo significare la sua distruzione. Io prego che voi possiate vivere a lungo e spero che un nuovo Giappone risorgerà ancora. Il nostro popolo non deve agire avventatamente sulla base del suo desiderio di morire. Con tutta la mia più profonda stima, appena prima della mia partenza.

TERUO

Un samurai deve difendere la sua patria senza alcun riguardo per la sua vita o il suo nome.